martedì 16 gennaio 2024

#Libri: A casa

Esce oggi: “A casa”, di Judith Hermann ed edito Fazi Editore; un libro che all’apparenza può sembrare semplice, ma che in realtà fa sorgere parecchie considerazioni sulla nostra vita e sul concetto di casa/carcere.


Lo abbiamo letto in soli due giorni, destreggiandoci tra i nostri impegni quotidiani lavorativi e personali; spinti dagli insegnamenti qui celati ci siamo chiesti: cosa davvero mi serve? Cosa posso lasciar andare?

Non conosciamo il nome della protagonista ed è assurdo come ce ne siamo resi conto appena abbiamo iniziato a scrivere questo articolo, quindi di certo questo non infastidisce il lettore.
È una donna che ha aspettato a lungo per poter ricominciare: è separata, ma ha ancora un buon rapporto con l’ex marito, un paranoico accumulatore compulsivo; è madre di una figlia ormai adulta che viaggia in gira per il mondo e alterna lunghi periodi di silenzio a brevi videochiamate.
Si trasferisce al mare dal fratello sessantenne ma rimasto un eterno Peter Pan di quarant’anni meno, ha un pub – dove lei lavora per lui – e un rapporto non meglio definito con una ragazza ventenne.
La donna non sa cosa fare della sua vita e mentre inizia a conoscere nuove persone, la sua mente non riesce a fare a meno di tornare nel passato, alle diverse strade che avrebbe potuto prendere e a all’illusione di una vita che poteva essere migliore.
Va bene pensare a tutto, tranne a quello che sarà, perché a volte bisogna fermarsi un bel po’ prima di poter ricominciare.

La scrittura della Hermann sa di poesia, visto che più che le descrizioni, sono le metafore a dare un senso di realtà agli stati d’animo della donna.
Ognuno dei personaggi è come un animale chiuso in una trappola: sanno chi sono, sanno i loro limiti, ma hanno paura di uscirne.
Ed è proprio su queste basi che ci siamo chiesti qual è la differenza tra “casa” e “carcere”?

Ovviamente parliamo di inconscio, anima, nel mondo materiale la conosciamo bene.

Procedendo per metafore, la casa ci dà un senso di riparo, di sicurezza. Il focolare dove potersi rilassare, da condividere con le persone che più amiamo.

Eppure questa immagine idilliaca si trasforma lentamente, quanto inevitabilmente, in una morsa che ci stringe il collo.
Il focolare diventa pieno di doveri: pulire, pagare le bollette, trovare un punto in comune. Le persone che amiamo diventano quelle che dobbiamo sopportare, perché altrimenti che faremmo? Dove andremmo? E che possiamo davvero ricominciare? Con quali mezzi? Con quale coraggio?
Abbiamo scelto appositamente la parola “carcere” per la sua etimologia latina, da “coercio”: “costringere”. Perché continuare con qualcosa, quando lo avvertiamo una costrizione? E perché abbiamo così tanta paura dei cambiamenti, se sono proprio questi a rendere possibile la vita?

“A casa” è una lettura critica e obiettiva su quanto ci circonda, perché la protagonista potremmo essere benissimo noi: con la voglia di passare oltre ma con la mente sempre fossilizzata sul passato che ci porta, così, a ripetere gli stessi errori.     

Se avete abbastanza coraggio di mettervi in discussione, scegliete “A casa”.

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