lunedì 18 dicembre 2023

#MustToRead: Anna dai capelli rossi - Settima Parte

Siamo arrivati al settimo appuntamento con la saga di “Anna dai capelli rossi”.

Il volume che andiamo a vedere oggi è intitolato: “La valle dell’arcobaleno” ed è stato pubblicato da Lucy Maud Montgomery nel 1919.
Da qui in poi Anna e Gilbert diventano i personaggi secondari della trama, dolcemente e giustamente spodestati dai loro sei figli ormai diventati grandi.

“Anna era seduta sui gradini, le mani giunte sulle ginocchia, e mentre ammirava il tramonto sembrava ancora una ragazzina, per quanto possa esserlo una madre di così tanti figli. I suoi splendidi occhi grigioverdi che fissavano la strada del porto erano come sempre colmi di sogni e di un luccichio inestinguibile.”

Il sesto volume si era interrotto con una breve crisi matrimoniale tra Anna e Gilbert. I due, dopo aver messo le carte in tavola e riscoperto con estremo piacere il loro amore, decidono di concedersi un periodo romantico partendo per l’Europa.

Al loro ritorno tutta Glen St. Mary, il paesino dove i Blythe vivono da circa dieci anni, è in pieno fermento per il nuovo pastore John Meredith: è un uomo buono, profondo, ma troppo spesso perso tra i suoi pensieri e lontano dalla realtà. È vedovo e ha quattro figli, più o meno coetanei dei primi quattro Blythe. I loro nomi sono: Jerry, Faith, Una e Carl che crescendo in piena libertà, lontano da ogni regola e con un padre distante a causa degli enormi impegni di lavoro, non riescono a gestirsi. Ne combinano sempre una e tutto il paesino ci mette veramente poco per guardarli di sbieco.
Quando si incontrano con i vicini Blythe alla Valle dell’arcobaleno, è da subito amore a prima vista. Blythe e Meredith diventano un connubio di cui parla tutta Glen St. Mary, ma con preoccupazione. I pettegoli temono infatti che i figli del dottore possano divenire dei mascalzoni proprio come quelli del parroco.

Tra marachelle – tutte nate a fin di bene – e azioni avventate, i Meredith crescono e alla soglia dell’adolescenza decidono di darsi una regolata, ora ben consapevoli che le loro azioni si ripercuotono sull’immagine del padre. 
Anna è per loro un
’ottima confidente, ma è pur sempre la madre di sei figli e impegnata. Chi può, dunque, badarei ai quattro bambini impulsivi?

“«Non ha senso» disse Jerry in tono autoritario. «Così non funziona. Dobbiamo punirci man mano che sbagliamo, e cercare di non farlo più. Allora, siamo tutti d’accordo, giusto? Il club della buona condotta serve a educarci. Abbiamo stabilito di punirci quando ci comportiamo male e di fermarci a riflettere prima di fare qualsiasi cosa, per chiederci se potrebbe danneggiare papà. Chiunque rifiuti le punizioni verrà buttato fuori dal club e non potrà più giocare con gli altri nella Valle dell’Arcobaleno. In caso di di dispute, il giudice sarà Jem Blythe. E quindi niente più insetti alla scuola domenicale, Carl, e basta masticare la resina in pubblico, signorina Faith»
«E tu smettila di prendere in giro i membri della congregazione quando pregano, e anche di andare ai raduni di preghiera dei metodisti»
«Perché? Non c’è niente di male in quello» protestò Jerry stupefatto.”

Se ai Blythe viene perdonato tutto, però, per i Meredith la via della redenzione è più turbolenta così, privi di una figura di riferimento solida, decidono di educarsi da soli dando vita al club della buona condotta.

Inutile dire, però, che persino le loro punizioni autoindotte troveranno sempre il modo di ritorcersi contro.

Tra le varie sottotrame vediamo una signora Cornelia neo sposata e madre di Mary: una bambina rimasta orfana che è scappata dalla casa in cui lavorava perché assiduamente picchiata e alla quale ora può dare una possibilità di vita decorosa.

Non mancano anche le storie d’amore impossibili, perché effettivamente il reverendo si innamora di Rosemary West: l’insegnante di musica delle gemelle Blythe e donna dolce, gentile, intelligente, premurosa. Lei ricambia, ma quando John le chiede di sposarla, è costretta a rifiutare a seguito di una promessa fatta alla sorella, meno che mai intenzionata a scioglierla.

“«Quanto vorrei che tornassero i giorni di tanto tempo fa» esclamò Jem. «Mi piacerebbe essere di nuovo un soldato, o un generale trionfante. E darei qualsiasi cosa per vedere una grande battaglia».
Jem sarebbe diventato davvero un soldato e avrebbe visto la più grande battaglia mai combattuta al mondo, ma tutto questo era ancora nel futuro. La madre di cui era il primogenito ancora poteva guardare i suoi ragazzi e ringraziare il cielo che ‘i gloriosi tempi antichi’ che Jem bramava fossero passati per sempre, e che i figli del Canada non dovessero più scendere in battaglia ‘per le ceneri dei loro padri e templi dei loro dei’.
L’ombra della Grande Guerra non aveva ancora manifestato i suoi gelidi presagi. I ragazzi che avrebbero combattuto sui campi di battaglia della Francia e delle Fiandre, nella penisola di Gallipoli e in Palestina, erano ancora scolaretti impertinenti con una vita serena davanti a loro, le ragazze che avrebbero sofferto nel profondo dei loro cuori erano ancora fanciulle piene di sogni e speranze.”

Leggendo il settimo volume ci si rende presto conto di come si sia passata una generazione. Anna e Gilbert mancano certamente, così come tutta Avonlea, ma sono emozioni più nostalgiche che di assenza, perché l’affetto che si nutre per i bambini supera di gran lunga tutto il resto.

Amiamo notare quanto siano somiglianti ai genitori e come i due li abbiano cresciuti con amore e impegno, tollerando ogni bambinata proprio perché il renderli liberi è la chiave vincente per regalare al mondo una persona di valore.

Sul finire del romanzo vediamo il maggiore dei sei, James, iniziare anche lui la Queen’s Accademy a Charlottetown, proprio come avevano fatto i suoi genitori prima di lui.
Ci si stringe il cuore a vederlo così grande, proprio come avremmo fatto con un qualsiasi figlio di un nostro amico.

È difficile dire addio ai personaggi che abbiamo tanto amato, ecco perché abbiamo rallentato il più possibile la lettura dell’ottavo volume e ultimo volume, ma questo è un discorso che affronteremo poi.

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