sabato 14 novembre 2020

#Costume&Società: Giovani & E-sports (League of Legends)

Il mondo cambia velocemente, si evolve e i lavori con essi. Al giorno d’oggi per avere la svolta decisiva c’è bisogno di reinventarsi, dato il grande problema che affligge il mondo verso il mercato del lavoro. Quasi sempre le vittime sono i giovani, troppo piccoli per avere le esperienze richieste dalle società, ma troppo grandi per essere a tutti gli effetti un elemento valido. Crescono i disoccupati, gli inoccupati, gli inattivi e la colpa ricade comunque sempre su di loro: i giovani. Consapevoli o meno, i giovani sono il bersaglio dei DPCM, della mancanza di lavoro, dove spesso si ha uno stipendio letteralmente da fame e al minimo rifiuto la frase è “questi giovani non hanno voglia di lavorare”. No, i giovani vogliono lavorare, scoprendo anche nuovi modi per non gravare eccessivamente sulle spalle altrui. Le grandi società lo sanno bene e hanno cominciato a sfruttare le possibilità del web partendo dai loro maggiori fruitori: i ragazzi.

Una settimana fa è andata in diretta streaming (Twitch e Youtube) la diretta degli esports (giochi online) di "League of Legends", forse uno dei giochi che, insieme a Fortnite e Fifa, ha investito bene tecnologia, denaro e ha saputo sfruttare i desideri e le aspettative dei ragazzi.

League of Legends (spesso abbreviato con LoL) è un moba della Riot, un gioco strategico a squadre da cinque “evocatori” (players) che scelgono un personaggio e un ruolo in una mappa chiusa il cui scopo è arrivare nella base avversaria e distruggere il Nexus, una sorta di pietra-obiettivo che decreta la vittoria di una squadra. E qui va usato tutto, dall’abilità di un personaggio scelto alla strategia di gioco, perché a volte la sola forza non basta, ma si vince grazie alle idee vincenti della squadra. Il 31 ottobre, dicevamo, è andata in diretta streaming il campionato mondiale, guardato solo su Youtube da più di quatttro milioni di persone, più di cinque sull’account Twitch uffiaciale della Riot e numeri simili attraverso i canali dei vari stati con dei caster d’eccezione (presentatori famosi nel panorama del gioco in questione). Nel vedere i numeri degli spettatrori salire vertiginosamente durante i mondiali, era impossibile non ricordare il servizio delle "Iene" di un anno fa, in cui veniva criticato aspramente il mondo degli esports. Ad infastidire per creare scalpore erano le domande volte a deridere chi acquistava i biglietti per assistere ai game o chi era un pro-player, un giocatore particolarmente forte da poter paretecipare ai mondiali. E non solo, la critica verso questo mondo dell’intrattenimento continuava, bersagliando i giovani con domande riguardanti un mondo che, proprio per voler fare un servizio denigratorio, non riuscivano a comprendere.

Come detto anche dai Cerbero Podcast, un noto canale Twitch, venivano messi sotto i riflettori e alla gogna mediatica tutto il mercato del lavoro che gira intorno agli esports. No, non ci siamo sbagliate, parliamo propiro di mercato del lavoro, perché c’è davvero un business dietro i giochi online. Preparatori atletici, mental coach, strateghi, le figure di questo mondo sono tante e la loro particolarità è che, appunto, generano un flusso di denaro che non grava sulle spalle di nessuno. Sono gli utenti che scelgono se e chi pagare per avere cosa. "League of Legends", ad esempio, di base è un gioco gratuito che non ha spezzoni di pubblicità a cui assistere per giocare. I personaggi sono sbloccabili accumulando denaro virtuale, le skin (caratterizzazioni dei personaggi) spesso sono gratuite e si può guardare le partite di altri regalando la sub (un abbonamento mensile) per avere contenuti più esclusivi, ma, di base, è un mondo che non toglie denaro.   


Non è forse questo il futuro dei giovani? Vecchi lavori sono scomparsi grazie alle macchine, quindi in un mercato saturo per i giovani, si trovano scappatoie o ci si reinventa. Pensate solo a Thomas De Gasperi. Forse questo nome non vi dice nulla o magari vi riporta alla mente “e svegliarsi la mattina, tuturuturututtu”, perché era uno degli Zero Assoluto. Accantonato il progetto musicale, Thomas si è convertito agli Esport, fondando una delle squadre italiane tra le più importanti, i Team Mkers (Fifa). Il mercato italiano era davvero arretrato sotto questo punto di vista, ma è stata una vera rivalsa. Staff, managers, player, c’è un intero mercato nuovo da scoprire che permette ai giovani di unire l’utile al dilettevole.

In alcune parti del mondo gli esports vengono seguiti più dei mondiali di calcio, soprattutto nei paesi orientali. Ci sono idoli, un panorama musicale che viaggia in parallelo agli esports, un flusso che, inevitabilmente come tutti i giochi, può creare dipendenza. Basta agire sempre con coscienza e non negare mai la fiducia ai giovani. Si può fare tanto se si investe su di loro.

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