mercoledì 2 giugno 2021

#Costume&Società: Sogno o incubo comunista?

Noi di 4Muses abbiamo ricevuto un’enorme grazia: quella di aver assaporato e vissuto ogni sfumatura della vita. Non neghiamo di essercene anche lamentate, certo che qualche anno di dolore ce lo saremmo potute risparmiare; abbiamo sbagliato così tanto che la lezione sull’umiltà è ben incisa sulla nostra pelle e fortunatamente abbiamo vissuto così a lungo di sensi di colpa, da aver imparato il perdono.


Queste poche righe non servono a farvi pensare quanto siamo belle e brave, lo sappiamo già. Servono per dimostrarvi che non ci può essere comprensione senza aver vissuto qualcosa. Non ci può essere guarigione senza una ferita.

In Italia la memoria storica è fortunatamente molto alta. Ricordiamo ogni anno l’orrore della guerra, e cosa ha portato l’odio. Certo, un conto è ricordarselo, un altro è comprenderlo sul serio. Possono esserci anche 365 giornate della memoria, ma ogni attimo vissuto a ricordare perde il suo valore nel momento esatto in cui apriamo i social per criticare qualcuno, o nel momento esatto in cui si incoraggia un altro tipo di dittatura. 
Sì, perché se inneggiare a Mussolini qui è diventato così altamente vietato da non poterlo neanche citare nel black humour, la stessa cosa non vale per Stalin, Lenin, o per chiunque sia stato a capo dell’Urss fino ai primi anni Novanta. Partendo dal presupposto che noi odiamo la censura in ogni sua forma, e che adoriamo il black humour sempre e comunque (noi crediamo sul serio al je suis Charlie, più l’humour è black, e più ci piace), perché la falce e il martello non suscitano gli stessi sentimenti di un fascio littorio?

Se le parole di ammirazione per dei dittatori del centro Europa vi provocano rabbia o vergogna, e quelli per dei dittatori dell’Europa dell’est vi fanno alzare le spalle, sorridere o rimanere impassibili, sappiate che il problema non sono quelle parole, né siete voi. Il problema sta nella più totale ignoranza di cosa sia stato (ed è tuttora) sul serio il comunismo.

Per carità, sappiamo tutti che a scuola non si parla abbastanza di Rivoluzione Russa, così come sappiamo molto bene che il programma sembra finire con la comparsa americana sul suolo italico. Dopo tutto ciò c’è una spolverata novecentesca che sembra in realtà profumo di estate per i poveri studenti seduti sudati dietro al banco, o in dad.

Noi conosciamo bene l’orrore comunista perché lo abbiamo provato grazie ai racconti di chi lo ha vissuto per anni, di chi ha provato a scappare, di chi sognava gli Usa o l’Europa dell’Ovest. Abbiamo conosciuto persone che nascondevano dischi in vinile dei Beatles, dei Rolling Stones e di chiunque altro non provenisse dalla madre patria, come se fossero le cose più illegali di questo mondo. E per loro lo erano veramente.

Ogni racconto è stato per noi prezioso, e ci ha permesso di notare quanto la vita sotto il regime comunista non fosse poi così differente da quella dei nostri nonni. Allora perché in molti, ancora adesso, credono alla propaganda sovietica? A volte ci ritroviamo a parlare con persone che si vantano di aver letto i giornali russi. “Qui in occidente ci parlano della povertà russa, ma i giornali sovietici dicono altro.Non riportiamo qui la nostra risposta, perché essendo romane riconosciamo il suo lato volgare, ma come si può pensare che la stampa sovietica fosse oggettiva e onesta? È un po’ come dire: “Ma la dittatura fascista e l’occupazione tedesca non erano il male, leggete il Messaggero del 1942.” Scommettiamo che anche ai non romani viene in mente la nostra stessa risposta: e grazie ar… ok, ci fermiamo.

Leggere delle grandiose opere sovietiche ma ignorare intere famiglie senza riscaldamenti nel gelido inverno russo, bambini ridotti alla fame per la mancanza di cibo, o l’enorme tasso di morte infantile per le cure mancate o l’incompetenza medica, non è forse lo stesso comportamento avvenuto in Italia e Germania nel ventennio nero?
E se prima italiani e tedeschi potevano essere giustificati vista l’enorme analfabetizzazione causa dell’ignoranza sovrana, ma perché ancora adesso si crede alla totale bellezza rossa? I nostri nonni hanno combattuto una dittatura, e spesso i nostri genitori hanno creduto ciecamente alle cavolate provenienti dall’Est. Perché?

Forse perché nessuno ha avuto l’onore di ascoltare o leggere cosa sia stato sul serio il comunismo. Vogliamo lasciare quindi la parola a chi ha vissuto appieno quegli anni. A chi si svegliava e si addormentava ogni giorno in Unione Sovietica. A chi ha vissuto la mancanza di libertà mentre in Italia si credeva che lì l’avessero nella sua totalità.

È inutile mettervi i nomi di tutti, perché sono più persone e perché i racconti sono molto somiglianti. Vi proponiamo le loro narrazioni come in una sorta di intervista. Certo che non possiamo mettere quasi un secolo di soprusi in un articolo, ma tanto basterà per farne un’introduzione.

