martedì 26 ottobre 2021

#MustToWatch: La Sposa Cadavere

Non è Halloween senza un film di Tim Burton, quindi perché non parlare di uno che, a differenza di “Nightmare Before Christmas”, non mette in crisi nessuno con la domanda: “quando si deve vedere?”
Per questo abbiamo scelto un cult dell’autore, un’altra pellicola amata da grandi e piccini: stiamo parlando de: “La sposa cadavere” (Corpse Bride). Uscito nelle sale nel 2005, anche questa volta Burton si è servito dei pupazzi animati in “stop motion”, ma diversamente dalla precedente sua opera, qui non sono stati effettuati “cambi di testa” a seconda delle emozioni dei personaggi, ma all’interno dei pupazzi c'erano dei meccanismi che davano loro determinate espressioni. Ad accompagnare Tim Burton nel suo lavoro, troviamo Mike Johnson e Danny Elfman per la colonna sonora.

La vicenda è ispirata a un racconto ebraico-russo del XIX secolo trasposta per l’occorrenza nell’epoca Vittoriana. È la storia del goffo e impacciato Victor Van Dort (doppiato da Johnny Depp), che è stato promesso sposo a Victoria Everglot (Emily Watson). Il loro è un matrimonio di convenienza, perché la stirpe dei Van Dort agogna uno status sociale più elevato e gli Everglot vogliono salvare il loro nome dalla decadenza e dalla “casa dei poveri”. Appena i due rampolli si conoscono, si innamorano all’istante, ma durante le prove del matrimonio, Victor cade preda al nervosismo e crea un disastro, rimandando il matrimonio fino a quando non sarà in grado di pronunciare correttamente i voti nuziali.

Preso dallo sconforto, il protagonista vaga per i boschi, esercitandosi nel suo discorso. Una volta pronunciato alla perfezione, infila l’anello in quello che all’apparenza sembra un ramo secco, ma che si rivela essere una mano scheletrica. Una donna cadaverica sbuca dalla neve sussurrando un “Puoi baciare la sposa”. Victor perde i sensi e si ritrova nel regno dei morti, sposato con Emily (Helena Bonham Carter), una donna che era stata uccisa il giorno del suo matrimonio. Ce la farà il ragazzo a tornare nel regno dei vivi e a sposare l’amata che è ancora in vita?

Si tratta di una fiaba dark, cupa, ma anche piacevole da vedere, una favola in cui il divertente e il macabro si fondono alla perfezione. Il genio di Tim Burton si traduce con diverse allusioni a opere classiche come “Via col vento” (la famosa frase “Francamente, me ne infischio”) e “Cenerentola” (non ci sono i topolini ad aiutare la protagonista col vestito, ma delle vedove nere ricuciono l’abito di Victor).

La differenza tra il regno dei morti e quello dei vivi è dato principalmente dalla scelta cromatica: mentre il primo è ricco di musica, allegria, colori vivaci e tanto divertimento, il regno di “quelli che respirano” si tinge di ombre, di oscurita, di una scala monocromatica dove c’è solo il piattume del grigio e del blu scuro. Nulla è brillante, tutto sembra in continua tensione e infatti albergano elementi di “omologazione” sociale, in qui tutti sono pronti a truffare il prossimo, tutti cercano di raggiungere o mantenere un certo status sociale. Così Emily e Victoria rappresentano le due facce della stessa medaglia, in cui una è morta ma “piena di vita” nei suoi modi di fare, dal carattere forte e solare, mentre l’altra è dolce e docile, schiacciata dalle imposizioni della sua famiglia. A entrambe manca qualcosa per essere una vera sposa per Victor.

Per quasi ottanta minuti seguiamo la storia di un amore capace anche di sconfiggere la morte, di superare anche le barriere pensiamo ci siano tra questo mondo e l’altro. E allora, quando i morti tornano a camminare tra i vivi, il primo impulso è quello dello sgomento, della repulsione, della paura, ma sarà un bambino che riconoscerà nello scheletro che gli si presenta davanti il nonno, a unire coloro che credevano di aver perso un parente o un amico per sempre. Lo stesso prete, che proverà a diffidare i morti dall’entrare nella Chiesa del Signore, verrà invitato dagli stessi a far silenzio perché si tratta di un luogo sacro.

La musica che anima la storia è composta per lo più da jingle orecchiabili, con brani spesso così colorati, vivaci e pieni di sprint da far scordare che a cantarla siano degli scheletri. Pensate al “Jazz dell’Aldilà” in cui viene raccontata la tragica storia di Emily: non si può non canticchiarla, mentra la si ascolta.

“Prova a scappar, raccomandati ai santi, ma dovremmo al fine morir tutti quanti.”

In questa frase viene spiegato ciò che non può essere evitato, perché alla fine sì, ovvio, moriremo tutti quanti. Tim Burton semplicemente racconta di come non vada temuta la morte, perché senza di essa la vita non avrebbe alcun valore. È inutile sfuggirle, l'ultima ora arriva per tutti.  Per non parlare del verme che vive nella testa di Emily che sbeffeggia Victoria perché ormai un cuore che batte “è fuori moda da quel dì”.

La dolcezza di questo cartone scioglie i cuori di tutti e l’apparizione dei morti nel mondo dei vivi manderà nell’aldilà il vero villain della storia, così che anche Emily potrà trovare la pace eterna, mentre – compiuta la sua missione – svanirà in un fruscio di farfalle blu.

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