sabato 3 aprile 2021

#StorieRomane: Tradizioni romane pasquali

Anche quest’anno vivremo una Pasqua casalinga, ma nulla può impedire alla nostra mente di vagare. Abbiamo il dono dell’immaginazione, e chissà perché lo sfruttiamo solo nell’illusione dei sogni a occhi aperti, o nello sconforto dei nostri scenari apocalittici quando siamo guidati dall’ansia.


Dal latino imago (sogno, concetto, apparenza, ricordo, riflesso…), l’immaginazione è una risorsa che abbiamo proprio nei momenti in cui vogliamo scappare dalla realtà. Cosa può impedirci, quindi, di fare finta di essere in un mondo in cui non esiste alcuna pandemia? Siamo pronte a farvi scoprire le nostre tradizioni romane.
Che si seguano le tradizioni pagane o cristiane, poco importa: la sveglia è sempre poco dopo l’alba. La colazione di Pasqua è un vero e proprio banchetto con uova sode (decorate la sera prima), coratella, pane al formaggio, torta salata e cioccolata. Si festeggia la rinascita, o la resurrezione e anche se alla mattina non è proprio consigliato, un brindisi con un goccetto di vino romano, non fa mai male.

Poi ci si veste alla svelta, per poter arrivare in tempo alla destinazione scelta per la classica gita fuori porta. Che è tradizione italiana non ci piove, ma per i romani è quasi un dovere: Pasqua vuol dire lasciare Roma per almeno una giornata.

Ovviamente il tempo deve permetterlo, solitamente grazie al clima incerto, le mete più raggiunte sono i Castelli romani o i piccoli paesi regionali e dell’Abruzzo. Qualunque sia la destinazione, comunque, l’importante è bere e mangiare in compagnia.

La cucina romana è casereccia, ricca di prodotti che arrivano direttamente dalla terra e dalla secolare tradizione ebraica. Potete immaginare quindi tavole piene di carciofi alla giudia o ripieni, l’abbacchio con le patate al forno, la coratella a fette, mozzarella di bufala, avanzi della colazione e teglie piene di pasta al forno. Ovviamente non mancano i classici primi: carbonara, amatriciana, gricia, cacio e pepe…

La “magnata e bevuta” romana non ha limiti. Tra brindisi, canti, balli, giochi e risate ci si rende conto del tempo trascorso solo quando c'è il tramonto e il buio costringe gli esseri umani ad accendere le luci. In questo momento, solitamente, si decide di tornare verso la città. C'è anche chi opta per una cena frugale prima di rimettersi in viaggio.

I più fortunati, invece, rimangono fuori la città anche per Pasquetta, che solitamente è una replica più breve del giorno prima. Si inizia direttamente dal pranzo, che dura solo poche ore, per poi tornare alla vita di sempre.

Queste sono state più o meno le nostre giornate pasquali fino alla pandemia, è ovvio che non è così per ogni abitante della capitale. Se abbiamo enfatizzato un po’ è anche a causa della seconda Pasqua con le restrizioni. La mancanza di qualcosa, si sa, tende ad ampliare l’emozione legata a quel qualcosa.

Speriamo di potervi fare un resoconto più veritiero il prossimo anno, quando torneremo alle nostre tradizioni!  

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