mercoledì 23 giugno 2021

#Cinema&SerieTv: Don't Fuck With Cats - Recensione

Il mondo del true crime affascina tutti, in un modo o nell'altro, che lo si voglia ammettere o no.
Sarà che nel buio della nostra camera da letto è più facile che il nostro lato ombra prenda il sopravvento, o sarà che tutti (chi più, chi meno) nutriamo il nostro corpo di dolore anche inconsapevolmente, ma qualunque sia il caso siamo tutti, proprio tutti, in un modo o nell'altro attratti dalle cose che nutrono quel lato ombra.
Dite di no? Il telegiornale delle otto di sera ve lo guardate? Perché il telegiornale si sa, è negatività allo stato puro.

Avete presente quegli omicidi che rimangono nella storia? Perché il caso presentato in Don't fuck with cats, miniserie del 2019 di sole tre puntate prodotta da Netflix e diretta da Mark Lewis, è proprio rimasto nella storia.
"In questo lato oscuro c'è una regola non scritta. Non è scritta, ma è valida. La regola zero, e la regola zero è: i gatti non si toccano."

Deanna Thompson (Baudi Moovan sul web) è un'analista dati di un importante casinò di Las Vegas mentre John Green (no, non lo scrittore) è un appassionato di investigazioni sul web ed entrambi si soprannominano "nerd di internet".
I due nerd di internet fanno la conoscenza l'uno dell'altro quando, nell'ormai lontano 2010, su Facebook incappano entrambi nel video "1 boy 2 kittens" (letteralmente: "1 ragazzo 2 gattini"), in cui viene mostrato Luka Magnotta - l'assassino protagonista di questo documentario - nell'intento di aspirare e mettere sottovuoto due cuccioli di gatto.
Il video è raccapricciante e indigna non poche persone sui social, tanto che il 22 Dicembre 2010 nasce il gruppo Facebook "Find the Kitten Vacuumer... For great justice", di cui Deanna ne diventa da subito uno dei membri fondatori, e in cui entrerà praticamente nello stesso periodo anche John.
Il gruppo diventa un vero e proprio nucleo di investigazioni, ricerche e prove, tanto che anche quando la polizia avvierà le indagini a seguito del primo e ultimo omicidio compiuto da Luka Magnotta, i nerd di internet saranno ben più avanti di quest'ultima.

Di Luka Magnotta si conoscevano da subito il volto, il nome, il luoghi da lui frequentati e le sue conoscenze, eppure lui è sempre riuscito a stare un passo avanti, è sempre riuscito a non farsi prendere.
Il suo scopo, infatti, era proprio quello di farsi conoscere da più persone possibili; da bravo nato sotto il segno del Leone, Luka amava stare sotto i riflettori e giocare al gatto e il topo con la polizia con il semplice scopo di creare scompiglio. Quello che sconvolse ancora di più tutto il mondo, però, non fu la sua incommensurabile faccia tosta, bensì quello che si scoprì solo dopo il suo arresto.
Ma facciamo un passo indietro, a quando Luka iniziò a parlare e ad affermare di essere vittima di stalking; il nome del presunto stalker? Manny.
C'è chi avrà già storto il naso al nome e chi non starà capendo assolutamente il senso di questa informazione, durante la visione del documentario, noi facevamo decisamente parte della seconda categoria di persone, non capendo assolutamente il perché varie testimonianze sentissero di dover rimarcare così tanto spesso il nome di questa persona ma onestamente, abbiamo sorvolato e arrivate a un certo punto non solo ci siamo messe l'anima in pace, ma nella nostra ignoranza abbiamo anche empatizzato con il Luka vittima di stalking, abusi e violenze costretto alla prostituzione.

Fast foward al 25 Maggio 2012, quando sul sito web canadese Bestgore.com un video di undici minuti:
Jun Lin, ucciso nella notte tra il 24 e il 25 Maggio 2012.
"1 lunatic 1 ice pick" (letteralmente: "1 pazzo 1 rompighiaccio") in cui Luka Magnotta - conosciuto anche, tra tutti i suoi pseudonimi, come K. Tramell - è a cavalcioni su un ragazzo legato al letto con una corda bianca e lo pugnala con un cacciavite dipinto per sembrare un rompighiaccio, sopra al letto e al centro del muro un poster del film Casablanca.
Chi avrebbe dovuto avere il naso storto al nome di Manny, ora dovrebbe avere una espressione in volto ben precisa; sì, cinefili, sto parlando di voi.
Praticamente tutto nell'omicidio di Jun Lin, o ancor meglio nella vita da criminale di Luka Magnotta, è un riferimento al film Basic Instinct, del 1992 che si apre con una scena: Catherine Tramell è a cavalcioni su Johnny Boz, legato al letto con una sciarpa bianca e pugnalato dalla Tramell con un rompighiaccio, sopra al letto e al centro del muro una vetrata.
E Manny? Manny, che Luka aveva iniziato ad accusare di violenze e stalking già anni e anni prima dell'omicidio, non è altro che l'ex fidanzato violento della protagonista di Basic Instinct; Catherine, per l'appunto.

Ripetiamo: tutto nella vita da criminale di Luka è stato un omaggio al suo film preferito, compresi vari regali a tema fatti a sua madre, parole pronunciate durante l'interrogatorio, posture assunte sempre durante quest'ultimo, frecciatine lanciate a testimoni ("Le ha mai detto nessuno che sembra Michael Douglas?") e risposte a interviste rilasciate anni prima ai giornali in cui affermava che "Uccidere è diverso da fumare, si può smettere", un po' a citare quasi perfettamente la battuta dell'attrice Sharon Stone, che nel film in una scena del film recita: "Uccidere non è come fumare, si può smettere".

"Luka vive in un mondo in cui la cultura pop è la regina, la fama è la regina. [...] Stava recitando un film, ed era la star di questo film, e voleva essere la star del mondo"

Ora, a Magnotta è stata diagnosticata schizofrenia, disturbo borderline della personalità e disturbo istrionico della personalità, ma per quanto "assolutamente psicotico e brillante allo stesso tempo" (per citare un testimone presente all'interno del documentario), dovremmo ragionare. Dovremmo ragionare su quanto, malati o meno, stiamo diventando sempre più egocentrici, incentrati su noi stessi, e disconnessi con la realtà.
Sempre di più.

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