mercoledì 11 novembre 2020

#StorieRomane: Madama Lucrezia (Statue Parlanti)

Qualche giorno fa vi avevamo parlato delle statue parlanti di Roma (qui), raffigurazioni tra il buffo e il grottesco su cui i romani erano soliti affiggere messaggi contro il potere regnante, con messaggini, "pasquinate", di dissenso.

Oggi vi parleremo di  Madama Lucrezia. Agli occhi di romani e turisti si presenta come un enorme busto femminile alto circa 3 metri, all'angolo tra Palazzo Venezia e la Basilica di San Marco al Campidoglio, nell'omonima piazza. Anche per questa statua non si è certi chi rappresenti davvero, alcuni pensano si tratti di Iside per il nodo della veste (o dello scialle) sul petto o di una sua sacerdotessa. Si pensa essere proveniente dal vicino santuario romano dedicato a questa divinità egizia, in Campo Marzio, poi spostato nel 1500 dal cardinale Lorenzo Cybo.

Il nome “Madama Lucrezia” farebbe riferimento a Lucrezia D’Alagno, amante di Alfonso V d'Aragona, re di Napoli, la quale, alla morte dell’amato, si trasferì a Roma e abitò nei pressi del luogo dove ora si trova la statua. A conferma di ciò c’è appunto l’appellativo “madama”, usato nella città partenopea nel Quattrocento.

Come per le altre statue parlanti, anche su quella di Madala Lucrezia venivano affissi messaggi contro i politici del tempo. Emblematici furono due fatti: nel 1591, papa Gregorio XIV era ormai prossimo alla morte e per avere un po’ di sollievo si fece trasferire al Palazzo Venezia, ma su Lucrezia apparve "La morte entrò attraverso i cancelli", il giorno successivo alla sua morte. L'altro ci fu durante la Repubblica Romana del 1799, quando il popolo romano in rivolta buttò a terra il busto, lasciando sulle spalle una scritta: "Non ne posso veder più".

Nell’800 la statua si trovava al centro del Palio dei Disgraziati (1° maggio), un ballo al quale partecipavano soprattutto storpi e vecchi, ma anche giovani donne e belle ragazze del rione. Durante questa ricorrenza Madama Lucrezia veniva truccata e adornata con monili fatti di ortaggi ed era usanza l’inchinarsi al suo cospetto.

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