lunedì 12 febbraio 2024

#Racconti: 1887 - Prima Parte

La saga dei racconti ambientati in epoca ottocentesca riguarda esperienze di vita realmente vissuta negli anni venti del Duemila. Il tutto, però, è stato scritto nel mentre la sottoscritta ascoltava musica psichedelica. Le immagini sono state create dall’intelligenza artificiale.


Non vi assicuriamo che ogni racconto abbia un significato, ma sicuramente vi è dentro una lezione, come accade sempre nel quotidiano.

Si può procedere alla lettura della prima parte di 1887 anche senza sapere cosa è successo in precedenza, anche se vi consigliamo di farlo.
L’orologio a pendolo del salone ticchetta al suo ritmo costante. I secondi sono ben scanditi dal silenzio che troneggia l’intera abitazione e fanno da sottofondo ai pensieri di Erf, assieme allo sfogliare delle pagine di un libro che non sta davvero leggendo, ma che dopotutto sa a memoria.

Da quel dì non è più tornata nella sua realtà, per tutte le vacanze di Natale è rimasta al suo amato secolo ottocentesco, lontano dai social, dai telefoni, dalle notifiche…
Sospira, sa perfettamente che dovrà tornarvi, ha un’azienda da mandare avanti e ora è sola. Sola, insomma, in realtà si sono unite a lei così tante persone che a volte si dimentica persino i nomi.
Sorride grata alla vita. Pensava non ce l’avrebbe mai fatta, ma eccola lì, con il nuovo anno iniziato e persino delle commissioni per libri, spettacoli teatrali, televis…

Toc Toc

«Avanti» dice in tono squillante, sa perfettamente chi sta dallaltra parte.
«Eccomi. Volevate vedermi?» LucaGian si muove quasi saltellando nella sua direzione e il pubblico applaude alla comparsa della guest star. Fa il baciamano a Erf poi si siede su una poltroncina lì davanti.
«Che piacere vedervi, LucaGian. Sbaglio o siete più radioso? Sapete di arance e mare.»
«Sono stato in Sicilia, è impressionante come i suoi profumi rimangano anche dopo giorni e giorni di carrozza»
In effetti il ragazzo sapeva più di cavallo, umidità e polvere, ma questa verità una gentildonna non la direbbe mai ad alta voce.
Erf chiude il libro e si alza, facendo cenno a LucaGian di seguirla.

«Mi piace tantissimo che casa vostra ora sia un cimitero»

Erf sorride soddisfatta, ma cammina lenta, con le mani in grembo, come a celare un piccolo segreto.
«Caro LucaGian, è un sogno che si è avverato, come tanti hanno fatto e tanti altri faranno. A volte, però, quando la mattina mi accoglie con una leggera nebbia invernale e il verde dei cipressi spicca nel grigio luminoso di Roma, quando sento nel silenzio il sussurrare muto delle anime antiche qui presenti, ammetto che un po’ mi sento sola»
«Come potete sentirvi sola con tutti questi vicini?»
Erf abbassa lo sguardo, il vento le fa cadere una ciocca di capelli ribelle, che proprio non ne vuole sapere di stare ferma assieme agli altri, nonostante l’alto numero di forcine.
«Loro non mi conoscono e non potrebbero neanche farlo. Siamo in due realtà che non si toccano, solo la nostra può osservare la loro. Nella loro io non sono nata, i miei genitori non sono nati, i miei nonni non sono nati, i miei bisnonni non sono nati… oh LucaGian, è forse questo il destino dei grandi? Essere soli con i propri pensieri che viaggiano secoli avanti?»
LucaGian si accarezza i baffi a manubrio, contemplando le tombe senza foto e il cinguettare allegro degli uccelli in cerca di vermi.
«Avete me» il ragazzo si avvicina alla ragazza, per accarezzarle lentamente la guancia.
«Non vi azzardate a toccarmi, o sarò costretta a chiamare la gendarmeria»
«Scusatemi»
«Lo sapete, LucaGian, non mi piace il contatto fisico» dice Erf riprendendosi.
«Dite così anche a Oscar?»
Erf si volta di scatto, con gli occhi che sprizzano di un fuoco intenso.
«Scusatemi, ancora. Non so cosa mi stia succedendo»
Erf lo capisce, è un periodo un po’ così, ma adesso è giunto il momento.

«LucaGian, vi ho mandato a chiamare perché mi serve il vostro seme»

«Non avete Osc…» questa volta si ferma in tempo.
«Lui non può darmi ciò che il mio Ego brama» breve pausa, un sospiro. «Voglio diventare madre, mio caro LucaGian»
«Capisco»
Senza aggiungere nient’altro, lui infila una mano dentro il suo mantello nero, cerca per un po’ e poi fa uscire una piccola bustina blu.
«Fortuna che lo porto sempre con me»
Il cuore di Erf comincia a battere forte. «Come devo fare?»
«Scioglietelo nel vino rosso di stasera»
«E dopo quanto tempo…»
«Dopo circa due settimane e mezzo. Come tutti»
Erf annuisce.

«Volete rimanere a cena?»
«Devo»
«Ci saranno anche Ilvias e Giois»
«Oh che bello. Finalmente torniamo a parlare di cose dalle alte vibrazioni»
Erf dà un’ultima occhiata alla sua tomba.
«Già. Finalmente».

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