martedì 22 agosto 2023

#Marvel: Secret Invasion - Recensione No Spoiler

Se ci sono modi per poter aprire questa recensione, senza fare spoiler, è sicuramente definendo questa serie come: pigra. Stiamo parlando dell’ultimo prodotto dellMCU, ovvero “Secret Invasion”, disponibile in streaming su Disney+. Quella che doveva essere una serie tv piena di tensione e di indagini è stata trasformata in qualcosa di prolisso e privo di presa. Le logiche che sembrano muovere casa Marvel, dunque, sono più quantitative che non qualitative: conta di più sfornare nuovi episodi che inserire davvero qualcosa all’interno della macro-storia che stavano cercando di costruire.

Ciò che abbiamo ottenuto, dopo questi sei episodi, è un tentativo di scavare nell’umanità di Nick Fury (Samuel L. Jackson) per poter parlare di integrità e integrazione. Non in questo ordine, non con la stessa importanza, ma queste sono le principali tematiche sulle quali la narrazione è stata basata. In particolare, la minaccia Skrull avviene per un mal contento generale: dei profughi senza un pianeta hanno deciso che gli piace la Terra e che quindi è il posto migliore sul quale poter mettere radici e vivere nella propria pelle. Sarebbe tutto fantastico se non fosse che, secondo lo stesso Fury, l’umanità non è in grado di fare altro che odiare. Ecco perché si parla di integrazione e le parole vengono messe in bocca a un personaggio come il suo, con una storia ben specifica da traslare e raccontare. Qualora questa storia avesse avuto le giuste premesse e le giuste ragioni.

È un vero peccato quando il potenziale viene così tanto sprecato, davanti l’ipotesi di una nuova stagione, considerato il finale abbastanza aperto. Cosa che potrebbe essere cancellata semplicemente col prossimo filmone che, dunque, riscriverebbe anche quanto abbiamo avuto modo di vedere. Sì, la Marvel nell’ultimo periodo ha deciso di buttare nell’umido la continuità arrogandosi il diritto di scrivere e riscrivere le vicende ogni qualvolta essa voglia. Del resto, davanti a un multiverso di possibilità perché non sprecarle tutte con prodotti dall’alto budget, ma dagli effetti disastrosi?

Tutto quello che serviva era concentrare maggiormente la tensione all’interno dell’arco narrativo. Essere lì, presenti, durante la fase di scrittura e fare in modo che tutto potesse quadrare senza che i fan potessero iniziare le solite teorie del complotto. Ma è più facile far in modo che un prodotto faccia parlare di sé se lascia degli enormi buchi di trama in grado di rendere una serie più simile a una groviera.

Nick Fury è spento. Questa è la caratterizzazione sulla quale si basa ogni singola puntata. Lui è solo l’ombra dell’uomo che era: l’agente in grado di costruire una propria squadra speciale, colui che ha messo insieme gli Avengers, lui che in giro per la galassia cercava una soluzione. Tutto sparito successivamente al Blip di Thanos, è bastato uno schiocco di dita per far impallidire la propria sagacia e intelligenza. L’uomo passa più tempo a chiacchierare che a scendere in campo e ogni volta che lo fa perde gli uomini che gli sono sempre rimasti fedeli. La tensione che, dunque, doveva essere creata si perde con elementi resi fin troppo palesi per via di caratterizzazioni fin troppo distanti da quelle canoniche. Decisioni che vengono prese con fin troppa facilità, ma che allo stesso tempo non contemplano reali giustificazioni.

Non commentiamo neanche gli effetti speciali o i costumi, tanto sarebbe come sparare sulla croce rossa. Una cosa, però, è certa: inutili le proteste per la sigla realizzata con l'IA, quando quella è l'unica cosa che restituisce almeno visibilmente l'idea che doveva essere alla base di queste puntate. 

Per quanta gioia, dunque, si possa provare nel veder indossare la benda al protagonista, tutto si risolve con fin troppa facilità e semplicità. In questo modo ci troviamo davanti a personaggi troppo “pieni di potere” che saranno difficili da gestire in futuro, mentre altri che sono divenuti praticamente inutili e oggetto quasi di scherno. James Rhodey Rhodes (Don Cheadle), ossia War Machine, così come Everett K. Ross (Martin Freeman) sono stati presi e accartocciarti all’interno di questa trama solo per servilismo alla stessa. Si dimostra, così, una vera e propria presa in giro allo spettatore che segue con assiduità l’interno arco narrativo dei diversi personaggi. Tutto diviene una marchetta utile solo a ciò che si vuol inserire in quel preciso istante, senza dover dare le necessarie spiegazioni o i giusti ancoraggi temporali.
Quando sono avvenute le sostituzioni? Libertà agli interpreti di poter garantire per i loro personaggi, visto che la sceneggiatura non lo fa.

Cosa abbiamo imparato dunque?
Il nemico è l’uomo tanto quanto l’alieno. Considerato che bastano cinque anni sulla terra per poter trasformare una popolazione non bellicosa in una ribelle. Chiunque può esser sostituto da un momento all’altro. E Olivia Colman potrebbe pure fare un cassonetto dell’immondizia e comunque riuscire a brillare per la sua interpretazione. Così come, ci dispiace dirlo, Emilia Clarke è decisamente scialba nel ruolo che le hanno affidato.

Serie decisamente bocciata che non aggiunge nulla al nostro universo preferito.

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