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lunedì 18 gennaio 2021

#SullaStrada: Amalfi

Amalfi, la cui costiera amalfitana è interamente Patrimonio Unesco, è un comune italiano in provincia di Salerno che conta poco meno di cinquemila abitanti, ma che racchiude una storia e una bellezza a dir poco affascinanti.


Anche se la sua fondazione viene fatta risalire ai Romani, le sue radici affondano nel periodo degli Etruschi, Greci e Fenici. Sono quest’ultimi, infatti, i primi ad aver fatto arrivare su queste terre spezie, tessuti e conoscenze dall’Oriente. Grazie un gioco di correnti e per la conformazione della costa, Amalfi è sempre stata considerata come un porto sicuro per le popolazioni provenienti dall’Asia Minore.

Con il passare del tempo, da porto sicuro e sede di prime insediamenti di guerrieri, predatori e mercanti, Amalfi diventa una vera e propria potenza che spingerà il suo commercio fino in Siria, Palestina, Egitto e Marocco. Fonda una colonia a Costantinopoli e apre sedi commerciali ad Antiochia e Gerusalemme. Ed è proprio dall’Oriente che i principi longobardi di Benevento prendono spezie, pietre preziose e tessuti.

La potenza della cittadina inizia nel IX secolo, per arrivare all’apice nell’XI. Le città marinare (Genova, Venezia, Pisa e Amalfi) cambiano del tutto il concetto di navigazione, a partire dalla costruzione delle navi: partono dalla costruzione dello scheletro, poi viene inchiodato il fasciame della chiglia. Questa variazione rende le navi più solide e più facili da manovrare, il che fa delle città marinare la vera potenza del Medioevo.

Come accennavamo prima, Amalfi diviene il centro più importante per il contatto tra Oriente e Occidente. E a questa importanza si aggiunge, nel 1095, la convocazione per la Prima Crociata da parte di Papa Urbano II. Amalfi vi partecipa, e in soli pochi anni verranno fondati quattro Stati crociati in Terra Santa, che saranno difesi per ben due secoli.

La fusione tra la cultura romana e quella bizantina si nota dalla cattedrale di Sant’Andrea, anche se ciò che vediamo è una ricostruzione del 1861, quando la facciata collassò durante una violenta tempesta. Di originale resta solo il campanile, edificato tra il 1108 e il 1276. La struttura nasce con la fusione di due edifici: il primo del IX secolo, e il secondo sorto nel 987.

Nella facciata vediamo raffigurati i due apostoli e fratelli: San Pietro e Sant’Andrea. Il primo evangelizzò Roma, simboleggia quindi l’Occidente; il secondo è il patrono di Costantinopoli, dove ha predicato durante il primo secolo, quando la città era ancora conosciuta con il nome di Bisanzio. Le sue spoglie sono state conservate lì fino al XII secolo, successivamente viene portato ad Amalfi e ne diventa il patrono.

Anche il Chiostro del Paradiso fonde le due diverse culture: la struttura e il campanile sono in stile moresco, mentre le colonne e i capitelli appartengono allo stile “gotico amalfitano”. Attorno al Duecento vi sorgeva il cimitero della nobiltà locale, che ospitava i sarcofaghi di cittadini illustri. In tali sarcofaghi sono raffigurati i miti di Peleo e Teti, l’Unione di Marte con Rea Silvia e il ratto di Proserpina.

Sempre nel Chiostro possiamo osservare gli affreschi e ciò che colpisce è che ogni figura è priva del volto, tranne quello dell’arcangelo Gabriele. Viene facilmente da chiedersi il perché di tale singolarità. Probabilmente perché i pirati saraceni, per rispetto alla loro religione musulmana che vieta raffigurare il volto delle divinità, a eccezione dell’arcangelo Gabriele, li hanno asportati tutti durante le varie invasioni.

Oltre la storia, Amalfi conserva ancora il suo fascino orientale. Abbiamo avuto la fortuna di visitarla quest’estate e non ci sembrava neanche di stare in Italia. I suoi vicoli, le strade, le strutture delle case, tutto ricorda molto il Medio Oriente, o alcuni paesi della Sicilia. 
 
