lunedì 11 ottobre 2021

#Pensieri: Tappa Romics

Attenzione: l’articolo è pieno di pensieri alla rinfusa. Sono Pesci, non è facile stare dentro la mia mente, e per me è praticamente impossibile trovare la razionalità quando c’è l’emotività.

So che non c’è molto altro da dire sul Romics, perché bene o male l’evento è diventato un appuntamento fisso per ogni fascia d’età. Noi quattro non siamo mai mancate alla fiera del fumetto, nonostante la differenza di età che ci passiamo. Essendo la più vecchia, -uno dei miei tanti vanti è quello di essere nata negli anni ’80- ricordo molto bene di quando il Romics era confinato solo a quelli “strambi”, alle persone che avevano passioni considerate marginali. A quando, insomma, la parola “nerd” non faceva poi così figo. E sì, lo so, sono classe 1989, sono più anni '90, potrete pensare, ma quando sono nata il Muro di Berlino faceva ancora il suo orribile lavoro, tanto basta per definirmi figlia degli anni Ottanta

La prima edizione del Romics risale al 22 novembre 2001 e non a Fiumicino, bensì alla vecchia fiera di Roma, sulla via Cristoforo Colombo. Avevo dodici anni, eppure non mi andava di mettere in un angolo quelli che chiamavo ancora “cartoni animati”. E forse tutto ciò è stato il mio primo passo verso l’auto-accettazione di me, un percorso durato circa vent’anni.

Soprattutto nei primi anni del 2000 non era facile dire: “Leggo manga, mi piacciono gli anime, guardo ogni serie tv conosciuta e non”, anche perché internet non era ancora un partner affidabile (basta pensare che stare online sia pagava all’ora, e anche a caro prezzo) quindi trovare coetanei che condividessero certe passioni, all’epoca definite infantili, era quasi utopia. Insomma, se dopo la seconda media ancora guardavi i “cartoni”, eri uno sfigato. E chi lo faceva, non lo diceva proprio apertamente.

Andare alle prime edizioni del Romics era quasi un segreto, qualcosa da tenere nascosto, forse per questo la gente non ci andava in massa. Si faceva amicizia più facilmente, perché se lì incontravi qualcuno, voleva dire che condivideva le tue stesse insicurezze da ragazzo confinato a fantasticare segretamente.

Insomma, il mio pensiero era: “adesso è più facile, e quindi continuare ad andare vorrà dire trovare meno qualità e troppa gente che non sa dove sta.” Ma come mi sbagliavo! Ecco, uno dei miei obiettivi nella vita è non cedere alla trappola egoica del “eh, ai miei tempi era meglio”. Andare al Romics da trentenne è significato riscoprire un mondo che con la Pandemia era mancato tantissimo. E anche se i prodotti in vendita non rispecchiano più i miei gusti, anche se non ho una serie tv del cuore da Supernatural, e non ricordo più il titolo dell’ultimo anime/manga che mi ha appassionata, vedere bambini cosplay, adolescenti entusiasti di aver comprato un action figure, o persone della nostra età emozionarsi per un quadro di Mila e Shiro, mi ha riportato alla realtà: il Romics si conferma per tutti il primo passo verso la propria auto-accettazione, anche se con una sfumatura diversa.

Se a inizio 2000 significava accettare la propria diversità, adesso significa esplorare le milioni di sfumature della nostra personalità. Come già spiegato nell’articolo “Cantano i ragazzi”, l’adolescenza è uguale e diversa per tutti. Così, osservando i ragazzi di oggi, noto che hanno sicuramente più libertà e più accettazione rispetto a quelle che avevamo noi, ma così come noi, devono trovare una propria identità che li soddisfi. Questo mondo parallelo, fatto di personaggi impacciati che in un modo o nell’altro diventano eroi di se stessi, li aiuta nello stesso identico modo in cui ha aiutato noi.

E da qui prenderò il nome per l’articolo, perché il Romics è una vera e propria tappa nella vita di tutti, così come lo sono i primi amori, i primi baci, le prime esperienze nel mondo… Ed è anche una tappa annuale, l’attesa di un evento che sai ti emozionerà come la prima volta. Perché vi assicuro che è stata dura trattenere le lacrime vedendo un bambino giocare a Fortnite, anche se io per prima non ho idea di cosa sia. Ora immaginate l’emozione di aver visto un bambino di due, o tre anni, nella sua tenuta da Vegeta, correre verso un ragazzo vestito da dinosauro. Ripeto, sono Pesci, ho la Luna in Cancro, piangere per me è routine.

Per non parlare dell’emozione di vedere un gruppo di amici vestiti come i loro supereroi preferiti, che mi ha ricordato allo stesso identico modo di quando noi andavamo vestite da personaggi di Supernatural. Avete presente quando Ivana Spagna canta: “è una giostra che va/questa vita che/gira insieme a noi/e non si ferma mai”? Ecco, il cerchio della vita passa anche per il Romics.

Nessun commento:

Posta un commento