venerdì 19 giugno 2020

#StorieRomane: Elsbeth M. Wegener Passarge


Ho sempre visto il Cimitero Acattolico di Roma come un’oasi di pace. Anche se ci troviamo al Rione Testaccio, appena si varcano i cancelli ci si estranea dal luogo e tempo di una capitale europea in perenne movimento, per cominciare a nutrire la propria anima di tutte le sensazioni che il posto suscita. 
Le emozioni che si provano sono di pace, tranquillità, ma soprattutto di vita. La natura è rigogliosa, è fertile: sbocciano i fiori, ronzano le api, e le formiche lavorano instancabilmente in vista dell’inverno. I gatti sono gli altri protagonisti del luogo. Provengono dalla colonia della Piramide, si sdraiano al sole, ai piedi delle lapidi, o trovano riparo all’ombra di qualche albero. A volte possono seguirti con la speranza di qualche coccola.

Non è solo l’ambiente naturale a pulsare di vita, sono anche le tombe dei vari artisti e personaggi storici quali: Keats, Shelley, Gramsci, Camilleri… e tantissimi altri scrittori, poeti, scultori, compositori, letterati, che mi sarebbe impossibile citarli tutti in questo articolo senza scordarne qualcuno. L’arte è immortale, e con essa l’energia di chi ha creato nel mondo qualcosa che prima non esisteva. Ecco perché passeggiare in questo cimitero ci fa stare a contatto con tutti i personaggi di rilievo lì sepolti. 

Mi capita, a volte, di rimanere interi minuti a contemplare le lapidi e immaginare le vite meravigliose delle persone che riposano. Visito alcuni di loro così spesso che ho come l’impressione di averli conosciuti sul serio, come Elsbeth M. Wegener Passarge. Della sua vita si sa poco, ma ciò non ha mai impedito alla mia mente di immaginarla solida, decisa, con l’animo generoso e solare tipico delle giovani donne. Se mi sono avvicinata anche un minimo al suo carattere, è merito di Ferdinand Seeboeck, che le scolpì il suo monumento funebre. 

“Ella passò da un dolce sogno d’amore alla vita degli angeli”

Mi sono immaginata il loro fidanzamento in inverno, a Roma. Un timido e impacciato Ferdinand che chiede la mano di Elsbeth e ripone nel suo sguardo ogni sua speranza per un futuro roseo. E lei, a cui è sempre stato insegnato di rimanere impassibile e di non mostrare le emozioni, che cede, gli sorride, il volto le diventa rosso e sussurra un timido “sì”.
I mesi invernali devono essere trascorsi velocemente tra i preparativi di nozze e gli impegni quotidiani. Ho avvertito crescere la tensione e l’eccitazione con l’arrivo della primavera. 

L’ho immaginata contare i giorni per giugno, per la data del suo matrimonio e ho anche provato la delusione, la rabbia e la tristezza nel pensarla costretta sul letto, per la malattia che in poco tempo se la sarebbe portata via. 
È distesa sul letto, con un abito elegante, i capelli raccolti sotto al velo e con una coroncina di fiori sulla testa. È magra, minuta, riposa stringendo il lenzuolo con la mano destra. All’anulare sinistro c’è la fede, e anche se nella firma Ferdinand si definisce “fidanzato”, il suo rappresentarla come una sposa mi riempie il cuore di gioia.
Lo vedo stringerle la mano, mentre i genitori di lei piangono silenziosamente agli angoli della stanza. La malattia ha ormai vinto la sua battaglia contro il corpo di una diciottenne e, come dono, le concede gli ultimi momenti di lucidità. Ferdinand piange, le bacia l’anulare sinistro dove avrebbe dovuto infilare l’anello dorato. Le sorride, perché vuole infonderle tranquillità. Si asciuga le lacrime e le chiede se vuole ancora sposarlo. 
Lei tenta un sorriso, non ha più forze, ma compie un ultimo sforzo rispondendogli: “Sì”. 

La vita di Elsbeth si interrompe il 5 giugno 1902.

Le foto pubblicate sono state scattate da me e sono state pubblicate con il permesso del Cimitero Acattolico per gli Stranieri al Testaccio che ringraziamo ancora tantissimo.

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