sabato 30 gennaio 2021

#Anime: Levi Ackerman - analisi del personaggio

Attenzione, questo articolo contiene spoiler sulla serie.

Se Armin Arlert è una rappresentazione del coraggio non canonico, il personaggio di cui parliamo oggi è, sotto questo profilo, il completo opposto.

Tecnicamente non c'è nemmeno bisogno di presentarlo: Levi Ackerman è il golden boy della serie e da anni il personaggio preferito dei fan, ma conosciuto bene anche da chi l'Attacco dei Giganti non l'ha mai visto.

Sorprendentemente articolato e complesso anche nelle più piccole sfaccettature del suo comportamento e del suo carattere, che nessuno si sorprenda se anche noi di 4Muses vogliamo entrare nelle sottigliezze di Levi Ackerman.

venerdì 29 gennaio 2021

#Costume&Società: La sottile differenza

Anche se siamo online da pochi mesi, abbiamo già affrontato diverse volte l’argomento pandemia. Potete rileggere, o leggere per la prima volta i nostri articoli a riguardo. Tra “Tornare a vivere”, “Pandeconomia”, “Cinema post-covid”, “Paese senza cultura” e “Love is not tourism”, abbiamo cercato di darvi un sunto di quella che è la società italiana al momento e di come potrebbe cambiare nei prossimi decenni.

Viviamo certamente in un clima di tensioni, dove la fiducia nel prossimo viene a mancare giorno dopo giorno. Siamo in una sorta di post 11 settembre più amplificato, dove il sospettato non rispecchia più certi canoni estetici o culturali, ma è chiunque non siamo noi. Il nostro vicino sta invitando più di due persone a casa? Il collega di lavoro esce dopo il coprifuoco? Siamo ormai sicuri solo di noi stessi e della piccola cerchia di amici e parenti.

Anche noi ci siamo rese conto di questo, sentendo discorsi del tipo: “Eh, sai, ormai esco solo con persone strettissime a me, e sempre a distanza e con mascherina. Non mi fido degli altri”. Certo, va benissimo, il rispetto delle norme prima di tutto; ma non stiamo forse creando una società sfiduciata? 
 
"Quando il popolo teme il governo c'è tirannia. Quando il governo teme il popolo c'è democrazia."

Il complottismo sta prendendo sempre più il sopravvento, ma è davvero un qualcosa da condannare? Nell’articolo “Zuckerberg vs Trump - ecco chi ha ragione” abbiamo provato a farvi capire come funziona il mondo dei social, che nonostante le apparenze è in continua evoluzione.

A noi piace tantissimo osservare ogni sfumatura dell’essere umano e non di rado ci capita di seguire discorsi di complottisti o non complottisti. A volte seguiamo con apprensione, altre sorridiamo perché le due fazioni non si accorgono di essere unite: entrambe sono sfiduciate e cercano risposte.

Quando stiamo su Facebook, Instagram, Twitter, Youtube o qualsiasi altro social o app, non stiamo in una piazza libera. È come se stessimo nella mega villa di qualcuno.
Possiamo parlare di ciò che vogliamo, ma dobbiamo sempre stare alle regole del padrone di casa, e nel corso degli anni queste regole si sono fatte sempre più severe. Se nel 2010 si veniva oscurati raramente, adesso basta una frase aggressiva.


Nel suo eccesso, questo sta ledendo anche il libero pensiero, come vi abbiamo già spiegato nell’articolo “Politically correct”, ma nel clima si diffidenza verso chi andava a dirci che sarebbe andato tutto bene, e che saremmo dovuti rimanere distanti ieri per abbracciarci oggi, queste regole vengono viste come censura.

Ogni social combatte quotidianamente le fake news. “The Social Dilemma”, disponibile su Netflix, ha già denunciato seriamente questo problema, che se ignorato potrebbe diventare sul serio dannoso per la società.

