lunedì 15 gennaio 2024

#Arte: Saturno che divora i suoi figli

Certi quadri sono così famosi che risultano riconoscibili anche a una prima occhiata, altri quadri non hanno nemmeno bisogno di una presentazione, altri ancora ispirano altrettanti pezzi d’arte, come canzoni.
L’opera di cui parleremo oggi, racchiude tutte e tre le cose.

Saturno che divora i suoi figli” di Francisco Goya, realizzata tra il 1821 e il 1823 e oggi esposta al Museo del Prado di Madrid, non è altro che una sorta di successore involontario di una tela di Pieter Paul Rubens, che tra il 1637 e il 1638 dipinse “Saturno divora uno dei figli”.

Il quadro si rifà al mito di Saturno, il titano figlio di Urano e di Gaia, ben conosciuto come Crono o Kronos nella mitologia greca. Il mito narra che Saturno, essendogli stato profetizzato che sarebbe stato sostituito da un suo figlio, avrebbe iniziato a mangiare la sua progenie con l‘intenzione di non risparmiare nessuno. Sarebbe stata sua moglie Rea a salvare quello che poi, alla fine, avrebbe spodestato Saturno dal trono: il suo nome era Giove, anche conosciuto come Zeus.

Nell’opera vediamo raffigurato Saturno mentre divora con foga uno dei suoi figli più piccoli; la bocca è spalancata, gli occhi strabuzzati e le mani serrate sul piccolo corpo, che è ormai privo di testa. La scena, sanguinolenta e piuttosto raccapricciante, è esaltata dallo sfondo nero pece, che non fa altro che evidenziare tutti i dettagli del dipinto.

“Saturno che divora i suoi figli” fa parte delle cosiddette “Pitture nere” di Goya, una serie di quattordici pitture murali (in cui sono presente anche opere come “Il sabba delle streghe”, “Visione fantastica” e “Due donne e un uomo”) destinate alla sua “Quinta del sordo”, una casa da lui acquistata a Madrid nel febbraio del 1819. Questi murali, realizzati su intonaco durante un periodo di profondo malessere mentale e fisico del pittore, sono stati trasferiti su tela nel 1874 e sono attualmente conservati al Museo del Prado di Madrid.

Saturno divora uno dei figli, Rubens
Prendendo forse inspirazione da Rubens ma distaccandosi clamorosamente dal suo stile, Goya dipinge un dio incredibilmente più furioso e folle, in contrapposizione a quello furioso, sì, ma più freddo di Rubens. Sono proprio questa sua follia e furia a renderlo il dipinto così illustre che è oggi, riconosciuto in tutto il mondo come uno dei dipinti più significativi del pittore spagnolo.

“Son figlio di un uomo che parla di pace nel mondo, ma non mi ama
Per lui siamo tutti fratelli, ho mille fratelli, ma non ci ama
Quell'uomo non mi ama, quell'uomo non mi caga
Quell'uomo non mi ama, tiene più a voi che a me”

Come si collegano Goya e Caparezza, dite? È semplice: è “Figli d’arte” dell’album Museica del 2014 la canzone a essere ispirata a quest’opera. Ve l’abbiamo accennata a inizio articolo, ma siamo sicuri che se non conoscete la backstory di Museica (ogni canzone è ispirata a un’opera d’arte) e se non siete fan di Caparezza non ne avevate idea.

Arrivati alla conclusione di questo articolo, tiriamo le nostre somme: di certo “Saturno che mangia i suoi figli” è un dipinto che suscita orrore e disgusto, eppure ciononostante, ne siamo attratti e affascinati, ammaliati oseremmo dire.
Sarà quello sfondo nero che aliena la figura di Saturno o la crudezza dell’immagine raffigurata (e sappiamo bene che l’essere umano fa sempre fatica a distaccarsi dalla violenza), ma non esageriamo quando diciamo che quest’opera tende ad attirare lattenzione a sé.

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