lunedì 29 gennaio 2024

#Cinema&SerieTv: Dieci Minuti

Il 25 gennaio è uscito in tutte le sale “Dieci Minuti”, il nuovo film di Maria Sole Tognazzi, liberamente ispirato dal romanzo di Chiara Gamberale, edito Feltrinelli, “Per dieci minuti”.
La produzione è di Indiana Production e Vision Distribution, in collaborazione con Sky e Netflix.

Noi lo abbiamo visto alla sua anteprima, e oggi siamo qui per parlarvene.

Attenzione, in questo articolo parleremo solo del film, lasciando stare quella che è la trama del romanzo.

 
Bianca (Barbara Ronchi) è una donna che nell’arco di poche ore perde tutto quello che aveva costruito: il matrimonio con Nick (Alessandro Tedeschi) con cui condivide la vita fin dai tempi dell’università, e il lavoro presso una nota rivista.
Si ritrova nel vortice dei pensieri depressivi e diventa una spettatrice passiva della sua vita. Comincia a vedere tutto nero, persino il più piccolo degli ostacoli diventa insormontabile e, goccia dopo goccia, il suo vaso esplode.
Va in cura presso una psichiatra, la dottoressa Brabanti, (Margherita Buy) che le consiglia di cominciare a fare qualcosa mai fatto prima per dieci minuti al giorno.
È seguendo questo esercizio che ritrova il rapporto con la sorellastra Jasmine (Fotinì Peluso) ma soprattutto torna alla vita.

Finiamo qui con la trama per evitarvi spoiler.


Fin dalle prime ore di vita sperimentiamo la sensazione a cui poi daremo il nome di “abbandono”.
Abbiamo vissuto per nove mesi dentro il ventre materno, dove ci sentivamo al sicuro e non avevamo bisogno di nulla semplicemente perché tutto ci veniva dato all’istante.

Nasciamo, sentiamo la fame, il sonno, il freddo, il caldo, e fin da subito capiamo che anche il contatto umano è importante, così capita di piangere quando i nostri genitori ci posano sulla culla.

Crescendo questa sensazione non cambia, né ci lascia. Piangiamo i primi giorni di scuola, poi le lacrime lasciano il posto a una nostalgia di casa, poi ancora, in adolescenza e nei primi anni della maturità, piangiamo se mettiamo fine a una relazione (d’amore o d’amicizia) e ancora andiamo in crisi quando dobbiamo cambiare lavoro, città, casa.
È del tutto normale. Fa parte del gioco; proprio come nella storia dei tre porcellini, costruiamo la nostra realtà e quando questa viene buttata giù dal soffio del lupo cattivo, ecco che andiamo nel panico.

Facile sostenere di aver costruito con i mattoni invece che con la paglia o con il legno, facile pensare di aver puntato sulla stabilità dal punto di vista economico o con un matrimonio ben saldo. Quelle sono tutte illusioni. La vita può (e lo fa) cambiare da un momento all’altro, senza preavviso e senza darci il tempo di prepararci.

Cosa fare, allora?

L’unico modo per costruire una casa di mattoni è quello di conoscere il proprio interno, fare pace con tutti i traumi del passato per poter davvero ascoltare gli altri.

Bianca è una donna che si è sempre protetta, “come se fosse la custode di qualcosa di troppo prezioso”, che non ha mai voluto ascoltare e vedere gli altri, di conseguenza non ha dato a nessuno il modo di vedersi. E, ancora di conseguenza, non ha la minima idea di chi sia.

Spesso parliamo di Ego solo dal punto di vista negativo, ma ovviamente non ne esiste uno soltanto. L’Ego, la nostra identità, è necessario per vivere in questo modo ed è una combinazione delle componenti genetiche, delle situazioni socio-culturali e delle nostre esperienze. Se non affrontiamo queste parti aprendoci, mettendoci in gioco ed esplorandole, ecco che ci chiudiamo alla vita e diventiamo spettatori passivi di quanto ci accade.

Bianca non nota i cambiamenti attorno e in lei, non vede la sua fiamma spegnersi e anche quando se ne accorge, non ha la minima idea di cosa fare per inseguire un cambiamento, proprio perché non si è mai conosciuta. Cerca il soccorso dagli altri perché non sa tendersi la mano, perché non è mai stata sola, ma fortunatamente è abbastanza forte da voler proseguire il viaggio alla scoperta di Sé.

Questo è un film suggestivo, pieno di simbolismi e narrato con una profondità non scontata. I silenzi, le espressioni, le musiche, ci portano (o riportano nel caso lo spettatore abbia vissuto certi momenti) nel buio infernale che altro non è che il cammino verso la luce.

Nei momenti di crisi abbiamo una sola scelta: o accettare il cambiamento, la nuova rotta ed evolverci, o proseguire a tentoni nel buio, con il rischio di perderci definitivamente. La visione di questo film è senz’altro una bussola, lo strumento in più che abbiamo per rialzarci.

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