È normale per i rappresentanti politici mascherare una notizia, o raccontarla da un unico punto di vista per aggregare più persone possibili, ma un conto è se si agisce prendendo una notizia vera, un altro con una notizia totalmente inventata o una supposizione. Ci ricordiamo tutti la vicenda di un noto politico che dopo aver citofonato a casa di un cittadino, gli ha domandato: “Salve, lei spaccia?”.
Come se fosse un qualsiasi bulletto quattordicenne.

Ecco, i social cercano di tutelare, per quanto sia possibile, questo comportamento: il propagarsi di notizie false o che non hanno un fondamento. Si può dire: “Secondo me questo Governo ha fallito in…”, perché a dati alla mano, si può - e in una democrazia si deve - portare alla luce ciò che non va. Non va più bene dire e sostenere con convinzione che se un frutto risulta positivo al coronavirus, allora i test che utilizzano sono fallati. Non va bene dire che i vaccini assieme alle antenne 5G provocano chissà quali danni irreparabili. 
 
"Curiosamente, gli elettori non si sentono responsabili per i fallimenti del governo che hanno votato."

In un clima di fiducia queste persone non avrebbero alcun potere, perché le considereremmo dei folli, in ricerca di attenzione. Ma quando queste stesse persone parlano a chi è demoralizzato, a chi ha perso tutto, a chi sta affrontando una grave depressione, ecco, allora il problema c'è, ed è serio.

La persona scoraggiata ha bisogno di risposte, e se è sconfortata da chi la rappresenta, va a alla ricerca di altre risposte, quelle che trova più soddisfacenti. "Non è possibile che un virus faccia tutto ciò, deve essere sicuramente qualcosa di più grande contro di noi".

Chiedetevi per un secondo cosa sarebbe successo se Hitler avesse parlato all’alba degli anni ’20 a una Germania ricca e vincitrice della Prima Guerra Mondiale. Certo che nessuno gli avrebbe dato sostegno.

Con ciò non vogliamo paragonare nessuno a Hitler, ma dovremmo chiederci, i media per primi, cosa una notizia inventata o amplificata “terroristicamente”, possa creare nella mente di chi la ascolta o legge.

Dovremmo essere più responsabili, per difendere la generazione futura e tutte quelle che verranno da danni psicologici, economici e sociali irreparabili.    

giovedì 28 gennaio 2021

#Spettacolo: Effetto Netflix

Quante volte ci capita di scrollare le home dei nostri cellulari senza neanche prestare davvero attenzione a ciò che ci capita sotto gli occhi? 
Quante volte siamo stati colpiti dalla logica dello “scrolling” per poter ingannare il nostro tempo, la nostra noia, o per ammazzare quegli istanti in cui l’attesa è divenuta pesante? 

Si, non sappiamo più attendere. 
Non sappiamo più guardarci intorno. 
Non sappiamo più aspettare più di cinque minuti e vogliamo tutto e subito. 

Questa è una logica intrinseca nella natura stessa dei social, ma che si riversa anche nella percezione di ciò che guardiamo. Spingendoci, adesso che il mondo sembra esser rallentato, a non sopportare la lenta attesa della libertà. Aspettiamo pur non volendolo fare, pur non sapendolo fare. Aspettiamo e preghiamo che tutto ci sia dato il più in fretta possibile, senza neanche apprezzare davvero ciò che molto spesso l’attesa riesce a dare. 

mercoledì 27 gennaio 2021

#Costume&Società: Chi nega la Shoah?

Perché, nel 2021, c’è ancora qualcuno che non crede agli orrori della Shoah? Perché una delle più terribili pagine della nostra storia, un monito per non ripetere gli stessi errori in futuro, ogni anno viene accostata ai negazionisti?

