giovedì 9 luglio 2020

#SullaStrada: La Zarina Alessandra


Tra le tante fake news che girano ancora adesso sul conto dei personaggi storici, non possiamo non citare quelle inerenti agli ultimi Romanov, soprattutto verso la zarina Alessandra. Le accuse più accreditate sono: spendacciona, snob, altezzosa, paranoica, scaramantica… Alessandra era ben altro, e la società russa di adesso ci insegna quanto sia stato profondamente ingiusto e sbagliato trattare la famiglia dello Zar in quel modo orribile e spietato. La storia del Novecento non ha imparato dall’uccisione a sangue freddo di sette innocenti e dall’orrore del Comunismo. Cerchiamo almeno adesso di conoscere la figura di Alessandra per com’era realmente.

“È la volontà di Dio. Che Dio faccia in modo che questo salvi la Russia. È l’unica cosa che conta.”

Nata come Alice Vittoria Elena Luisa Beatrice d’Assia e di Renania, era la sesta figlia di Alice di Gran Bretagna -terzogenita della regina Vittoria e del principe Alberto - e di Luigi IV d’Assia. Dopo la morte della madre, Alice passò buona parte della sua infanzia nel Regno Unito, sotto la protezione della nonna. Si instaurò un legame profondo tra lei e la Regina d’Inghilterra, così stretto che Vittoria sperò fino all’ultimo potesse diventare un giorno regina sposandosi con Alberto di Sassonia Coburgo-Gotha, all’epoca primogenito del principe di Galles. Il cuore di Alice, però, era già riservato a Nicola.       

Se la Regina Vittoria si mise da parte – lei voleva solo matrimoni d’amore per i suoi eredi - fu la famiglia Romanov a non acconsentire al matrimonio tra i due, per le origini tedesche di Alice. Trascorsero dieci lunghi anni, dove i due innamorati attesero pazientemente di potersi unire in matrimonio. Solo quando la salute di Alessandro III cominciò a vacillare, la famiglia di Nicola acconsentì all’unione. L’annuncio ufficiale del loro fidanzamento avvenne nell’aprile del 1894, lo zar morì il 1° novembre dello stesso anno. Venticinque giorni dopo, Nicola e Alice – che prese il nome di Aleksandra Fëdorovna dopo la conversione - si sposarono.


La vita coniugale non iniziò col piede giusto. Il giorno dopo l’incoronazione al Cremlino di Mosca, migliaia di contadini persero la vita al Campo di Chodynka, dove era stato organizzato un banchetto per il popolo. Si presentò un gran numero di persone, e in poco tempo girò la notizia che il cibo non sarebbe bastato per tutti. Questo scatenò un’ondata di isteria: la gente provò a correre verso l’ingresso e più di mille persone furono calpestate a morte, altrettante rimasero ferite. Quando Nicola e Alessandra vennero a sapere della faccenda, ne rimasero sconvolti. Avrebbero voluto disdire ogni programma, andare negli ospedali e dare conforto ai parenti delle vittime e a chi aveva subito dei traumi, ma furono consigliati diversamente, per non offendere gli ospiti stranieri venuti in Russia. Nonostante l’evidente stato di angoscia che imperversava sui due, il popolo – soprattutto la fazione rivoluzionaria ancora latente - prese la loro assenza come un distacco voluto da Alessandra, la tedesca che non amava la Russia.

A causa delle quattro gravidanze di seguito: Olga, (1895) Tatiana, (1897), Maria (1899) e Anastasia (1901), la salute di Alessandra diventava sempre più cagionevole. Le pressioni, ricevute dalla famiglia del marito e dal popolo per la mancanza di un erede, la stressarono a tal punto da ricercare in modo ossessivo ogni rimedio le potesse garantire la nascita di un maschio. Non le bastava l’amore del marito per sentirsi degna del ruolo d’Imperatrice di Russia, doveva ricevere anche quello dei suoi sudditi. Si avvicinò molto alla religione, e alle superstizioni ad essa legate. Nel 1904 nacque Alessio

La felicità per la nascita del tanto atteso erede svanì quasi subito. A poche settimane di distanza dal parto, ad Alessio venne diagnosticata l’emofilia, una malattia genetica che causa un difetto nella coagulazione del sangue. La vita di Alessio era in costante pericolo, per questo Alessandra decise di tenere segreta la malattia –per non turbare il popolo- e proteggeva il figlio il più possibile. Bastava una caduta lieve o un piccolo livido per dare inizio a una grave emorragia, che avrebbe potuto causargli la morte.