È proprio grazie all’integrazione con altri popoli, allo scambio e al commercio durato secoli, che l’Italia è ricca di storia e cultura. Perché la vera ricchezza sta nell’apprendere dagli altri; cosa sarebbe oggi l’Italia senza la cultura greca, normanna e medio orientale?

venerdì 1 gennaio 2021

#SullaStrada: Siena

Noi di 4Muses siamo attratte da tutto ciò che è Storia. Un posto ci ammalia completamente se sentiamo l’energia storica che emana. Ecco perché ci piace tantissimo girare per ogni vicolo di Roma, o per il resto d’Italia. Certo, in questo periodo storico è un po’ difficile prendere un treno per visitare altre città, ma nulla ci impedisce di farlo virtualmente. Vorremmo così portarvi con noi a Siena, in attesa di poterlo fare anche fisicamente.

Siena è una città che comincia il suo cammino verso la fioritura sul finire dell’XI secolo. L’aumento del commercio e dei pellegrinaggi tra Nord e Sud ne rafforzano il potere economico e politico. Nel 1197, assieme ad altri comuni toscani, firma la Lega Tuscia: un patto dove le cittadine toscane si impegnano a difendersi vicendevolmente e assieme stabiliscono i propri confini territoriali.

Nonostante tutto, questo non è ancora il periodo che dà il via alla vera epoca d’oro senese, per la quale dobbiamo attendere altri due secoli. Arriviamo così nel XIII secolo, quando la Repubblica decide di investire il proprio patrimonio in opere di rinnovamento urbano. Sono di questo periodo, infatti, le basiliche di San Domenico (1226) e di San Francesco (1228).

Piazza del Campo

È una delle piazze più visitate al mondo, e in più ci offre una visione spettacolare su quella che è l’architettura medievale. Con i suoi 333 metri di circonferenza, vista dall’alto assomiglia a una vasta conchiglia. La sua rarità consiste anche nel fatto che non è perfettamente piatta, ma anzi, segue il dislivello del terreno che sorge nell’antico campo, da cui prende il nome. Qui sorge Palazzo Pubblico: la sede del governo della Repubblica di Siena. Se avete avuto la fortuna di visitarla, potete notare la divisione in nove spicchi, in onore del Governo dei Nove (1287-1355). In questo periodo, grazie al governo delle istituzioni repubblicane, che durerà fino alla metà del ‘500, Siena conosce la sua vera epoca d’oro.

Palazzo Pubblico

Come già detto, era la sede del Governo. Una delle sale più importanti al suo interno è quella del Mappamondo, che deve il nome a un disco piatto girevole su cui rappresentato c’era il mondo con Siena al suo centro. Questo oggetto è andato perduto circa sette secoli fa.
All’interno della sala vi si riuniva il Consiglio Generale, o Gran Consiglio della città. Venivano prese tutte le decisioni più importanti, e si discuteva di politica estera. Ricordiamoci che in quel periodo storico anche un comune a qualche chilometro di distanza era considerato “estero”. Per evitare di diventare una città sotto una Signoria, la classe nobiliare era volutamente esclusa dal Consiglio.
La sala è decorata con i ritratti dei personaggi più illustri di Siena, come Santa Caterina e San Bernardino. Ma ci sono anche affreschi di battaglie e guerre, come quello celebre di Simone Martini che ritrae Guidoruccio da Fogliano alla conquista di una città fortificata.

Nella sala della Pace, chiamata anche del Buongoverno, si riuniva il Governo di Siena, ossia i nove membri scelti tra i cittadini più illustri. Non a caso qui troviamo raffigurato un ciclo di affreschi: l’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti.
Da una parte ci viene mostrato il Cattivo Governo: un uomo raffigurato come un personaggio mostruoso, metafora del tiranno. Sopra di lui volteggiano i tre Vizi capitali che spingono l’uomo a compiere le azioni più spregevoli: Avarizia, Superbia e Vanagloria. Dall’altra parte abbiamo la rappresentazione del Buon Governo: una donna che cerca l’ispirazione in Dio. Tra le mani ha una bilancia con due piatti, chiaro segnale che se c’è una giustizia equilibrata, armonia e pace prospereranno su ogni Regno. Sulla testa di un vecchio, che rappresenta il Governo stesso, il grande saggio, troviamo le tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Alla sua sinistra c’è la Pace, rappresentata come una bella signora vestita di bianco adagiata su cuscini che nascondono armi e corazze.

