venerdì 8 ottobre 2021

#Libri: Chi era mio padre?

Nuovo appuntamento con la recensione di un libro di Nicola Rocca. Questa volta abbandoniamo del tutto il detective Walker per entrare in una vicenda che fa riflettere: è giusto indagare su un passato, o spesso è il caso di lasciar perdere? Forse il thriller "Chi era mio padre?" ha le risposte.
Anna è una donna matura, sposata, con una figlia. Il suo matrimonio non va a gonfie vele, ma nonostante i problemi lei e il marito cercano in tutti i modi di far andare bene la relazione, anche a costo di andare in terapia. Tra lavoro e famiglia, Anna non ha il tempo per pensare ad altro, ma non sono della stessa idea le sue colleghe.

Si sa, in un paese le voci girano velocemente e anche se appartengono a decenni prima, rimangono sempre sulla bocca di tutti come se fossero fresche. D’estate, poi, ci si annoia maggiormente ed ecco spiegato il perché le colleghe le mettono un terribile tarlo: suo padre non è davvero suo padre. Anna si ossessiona, chiede alla madre, non riceve risposte. Fa di tutto per riuscire a scoprire la verità, ma qual è il suo prezzo?

Non andremo avanti con la descrizione del libro perché essendo un thriller faremmo sicuramente spoiler. Ciò che ci ha colpito -oltre alla scrittura fluida, ma ormai conoscete lo stile dell’autore, avendovene già parlato- è il fatto che a differenza degli altri thriller, dove più o meno si poteva intuire il finale, qui è tutto un vero e proprio effetto sorpresa.

Mai fidarsi dei respiri di sollievo che possono arrivare, perché la storia si conclude letteralmente all’ultima riga, mai prima. Empatizzando con Anna ci siamo chieste: noi avremmo avuto il coraggio di andare fino in fondo? Cosa spinge una persona a voler scoprire di più?

Ed è rispondendo a queste domande che abbiamo realizzato quanto Rocca abbia studiato bene la psicologia di Anna. Siamo soliti pensare che i genitori siano le persone che ti crescono, ed è effettivamente così. Ma Anna si è sempre sentita inferiore alla sorella, colui che le ha fatto da padre non le ha mai trattate alla pari.

Anna si è spinta oltre proprio guidata dalla rivalsa di poter dire all’uomo che l’ha cresciuta che non è suo padre e che non lo è mai stato. Essere padre -o madre, genitore in generale- non vuol dire solo pensare al sostenimento materiale del figlio. Garantire casa, cibo, giochi, istruzione, non sono gli unici aspetti che fanno di un genitore un bravo genitore.

C’è molto di più: intimità, apertura mentale, affetto, aiuto, dialogo… Qui ci siamo chieste: quanto è importante essere sinceri con i propri figli? Beh, per noi è fondamentale. Come sapete la comunicazione non verbale è quella che veramente arriva al punto; non è mai fondamentale ciò che si dice, ma come lo si dice. Una bugia verrà sempre scoperta, semplicemente perché chi la pronuncia sa di mentire e l’energia della menzogna si instaura nell’inconscio di chi ascolta.

Ecco perché Anna va avanti: perché chi l’ha cresciuta non solo le ha sempre nascosto la sua vera origine, ma nega anche le sue accuse, facendola passare per pazza o paranoica.

È il caso di biasimare anche i genitori? Secondo noi, no. La così detta generazione boomer è cresciuta con la falsa credenza che va bene nascondere sotto il tappeto certe cose, se possono essere motivo di vergogna.

“Aver bisogno di essere approvati è come dire: «Vale di più il tuo concetto su di me dell’opinione che ho di me stesso».”

-Wayne Walter Dyer

E noi non potremmo essere più d’accordo. Con la sua ricerca appassionata, Anna abbatte questa barriera. Non le interessa il giudizio della gente, vuole solo arrivare alla verità, al capire perché è stata trattata in un modo e in un certo senso riscoprirsi.

Se non è ciò che gli altri le hanno sempre detto di essere, allora chi è in realtà? Forse non avrà la risposta che si aspettava, ma porsi la domanda è un ottimo modo per fare il primo passo verso la verità su se stessi. 

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