Alessio cresceva e aumentavano i pericoli. Non poteva giocare come gli altri bambini; Alessandra non lo lasciava mai, rinunciando a molti eventi pubblici. La sua scelta di rimanere accanto al figlio, e il suo legame sempre più profondo con Rasputin – un guaritore dal passato misterioso - diedero vita a numerose chiacchiere, secondo le quali lei non sopportava il popolo russo, era una spia tedesca che teneva il suo amante a Palazzo. Secondo i russi Alessandra e Rasputin manipolavano il pensiero di Nicola, rendendolo un inetto. Non potevano sapere quanto fossero lontani dalla realtà: Rasputin era benvoluto dai Romanov perché era l’unico che sembrava calmare le crisi di Alessio, per le quali non esisteva cura. Il resto dell’aristocrazia, invidioso del potere che Rasputin aveva, alimentò queste chiacchiere anche se nel 1912, per provare a mettere fine ad esse, Alessandra ammise pubblicamente la malattia del figlio. Questo la fece allontanare ulteriormente dal popolo russo, che la incolpò per aver trasmesso la malattia inglese –la Regina Vittoria e tre delle sue figlie erano portatrici sane- a un Romanov. Rasputin fu allontanato e poi ucciso nel 1916; l’ira del popolo, però, non si placò sulla famiglia dello zar.  

Nel 1917 i Romanov vennero imprigionati, Cercarono di andare avanti nelle loro vite nel modo più dignitoso possibile: Alessandra e le figlie erano sempre gentili con i carcerieri, nonostante gli insulti che ricevevano. Nicola continuava a istruire Alessio, anche se le crisi del bambino si facevano sempre più intense e dolorose, tanto che non riuscì più a camminare. Il padre era costretto a portarlo in braccio.     
Alessandra riuscì persino a instaurare un buon rapporto con un soldato, deputato soviet. Lui la accusò di disprezzare il popolo russo. Lei, invece di accogliere la provocazione, rimase seduta accanto a lui e gli raccontò pacatamente ed educatamente quanto si sbagliasse. Gli disse che se non era stata una figura pubblica, era perché si era presa cura personalmente dei suoi figli, nati uno dopo l’altro. La sua salute ne risentì, e le fu presto impedito di affrontare lunghi viaggi. Il soldato le chiese cosa pensasse della Germania, soprattutto in periodo di guerra, e Alessandra rispose: «Nonostante io sia cresciuta a Dermstadt, in mezzo ai tedeschi, e che io stessa sia tedesca per nascita, qualsiasi sentimento provato per quel popolo appartiene ormai al passato. Le persone che più amo al mondo, mio marito e i miei figli, sono russi. Io stessa sono diventata russa, con tutto il mio cuore.»
La conversazione toccò altri punti, quali la religione e la politica. Alla fine, il soldato si alzò e nel congedarsi da lei, disse: «Sapete, Alessandra Fëdorovna, che l’idea che avevo su di voi era molto diversa? Mi ero sbagliato.»     

Tutto ciò, però, non aiutò la famiglia e all’alba del 17 luglio 1918 vennero giustiziati.

Nicola II e Alessandra morirono per aver messo il futuro della Russia al primo posto, sempre. Le loro figlie morirono in giovane età solo perché portavano sulle spalle il peso di un nome importante. Alessio che per tutta la vita aveva sofferto per una malattia estremamente dolorosa, che non aveva mai vissuto un’infanzia tranquilla come i suoi coetanei, morì a soli quattordici anni.

Ci sono voluti ottant’anni per dare giustizia ai Romanov. Nel 1998 vennero riconosciuti i corpi della zarina Alessandra, di Nicola, Olga, Tatiana e Anastasia. Alessio II li canonizzò nel 2000. I corpi di Maria e Alessio furono riconosciuti nell’agosto del 2007. Alessandra e gli altri membri della famiglia vengono oggi adorati, come simboli nazionali, icone del martirio. 

Se volete saperne di più sulla storia dei Romanov, potete cliccare su questo link.
Se siete più interessati alla biografia della zarina Alessandra, potete cliccare su questo link.

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