La Shoah fu lo sterminio di un intero popolo. Tra il 1933 e il 1945 vennero uccisi dai 15 ai 17 milioni “indesiderati”, tra cui 6 milioni di ebrei. La loro colpa? Nessuna, ma la Germania, distrutta dalla Prima Guerra Mondiale, aveva bisogno di un capro espiatorio, qualcuno a cui addossare i problemi economici tedeschi. Quale miglior obiettivo se non il popolo la cui nomina è quella di avere il controllo delle banche? Non solo, la corrente cristiana d’Europa si sentiva minacciata nei valori, quindi vennero pubblicati dei falsi Protocolli dei Savi di Sion – documenti prodotti dalla polizia segreta zarista che parlava di una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe stato quello di impadronirsi del mondo – per fomentare l’odio verso il popolo ebraico.

Il processo di distruzione degli ebrei d'Europa aveva bisogno, in prima istanza, dell’individuazione del nemico. Vennero quindi redatte delle disposizioni per distinguere gli "ariani" dai "non ariani" Successivamente si pensò quindi di tutelare i primi attraverso le leggi di Norimberga che dovevano proteggere il sangue e l’onore dei tedeschi nel 1935 che, di fatto, escludevano gli ebrei da ogni aspetto della vita sociale in Germania.

Questo è come tutto ha avuto inizio, come mai fu additato come colpevole il popolo ebraico e come si arrivò alla Notte dei Cristalli, nel 1938, in cui furono bruciate o completamente sinagoghe e case di preghiera ebraiche, i cimiteri, i luoghi di aggregazione della comunità ebraica, migliaia di negozi e di case. Per evitare ribellioni, 30.000 ebrei vennero arrestati e portati nei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald. Da qui inizia la storia che tutti conoscono.

A fronte di prove e di innumerevoli testimonianze, come mai c’è chi ancora sostiene l’idea negazionista? Quali sono le prove a cui si appigliano?

Il primo pensiero sarebbe quello dell’irrealtà: è un fatto troppo grande perché sia capitato davvero. A volte sembra davvero strano, ma l’essere umano è stato davvero capace di arrivare a tanto. Come i generali tedeschi risposero al Processo di Norimberga: “C’era stato ordinato di farlo. Abbiamo solo eseguito gli ordini.” Sappiamo bene quando Hitler abbia forzato la mano sulla mente di una Germania che cadeva a pezzi, su cui era la rivalsa del più forte sul più debole, su quanto bisognasse riformare una popolazione tedesca “pura”, “ariana” per la risalita. Il mondo era stato creato per loro e loro dovevano riprenderselo, strapparlo da “mani sporche”. Con questi presupposti, purtroppo, la Germania edificò la sua mentalità, la sua idea di sopravvivenza, mentre avanzava in Europa.

Tutto ciò è agghiacciante.

Un punto che i negazionisti usano a loro favore sta nel fatto che nei campi di concentramento non venivano internati solo gli ebrei, ma anche gli indesiderati, quelli non abili nel lavoro, i portatori di handicap, fino ad arrivare ai progionieri politici o anche a quelli di guerra.
Certo, nei campi non vi era solo il popolo ebraico, ma la Germania uccise due terzi degli ebrei d’Europa. Se non è questo uno sterminio, ci asteniamo da aggiungere altro.

Girando un po’ sui social, un’altra tesi negazionista parte da delle visite fatte sul posto. Alcuni sostengono che le camere a gas, le “docce”, non potevano davvero uccidere un numero elevato di persone. Nel campo di concentramento di Dachau gli inabili al lavoro (bambini compresi) vennero spostati in un centro di eutanasia nazista, l’Aktion-T4. Lì si sperimentò per la prima volta la morte per esalazione di monossido di carbonio in una camera improvvisata dal reparto chimico della polizia criminale tedesca. Il capo delle SS Himler, nel 1939, approvò questo metodo, accertando come questa soluzione potesse rivelarsi utile anche in seguito. Le testimonianze non mancano, ma la morte per esalazione di monossido di carbonio tutt’oggi è una causa il decesso. Come si può non usare questo elemento come prova?