Siena e le Contrade

Siena è una città particolare, che fin dalla sua nascita ha vissuto in rivalità con il resto dei borghi e anche all’interno di se stessa. Siena fa la guerra alle città confinanti, ma i tumulti non cessano neanche nel suo interno. Ancora oggi è divisa in diciassette Contrade, ma nei secoli passati erano molte di più. Le contrade moderne risalgono al Cinquecento e si sfidano ogni anno nel celeberrimo Palio. Ci scusiamo se non riusciamo a parlarne nel modo giusto, ma non avendo provato sulla nostra pelle il reale significato di ciò che si prova, non riusciremmo mai a poterlo far arrivare a voi. Solo un senese può comprendere il valore della competività tra Contrade. Ma come si decide a quale Contrada appartenere? Oltre alla ovvia motivazione di dove si è nati, un peso enorme lo fa anche la discendenza di appartenenza. Possono esserci anche dei simpatizzanti, che pur non appartenendo a una per diritto di nascita o di discendenza, la sostengono per altre motivazioni personali.

Santa Caterina da Siena, Patrona italiana ed europea

Un personaggio senese di spicco è senza dubbio Caterina di Jacopo di Benincasa, conosciuta come Caterina da Siena. Nasce a Siena il 25 marzo del 1347 e muore a Roma il 29 aprile 1380. Forse dire “nasce a Siena” non rende particolarmente omaggio allo spirito della città, quindi sarebbe meglio dire che nasce nel rione Fontebranda, nella contrada dell’Oca.

All’età di dodici anni i genitori cominciarono le comuni trattative per un matrimonio vantaggioso. All’inizio lei ne fu entusiasta, ma ben presto se ne pentì, dicendo ai suoi che era votata al Signore ed era disposta a mantenere la parola data. All’epoca, per prendere i voti, bisognava versare una dote al monastero. La famiglia non poteva permetterselo, e questo creò molti ostacoli a Caterina. Ogni difficoltà, però, venne rimossa quando suo padre la sorprese in preghiera. Per il padre, in quel momento, la figlia non sembrava quasi umana, e diede l’ordine che nessuno le impedisse la realizzazione del suo desiderio.

Nonostante la giovane età e la castità che ne conseguiva, l’ordine delle Terziarie domenicane, conosciute come “Mantellate” rifiutò la giovane Caterina. All’epoca venivano ammesse solo vedove o donne di età matura e di buona fama. Dopo la negazione di entrare nell’Ordine, Caterina fu colpita da una grave febbre che le mutò i lineamenti del viso, facendola apparire più anziana di quanto non fosse. La madre andò quindi a chiamare le Sorelle, riferendo le parole sofferenti della figlia. Le suore, rimaste a bocca aperta per il dolore della giovane, la accolsero e poco dopo, lei guarì. Passò i primi tre anni completamente isolata dalle altre sorelle che le negarono ogni aiuto. Lei, infatti, non capiva il latino con cui erano solite pregare e ascoltare messa. Caterina passò la vita a curare gli ammalati e a dare aiuto ai bisognosi. Si sacrificò al prossimo, anche sotto le minacce di insulti e percosse. 
 
