giovedì 11 gennaio 2024

#Pensieri: Occhi Lucidi

Durante il pomeriggio della Vigilia di Natale mi sono imbattuta po’ per caso nel brano “Occhi Lucidi” di Ultimo.
Come spesso mi accade con questo cantautore, il brano mi ha completamente ipnotizzata e così mi sono ritrovata ad ascoltarlo molto attentamente.
Ho fin da subito capito che il brano mi stava parlando in un modo che avrei compreso solo una volta messo per iscritto, ma – sempre come spesso mi accade con Ultimo – mi è difficile trovare il coraggio per scrivere quello che suscitano le sue parole.

L’arte in generale è un campo dove il coraggio dovrebbe regnare sovrano, perciò, se proprio voglio continuare a scrivere per non cambiare mestiere, devo anche armarmi della giusta dose di temerarietà e andare avanti.

Ovviamente vi ricordo che quanto segue sono le mie personali impressioni che il testo di Ultimo mi suggerisce; ciò che penso non deve necessariamente seguire il filo logico del cantautore romano.  
 
Io non lo so cosa ci faccio qui
a pensare no, ma a dire a tutti di sì
mi ricordo di sogni, progetti e diverse magie
a vivere dentro un cortile, a vivere senza bugie.

Ah, se parlassi la mia lingua ora ti direi che mai
ho vissuto più vite in un giorno e non ci crederai
siamo fatti tutti un po’ così
occhi forti e cuori fragili.

Quando ascolto una canzone le immagini mi ballano dentro la testa e si susseguono proprio come le pellicole di un film.     
Mi sono figurata la me bambina, quando viveva dentro un cortile, nella sua comfort zone fatta di casa e scuola, con tutto già stabilito, così sicuro e saldo che bastava un poco per mandare a pezzi il fragile ego infantile: un brutto voto, un “no” ricevuto, un gioco che si rompe… insomma, tipico dell’infanzia.

Certo che crescere significa anche andare oltre il proprio cortile e le convinzioni che ci sono state date e farlo ci porta a scoprire molte più sfumature su di noi stessi.

Possiamo prendercela, rimanerci male, incolpare l’esterno per qualcosa che non funziona al nostro interno, sognare di ritornare dove tutto è iniziato, ma sarebbe vivere in una calma che è solo illusoria.

Io non lo so cosa mi manca qui,
e vivo una vita come quelle dei film
tra gli attori, comparse, risate e malinconie
a fissare in un bar una donna e di colpo sentirla già mia.

[…]

Ah, se potessi uscire dal mio corpo forse lo farei
ma solo per restarti sempre intorno e dirti come stai
siamo fatti tutti un po’ così
occhi forti e cuori fragili.

Sì, perché sarebbe bello tornare al porto con le sue certezze, le ancore che mantengono ferme le barche e le onde talmente basse e silenziose da far sembrare il mare una tavola azzurra.  Sarebbe bello, ma non sarebbe autentico.     
Sarebbe come la differenza tra un giardino perfettamente studiato da un designer d’esterni e una foresta lasciata totalmente libera di esprimersi. È vero che tutti preferiremmo vivere in una casa che affaccia sul primo, ma è anche vero che la vita non può essere controllata e arredata a seconda di come la vogliamo noi.     
Cos
’è, quindi, la stabilità apparente se non lo stagnante della vita stessa?

Facile lamentarsi per quello che non va, per quello che non è stato detto e per quello che si poteva fare, difficile è apprendere la lezione andare avanti augurandosi di migliorarsi passo dopo passo.
Facile rimanere a riva, bagnandosi i piedi e arrivare al massimo con l’acqua al petto; almeno così credevo.
Nei giorni dopo il Natale mi sono chiesta: è davvero così facile rimanere fermi?

Stavamo su una barca al centro del tuo mare
lontano dai rumori e vicino alle risate
volevo darti un sogno e non ci son riuscito
volevi darmi tutto e adesso l’ho capito.

[…]

Siamo fatti tutti un po’ così
senza parole e gli occhi lucidi.

Per carità, sono convinta che nessuna vita sia del tutto facile o semplice, tutte hanno la loro dosi di problematiche e ben venga così: tutto è destinato a evolversi.

Ma è anche vero che ci sono anime che hanno sul loro cammino problemi più o meno gravi e la loro evoluzione dipende proprio da come questi vengono affrontati. Cosa ci rimane se scegliamo di scappare da essi?

Come si fa a sapere se si ha imparato a nuotare se ci si ostina a indossare dei braccioli? Come ci si può fidare di noi stessi in alto mare se si va nel panico appena non sentiamo più il fondo con la punta dei piedi?

Non ho ancora le risposte a tutte queste domande, probabilmente le avrò l’ultimo giorno di questa vita o il primo della Vita, dipende dai punti di vista.
Posso solo fidarmi di quell’impulso che vibra costantemente dentro di me e mi dice di andare sempre più verso il mare aperto perché, dopotutto, la mia barca è sempre con me.

Nessun commento:

Posta un commento