E degli orrori neanche a parlarne. Questo scrisse il tenente colonnello Walter Fellenz una volta entrati nel campo di concentramento di Dachau: “A diverse centinaia di metri all'interno del cancello principale, abbiamo trovato il campo di concentramento. Davanti a noi, dietro un recinto elettrificato di filo spinato, c'era una massa di uomini, donne e bambini plaudenti, mezzi matti, che salutavano e gridavano di gioia – i loro liberatori erano arrivati! Il rumore assordante del saluto era di là della comprensione! Ogni individuo degli oltre 32.000 che poteva emettere un suono lo faceva, applaudiva e urlava parole di giubilo. I nostri cuori piangevano vedendo le lacrime di felicità cadere dalle loro guance.”

L'ultima tesi a cui si aggrappano è questa: testimonianze a volte confuse. È innegabile pensare che l'Olocausto sia stato qualcosa che ha distrutto mente e corpo di chi l'ha vissuto, quindi il cervello si protegge come può. Il disturbo da stress post traumatico è solo la punta dell'iceberg. Non solo: non sappiamo a quali testimonianze facciano riferimento i negazionisti, ma quelle che abbiamo ascoltato alla tv, letto sui libri o sulle pietre del ghetto ebraico non sono confuse o contraddittorie.

Davanti alle tante prove, alle moltissime testimonianze, ha ancora senso negare quello che è stato?



martedì 26 gennaio 2021

#StorieRomane: Chiesa di San Girolamo dei Croati

esterno della chiesa
Ma voi ci credete che noi di 4Muses siamo entrate in questa chiesa un giorno completamente per caso, mentre camminavamo per il centro di Roma e ci è quasi preso un colpo? L'unica cosa che siamo riuscite a dire una volta entrate e una volta uscite è stata "beh, che dire".

Non è affatto facile, se sei di Roma, rimanere senza parole dopo aver visitato una chiesa, e i romani che stanno leggendo questo articolo saranno assolutamente d'accordo; ne abbiamo una letteralmente in ogni angolo e sono tutte meravigliose. Tutte, nessuna esclusa.
Tra un aperitivo alle tre del pomeriggio e una passeggiata sul Lungotevere, a pochi passi dal museo dell'Ara Pacis ci siamo letteralmente trovate davanti a questa chiesa, e per puro impulso abbiamo deciso di entrare.
Beh, che dire. Ci siamo rimaste sul serio.

lunedì 25 gennaio 2021

#Libri: Scheletri nell'armadio

Se amate il genere thriller non potete non leggere un qualsiasi libro di Nicola Rocca. La sua scrittura diretta e fresca quasi vi obbligherà a divorare ogni capitolo. Inoltre ogni personaggio è così ben studiato da sembrare vero, come se lo conosceste personalmente. Non c'è nulla che vi faccia pensare: "ah, è il classico tizio inventato", Rocca ha una particolare attenzione per la psicologia di ogni personaggio e solo così un thriller può funzionare davvero.
Attenzione, però, perché potreste anche trascurare il sonno come è capitato a noi leggendo “Scheletri nell’armadio”.


“Scheletri nell’armadio… Tutti ne hanno almeno uno. Più o meno grave. Più o meno nascosto. E se qualcuno è sicuro di non averne… Be’, si sbaglia”

sabato 23 gennaio 2021

#Anime: Armin Arlert - analisi del personaggio

Attenzione, questo articolo contiene spoiler sulla serie.

Sfidiamo chiunque a negare ciò che stiamo per affermare: se avete guardato o letto l'Attacco dei Giganti avete pensato o continuate a pensare che Armin Arlert sia un personaggio inutile.
D'altronde un personaggio come il suo, inserito nei contesti in cui Hajime Isayama lo inserisce e che si troverà ad affrontare le situazioni che vediamo affrontare nell'anime, è effettivamente all'apparenza fuori posto.

Ma la domanda è: siamo sicuri sia proprio così?