martedì 26 dicembre 2023

#Cinema&SerieTv: Aquaman e il regno perduto - Recensione

Che il regno della DC sia totalmente fuori rotta, lo sanno tutti i fan. Tra cast da dover rifare e trame da dover ripercorrere, non esiste una reale unica direzione. In questo senso, il secondo volume di “Aquaman” si incastra perfettamente attraverso il suo metatesto.     
Già il titolo lascia intuire quanto tutto sia quasi come un relitto in fondo al mare e questo benedetto “regno perduto” diviene quasi una metafora in grado di comunicare la totale assenza di riferimenti che caratterizza in questo periodo l’universo narrativo.

Dal 20 dicembre è arrivata questa sfortunata pellicola. Tra i fatti che hanno direttamente coinvolto una delle sue attrici comprimarie (Amber Heard) e tutti i diversi rimaneggiamenti che sono stati fatti, che ne avevano causato lo slittamento a fine anno, ci si prepara a congedare questo eroe senza troppe aspettative. Il risultato? Un film caotico, divertente e surreale in tutta la sua struttura. Una chiave che, però, funziona perché intrattenente e abbastanza dosata. Immaginate un mix di tutte le scene e le battute più iconiche di altri franchise targati Warner – e non solo – che si uniscono sotto la colonna sonora di “Born to be Wild”.

Tra ponti più o meno metaforici da dover costruire, quindi, James Wan confeziona un prodotto che punta tutto sulla follia e che riesce nel suo intento: intrattenere per la sua durata.

Arthur Curry (Jason Momoa) si annoia nel ruolo che è costretto a ricoprire: lui il sovrano non lo vuole fare. Contemporaneamente, però, risponde anche al pubblico che ha sempre ironizzato sui suoi poteri, ovvero la capacità di parlare con i pesci. Infatti, nonostante le sue abilità possano sembrare ridicole, lo rendono comunque un individuo speciale. Il figlio avuto con Mera (Amber Heard) non gli fa chiudere occhio, il consiglio di Atlantide non gli fa prendere le decisioni che vorrebbe, nulla al di là delle lotte per la difesa dei mari riesce realmente a destarlo. Quindi, quando arriva il momento di scendere nuovamente sul campo di battaglia è immediatamente pronto a fare ciò che è necessario: far evadere suo fratello Orn (Patrick Wilson). Non sveliamo altro della trama, perché vogliamo lasciarvi scoprire gli eventi una volta raggiunta la sala.

L’intera narrazione, quindi, diviene perfetta per il periodo natalizio. Al di là dei combattimenti sottomarini e tutta la tematica ambientalista, quello che prevale è l’impostazione da buddy-movie. Tutto, infatti, si incentra sul rapporto tra i due fratelli e l’intera pellicola ruota su battute costruite sull’assenza di conoscenza reciproca con cui i due hanno convissuto finora. Questo fa sì che si possano innescare delle dinamiche totalmente caotiche improntate sulla rispettiva presenza e assenza di fiducia. Momoa e Wilson sono assolutamente credibili nei loro rispettivi ruoli: il primo caciarone e confusionario com’è sempre stato, il secondo rigido e regalmente impostato. Si costruisce, in questo modo, una dinamica assolutamente credibile che riesce a mostrare via via il crescendo del loro rapporto.

Non possiamo negare che l’intero lavoro risenta della fretta della sua realizzazione, così come abbia accusato tutti i colpi subiti dall’intero universo narrativo della DC. James Wan, in questo modo, costruisce semplicemente il suo arco narrativo, tratteggia la sua strada e prende una direzione in grado di giocare con la familiarità che lo spettatore nutre per i mondi fantasy. Si punta tutto riducendo all’osso la complessità narrativa, si gioca con elementi introspettivi e si porta a casa il risultato. Tutto è incentrato sulla cacofonia di colori che governa la scenografia, quanto quella musicale che accompagna le avventure dei protagonisti.

In conclusione, non si può dire che sia un brutto film, ma che al contrario sia quel ponte in grado di intercettare un po’ tutti i gusti. La narrazione porta a casa ciò che doveva fare lasciando il testimone in sospeso per chi sta prendendo in mano le redini dell’intero progetto DC Extendend Universe.

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