sabato 7 novembre 2020

#Cinema&SerieTv: Ferro


È credenza diffusa che essere famosi sia facile, che sia il traguardo raggiunto e che ci si possa riposare sugli allori. Purtroppo non c’è niente di più falso. Non è tutto oro quello che luccica, le prove da affrontare costantemente sono tante e la fama miente davvero tante vittime. Tiziano Ferro lo sa bene, ci è passato e l’autodistruzione che aveva innescato andava di pari passo con la sua popolarità. Si racconta così, nudo e crudo davanti alle telecamere del suo documentario su Prime Video, chiamato Ferro, di cui parleremo di questo articolo.

La mia storia parte da dove sai
Dai sussurri e le accuse a labbra chiuse

Iniziamo dal titolo: perché “Ferro”? Nel meeting con Prime Video, il cantante aveva scelto come nome “L’anagramma del mio nome”, citazione usata anche nella sua canzone “Indietro” (“Notizia è l’anagramma del mio nome vedi?”). Però si è voluto cercare e puntare ad un titolo che non avesse traduzione, a prescindere da quale parte del mondo venisse trasmesso. Tiziano è stato seguito da un regista per sette mesi, per poter carpire bene l’animo del cantante e questo è il risultato.

Il documentario “Ferro” si apre con un momento di raccoglimento religioso per Tiziano e del suo baratro dell'alcolismo. In Italia non si parla abbastanza di questo problema, non è qualcosa che ci tocca, non ci tange perché succede agli altri. Eppure gli altri siamo noi, possiamo essere noi.  Il primo passo per la guarigione, afferma il noto cantante, è quello di accettare la verità, motivo per cui in questo documentario non c'è alcun abbellimento forzato, nessuna romanzizzazione di ciò che è stato. Diversamente da quanto ci si aspetterebbe, non è un documentario sulla sua carriera musicale, ma sulla sua rinascita dopo aver toccato il fondo.

Da un sogno sigillato in una lacrima
Ai tatuaggi come scudo sulle vene per non scordare mai
Attraversando un'epoca

 Racconta con dolore dei tempi della scuola, quando era quello anonimo, quello che non brillava ne per i voti, nè per aspetto, era quello che veniva bullizzato se non passava i compiti, atteso fuori scuola e picchiato perché elemento debole. La sua vita era un'altalena tra la frustrazione, rabbia e umiliazione.

"Non esiste tolleranza. Io ho vissuto una vita distrutto dai commenti, dagli attacchi perché ero grasso, perché ero un disadattato, perché ero diverso, perchè ce ne avevo sempre una, perché ogni volta che queste cose venivano risolte, ne arrivavano altre. Cioè uno nasce con il dna da impopolare e se lo tiene, ma adesso ho quarant’anni e ho la capacità di filtrare queste informazioni, di fare un passo indietro, di fregarmene, ma non sono mai stato in grado di farlo sul serio e se sono vito lo devo alla musica."

La sua svolta c'è stata grazie al canto, appunto, nel 1996, quando ha scoperto questa sua passione. Ma anche in quel momento le cose non sono andate meglio.

All’alba dei suoi 18 anni, Ferro aveva un contratto con la casa discografia di Mara Maionchi, ma i produttori erano confusi sul fatto del perché la sua musica non attecchisse, del motivo per cui l'aria era costantemete tesa, per poi arrivare alla conclusione più ovvia: il cantante non piaceva a causa del suo peso. Tiziano smise di mangiare, passando velocemente da 111 kg a 70. Subito dopo arrivò il successo con 5 lettere: XDONO. Arrivarono i fan, il successo, ma Tiziano voleva solo scappare: aveva poche energie per il digiuno forzato, indossava un corpo che non era suo,  i morsi dell’animo fragile e la fama non gli facevano godere i 40 kg di differenza. Poi arrivò la caduta nel vuoto, come se i problemi con il corpo non fossero abbastanza: c’era il problema dell'omosessualità. Per la casa discografica era un problema enorme e andava eliminato. Nel documentario, Tiziano racconta di addirittura dello stylist della casa discografica francese che quando arrivava in aeroporto, lo faceva svestire e cambiare con abiti più maschili. Se non era violenza questa, non sappiamo che altro dire. 


Nelle parole del cantante si percepiscono tutti i dolori che ha taciuto, raccontando il suo declino silenzioso che i fan non conoscevano. Il senso di vuoto e del doversi costantemente trattenere, indossare una maschera non gli facevano godere pienamente i primi anni del suo successo. Poi una sera, da che non aveva mai toccato alcol, si unì alla sua band per una bevuta post tour. Da quel momento il bere divenne un bisogno fisico, il sentirsi in una bolla di appagatezza che non gli permetteva di non pensare alla tristezza. Ma l’alcolismo è un problema non da poco e cominciarono ad esserci i primi problemi di instabilità, quando nella sua mente avevavo preso ad affolarsi pensieri suicidi. Neanche le analisi del sangue sballate lo preoccupavano, con il costante pensiero di riuscire da solo a trovare equilibrio. Ma nessuno si salva da solo ed è per questo che decise di rivolgersi agli Alcolisti Anonimi. Dopo tre anni di astinenza, nel 2019, uscì “Accetto Miracoli

Non c’è nulla di perfetto, ha raccontato Tiziano in una live su instagram. In “Ferro” si parla di famiglia, della sua città di origine (Latina), amore, unione, amicizia, spiritualità. Ha scelto di parlare di dipendenza perché non si parla mai delle soluzioni, del lieto fine, perché c’è mancanza di conoscenza e di attenzione al problema. Il cantante chiude il documentario con un messaggio molto importante che noi di 4Muses ci sentiamo fortemente di condividere: “Non importa come cadi, importa solo come ti rialzi. Se non fai nulla, ricorderanno solo la caduta, ma se recuperi alla grande, la cosa che più ricorderanno di te è come ti sei rialzato.

L'ultimo lavoro di Tiziano Ferro, "Accetto Miracoli: L'Esperienza degli Altri" è disponibile su Amazon, scopritelo qui.

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