La Santa è patrona della città di Siena, della contrada del Drago e dell’Oca. È inoltre patrona di Cengio, Poggio San Vicino, Varazze e della Diocesi di Gamboma. Nel 1939 Papa Pio XII la proclama Patrona d’Italia assieme a San Francesco d’Assisi, e Giovanni Paolo II la proclama compatrona d’Europa nel 1999.

martedì 24 novembre 2020

#SullaStrada: Il serpente di Sant’Ambrogio

In una Milano oggi deserta e silenziosa, siamo andate a scoprire uno dei misteri di una delle sue chiese più belle ed importanti, ovvero quello del serpente della basilica di Sant’Ambrogio. 
Nella chiesa del patrono della città, precisamente su uno dei capitelli corinzi delle colonne che costeggiano la navata centrale, è situata la scultura in bronzo di un serpente. 
La più famosa basilica meneghina, seconda solo al Duomo, fu edificata fra il 379 ed il 386 per volere di Ambrogio, allora vescovo di Milano. Essa sorge in una zona un tempo adibita alla sepoltura dei cristiani che furono uccisi durante le persecuzioni romane e, nella basilica stessa, venne sepolto proprio Ambrogio, del quale ora si possono vedere le spoglie nella cripta insieme a quelle dei santi Gervasio e Protasio

sabato 10 ottobre 2020

#SullaStrada: Spiriti napoletani

 

Noi di 4Muses abbiamo deciso di dedicare il mese di ottobre alle leggende e al folclore nostrano. Il mese di Halloween, soprattutto nel Nord Europa e nel Nord America, è fortemente sentito e in molti dedicano questo periodo a incantare i piccoli con racconti tradizionali. La nostra cultura sembra voler dimenticare le sue radici e non siamo abbastanza informati sui vari miti o storie di spiriti che popolano il Bel Paese.

Dall’apertura di questo blog vi abbiamo parlato di numerose storie di spiriti romani. Ora vogliamo allargare i nostri e i vostri orizzonti, riscoprendo spiriti di altre città.

Ci troviamo a Napoli dove, secondo la tradizione, le case nascondono due tipi di spettri: uno benevolo (la bella ‘mbriana) e l’altro (munaciello) a volte dispettoso.

martedì 8 settembre 2020

#SullaStrada: Reggia di Caserta


Situata nella città di Caserta, la reggia di Caserta è il palazzo reale più grande al mondo per volume. I suoi proprietari storici sono stati i Borbone di Napoli. L’inaugurazione avvenne nel 1774, anche se i lavori sono durati quasi un secolo: dal 1752 al 1845. L’architetto iniziale fu Luigi Vanvitelli al quale nel 1773 successe il figlio Carlo.

Si rimane a bocca aperta davanti alla maestosità del palazzo, in stile barocco e neoclassico. Non è un caso che la Reggia abbia questo aspetto imponente: voluta dal Re di Napoli Carlo di Borbone per un desiderio di competizione contro i reali francesi, la reggia aveva come obiettivo quello di superare in magnificenza e splendore Versailles.

 “La posizione è di eccezionale bellezza, nella più lussureggiante piana del mondo, ma con estesi giardini che si prolungano fin sulle colline; un acquedotto v’induce a un intero fiume, che abbevera il palazzo e le sue adiacenze, e questa massa acquea si può trasformare, riversandola su rocce artificiali, in una meravigliosa cascata. I giardini sono belli e armonizzano assai con questa contrada che è solo un giardino.”Goethe, 1787

Dopo l’eruzione del Vesuvio, nel 1767, re Ferdinando IV di Napoli si convisse a fare della reggia di Caserta la propria residenza di caccia, abbandonando Palazzo Reale di Portici. Con le sue milleduecento stanze, il costo complessivo per la sua costruzione e arredi ammontava intorno agli 8.711.000 ducati. 
All’interno si trova il superbo scalone reale a doppia rampa, di architettura tardo barocca. Ai margini della scalinata si trovano due leoni di marco di Pietro Solari e Paolo Persico. Il soffitto fu affrescato da Girolamo Storace-Franchis con Le quattro Stagioni e La reggia di Apollo. L’interno della Reggia meriterebbe un articolo tutto a parte, quindi è meglio fermarsi qui, per ora.
Il parco si estende per tre chilometri di lunghezza, su centoventi ettari di superficie, dividendosi in due aree: il giardino all’italiana e il giardino all’inglese. Ma anche di ciò parleremo in un altro articolo.
Nel dicembre 1805 Napoleone conquistò il Regno di Napoli e suo fratello Giuseppe ne divenne il re. La famiglia reale borbonica trovò rifugio in Sicilia, lasciando tutte le proprietà al nuovo sovrano. Con la conquista napoleonica della Spagna nel 1808, sul trono di Napoli si sedette Gioacchino Murat.
Fu dopo il Congresso di Vienna del 1815, dove venne restaurata la monarchia borbonica nel nuovo Regno delle Due Sicilie, che i Borboni tornarono ad appropriarsi della Reggia, anche se entrò in uno stato di decadenza.

