martedì 19 ottobre 2021

#Pensieri: Il peso del "per sempre"

2019, Londra
Ci è sempre stato insegnato che una relazione se non è per sempre, allora non è valida e non lo è mai stata, che una relazione, se non è per sempre è assolutamente inutile, priva di valore. Con la frase "mi stai lasciando e quindi per te non sono mai stato niente", secoli di film, serie tv, anime, libri e musica hanno marchiato a fuoco nel nostro cervello un'idea di relazione ideale inesistente, ma soprattutto impossibile da raggiungere.
Una volta, ormai quasi due anni fa, mi è capitato tra i consigliati di YouTube un video del Canale di Venti: Non è vero un cazzo.

Due anni fa avevo diciannove anni, e avevo - nel mio gruppo di amici e conoscenti - la nomina del Grinch delle relazioni.
E non solo per il mio caratteraccio (che mi ero costruita quasi per forza e decisamente meccanismo di difesa) che mi avrebbe fatto sentire superiore anche a Gesù Cristo in persona se fosse resuscitato o alla Regina Elisabetta II se me la fossi trovata davanti, ma anche perché mi sono sempre sentita una voce fuori dal coro, parlando di relazioni.
Mi hanno cresciuta senza dimostrazioni o spiegazioni sul significato di "lungo termine", figuratevi voi se nel mio cervello esiste il concetto del "per sempre".
Sono una persona a volte fin troppo ottimista e mi rifiuto molto spesso di vedere il male in ciò che mi sta intorno, eppure questo discorso nasce da un profondo pessimismo e senso di sconfitta che mi porto perennemente dietro.

Tutto ciò non rende il discorso meno realistico, ma almeno sapete chi vi sta parlando.
A scuola non ero particolarmente apprezzata, soprattutto tra le ragazze.
"Eri troppo sincera, tanto che non te ne fregava niente di risultare cattiva. Io all'inizio ti odiavo a morte, poi ho capito che non lo facevi necessariamente per far del male", me l'ha detto A, una mia ex compagna delle superiori con cui ho ripreso i rapporti per un breve periodo durante la pandemia.
"Troppo sincera?", ho pensato. "Ma queste a sedici anni mi venivano a parlare dei ragazzi come se fossero l'amore della loro vita, e ci credevano pure! Certo che risultavo cattiva, io certe cose non le voglio sentire nemmeno per sbaglio".

Oggi, se potessi tornare indietro, direi alla me di sedici anni che è normale a quell’età credere nel principe azzurro e nel “vissero per sempre felici e contenti” e quasi morirei nel tentativo di farla stare zitta.
Alla fine però farei semplicemente spallucce, rassegnata; davanti a un’idea in cui credo fermamente non starei zitta a ventun’anni - con un carattere ben diverso da quello che avevo cinque anni fa -, non vedo perché dovrei riuscire a zittire Miss. complesso di Dio all’ennesima potenza.
Non sono meno convinta del fatto che sia assurdo credere che si riesca a trovare l’amore a sedici anni, badate bene, ma sono convinta non porti alcun beneficio urlarlo in un gruppo di sedicenni; non è produttivo, ed è anche un po’ spietato. Tutti meritiamo di credere a quel che vogliamo, soprattutto se piccoli.

Quando ho scoperto quel video di Venti mi sono sentita capita.
Avevo diciannove anni, ero a Londra e prima di incontrare E, non avevo mai avuto una relazione con qualcuno, nonostante di certo c’era stato chi aveva provato ad averla con me; la sedicenne che cercava solo di dire la verità - anche se in modo troppo diretto - era cresciuta, ed era diventata una persona che feriva di proposito, che usava senza pensarci due volte, che tradiva senza scrupoli.
Tutto questo semplicemente per una mia incapacità di reagire alle aspettative e al peso che mi sentivo addosso; io lo “staremo per sempre insieme” non l’ho mai cercato, non l’ho mai voluto, non ho mai creduto fosse l’unico modo per rendere una relazione legittima.

La cosa giusta mi è stata detta per la prima volta in ventuno anni, una o due settimane fa da Frè: "Io non credo che saremo amiche per sempre, me lo auguro con tutta me stessa, ma non credo che sarà così". Dico che è la prima cosa giusta che mi sia mai stata detta sulle relazioni perché con il tempo, e con la perdita di ulteriori persone, non ho solo capito che il "per sempre" è una storia per chi si vuole illudere, ma anche un modo facile e veloce per puntare un fucile contro qualcuno e dirgli con gli occhi dolci che si stanno ponendo tutte le aspettative su di lui.

Che vi piaccia o meno ammetterlo, le aspettative sono un peso sulle spalle dell'altro, un peso che nessuno si merita, un peso che ti fa sentire obbligato a rimanere, a tirarla per le lunghe, ad auto distruggerti, perché "tu mi hai detto che saremmo stati insieme per sempre, che ci saresti stato sempre, che non te ne saresti mai andato e ora io sono qui, ti ho messo questo peso sulle spalle, non so come riprendermelo e forse non posso nemmeno farlo. Come ti permetti a voler andare via? Come ti permetti a pensare sia tutto finito, che non mi vuoi più?".
La maggior parte delle volte che parlo di queste cose vengo prontamente interrotta, e prontamente la persona che ho davanti mi risponde, sorridendo: "però Silvia, mamma mia quanto sei catastrofica! Non c'è niente di male a pensare di volere questo o quello con qualcuno, a fare progetti, a pensare di poter amare per sempre".
E allora, ancora una volta mi sento come quella Silvia sedicenne che parlava e aveva davanti solo tante persone che la guardavano, sorridevano e annuivano: non vista, non ascoltata, non compresa.

Anche perché io non ho mai detto che non si possa amare per sempre qualcuno. L'amore è una storia diversa.

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