Quando nel 1861 il Regno venne incorporato nel Regno d’Italia, il palazzo fu utilizzato occasionalmente da alcuni membri di casa Savoia, fino al 1919, anno in cui Vittorio Emanuele III lo cedette allo stato italiano.

Nel 1861 fu deciso di censire il contenuto nella Reggia e negli appartamenti reali venne trovato un bidet. Il sanitario venne così inventariato: “strano oggetto a forma di chitarra”.

La Reggia si è sempre prestata al cinema italiano e internazionale. Il primo e il secondo episodio di Guerre stellari, rispettivamente: “La minaccia fantasma” e “L’attacco dei cloni”, furono girati all’interno della Reggia di Caserta, spacciando gli interni per la reggia del pianeta Naboo.

Altri film con ambientazioni prese dalla Reggia di Caserta sono: “Donne e briganti”, “Ferdinando I re di Napoli”, “Il pap’occhio”, “Sing Sing”, “Li chiamarono… briganti!”, “Ferdinando e Carolina”, “Mission Impossible III” e “Io speriamo che me la cavo”, “I 3 aquilotti”, "Angeli e Demoni".

Gli interni sono presenti nella fiction RAI Giovanni Paolo II, anche se nella pellicola ricreano gli interni dei Palazzi Vaticani.

giovedì 30 luglio 2020

#SullaStrada: Fonti del Clitunno

Il "Sulla Strada" di oggi lo voglio dedicare alle mie origini umbre e a un luogo che ho nel cuore: Le Fonti del Clitunno.
La natura è sempre stata e sarà sempre un grande calmante per me.
Non solo mette a tacere tutti i pensieri, ma mi fa sentire profondamente connessa con tutto ciò che ho attorno, il che non mi succede quasi mai. Amo Roma con tutta me stessa, ma sa essere estremamente caotica, e non credo di essermi mai ritrovata nella posizione di poter essere totalmente connessa con le cose che mi circondano, c'è sempre stata qualche distrazione.

giovedì 9 luglio 2020

#SullaStrada: La Zarina Alessandra


Tra le tante fake news che girano ancora adesso sul conto dei personaggi storici, non possiamo non citare quelle inerenti agli ultimi Romanov, soprattutto verso la zarina Alessandra. Le accuse più accreditate sono: spendacciona, snob, altezzosa, paranoica, scaramantica… Alessandra era ben altro, e la società russa di adesso ci insegna quanto sia stato profondamente ingiusto e sbagliato trattare la famiglia dello Zar in quel modo orribile e spietato. La storia del Novecento non ha imparato dall’uccisione a sangue freddo di sette innocenti e dall’orrore del Comunismo. Cerchiamo almeno adesso di conoscere la figura di Alessandra per com’era realmente.

“È la volontà di Dio. Che Dio faccia in modo che questo salvi la Russia. È l’unica cosa che conta.”

giovedì 25 giugno 2020

#SullaStrada: Napoli & Musica

“Napoli è un luogo sopravvissuto a invasioni straniere, eruzioni vulcaniche, terremoti, rivolte popolari, e che allo stesso tempo ha prodotto nella sua storia una valanga di musica”
(John Turturro)



Non è difficile immaginare cosa accade nella mente di un italiano appena sente o legge la parola “Napoli”. Quello che mi è sempre capitato di pensare, da romana de Roma è: “perché?”. Sono state tante le volte in cui ho girato per le strade di Napoli, che ho respirato l’odore del mare e assaporato il suo cibo, e ogni volta, seduta su un sedile del treno che mi riportava a Roma, la domanda era sempre la stessa: “perché?”.