- È vero che bastava un minimo d’istruzione per avere una vita agiata?
Rispetto agli altri russi, sì. Rispetto all’Occidente, ovviamente no. In Unione Sovietica avere il frigorifero era già qualcosa di molto lussuoso. Su cinque famiglie, forse lo aveva solo una. I più delle persone non lo aveva, né possedeva una lavatrice. Ed è stato così fino alla fine. I panni si lavavano al fiume, nei pozzi o nelle fontane. Il frigorifero forse non serviva neanche più di tanto, in quanto il cibo scarseggiava sul serio e se mangiavi due, tre volte a settimana, era già abbastanza.

-Come si faceva la spesa?
Ogni famiglia aveva una tessera, con cui poteva fare la spesa mensile, senza poter aggiungere altro. Se il cibo finiva prima, e capitava più di quanto voi crediate, bisognava attendere l’inizio del nuovo mese per comprarne altro.

- È vero che le case popolari avevano garantito una dimora a tutti?
Sì, se ci fermiamo solo a questa domanda. Ma nella realtà tutto era proprietà dello Stato. Era l’Urss a decidere, quindi, chi dovesse vivere e dove. Nessuno poteva avere una casa di proprietà. Spesso si era obbligati a condividere un appartamento con altre famiglie. Gli appartamenti non erano grandi: una camera da letto, un salone, un bagno e una cucina. Una donna era fortunata se condivideva l’appartamento con la famiglia del marito, perché altrimenti doveva farlo con sconosciuti. E non sempre si poteva andare d’accordo, come potete immaginare.

-C’era sul serio lavoro per tutti?
Sì, se avevi le giuste conoscenze. La leva militare era obbligatoria, ma chi riusciva a distinguersi per il valore, poteva approfittare di favoritismi. Non era semplice, proprio perché non era semplice distinguersi. L’istruzione non era molto favorita, in realtà. Una mente intellettuale è più difficile da gestire. Bisognava essere “bravi soldatini” e allora, forse, potevi usufruire di qualche agevolazione. Non moltissima, solo un lavoro. Ma i più queste amicizie non le avevano.

-Per cosa si rischiava la galera, o la morte?
Per tutto. Dai motivi più gravi quali tradimento, andare contro l’Unione Sovietica, all’ascoltare musica straniera. Non potevamo neanche guardare i canali esteri. C’era solo l’Unione Sovietica. I vicini, persino gli amici più intimi, erano pronti a tradirti in cambio di favori. La fame rende gli uomini molto egoisti, se hai finito il cibo da giorni e l’unico modo per avere qualcosa è quello di fare la spia, beh, diciamo che nessuno perdeva l’occasione. In molti sono stati arrestati, torturati solo perché uscivano di nascosto per andare a sentire la musica inglese. Inoltre molti bambini non potevano vedere un film della Disney, o giocare con giocattoli europei o americani. Si rischiava la vita anche se possedevi una Barbie.

-Si parla della sanità sovietica come la migliore per l’epoca. Gratuita e garantita a tutti. Era davvero così?
Lasciamo stare. Gli appartamenti spesso non avevano i riscaldamenti, e in Russia l’inverno non è proprio moderato. Si poteva morire per un raffreddore perché c’era molta incompetenza medica. In più venivano somministrate cure non necessarie, spesso deleterie. Molti bambini morivano proprio perché venivano vaccinati prima dell’età giusta. Altri non avevano il latte materno e nessuno poteva garantire loro il sostentamento artificiale.

-Cos’era la libertà per un sovietico?
L’occidente. La nostra vita era: testa bassa, casa, lavoro. Non parlavamo quasi mai della nostra giornata a casa, perché i coinquilini potevano interpretare male una frase e denunciarci. Chi aveva la fortuna di condividere l’appartamento con la propria famiglia, non parlava per paura che i vicini potessero ascoltare. Guardavamo l’arrivo dell’inverno con apprensione, perché la stagione fredda voleva dire morte. I giorni felici erano quelli dove c’era cibo, quindi pochi.

-In che modo potevate andarvene dall’Unione Sovietica?
Forse in nessun modo, se non di nascosto. Si rischiava la vita. Se inveci eri un cervellone e ti chiamava l’Occidente, eri salvo. Ma se lasciavi la tua famiglia in URSS, per loro erano guai seri perché tutti ti credevano una spia.

-Cosa volete dire a chi ancora adesso, in Italia, crede che il comunismo sia libertà?
Di non credere alla propaganda sovietica. Chi è cresciuto nei paesi dell’URSS, quando il comunismo stava al potere, non è mai stato libero. Neanche per un minuto. La vera libertà è quella di fare ciò che si vuole, quando si vuole. Se senti il bisogno di partire, di mollare tutto e andare dall’altra parte del mondo e puoi farlo, allora vivi in un paese libero. Se puoi ascoltare la musica che vuoi, quando vuoi, allora sei libero. Se puoi decidere cosa guardare in tv, cosa leggere, allora sei libero. Se puoi dire ciò che vuoi sul Governo, allora sei libero. Altrimenti no. I più fortunati di noi hanno vissuto l’infanzia senza giochi e l’adolescenza senza divertimento.

Ma davvero in Italia nessuno si è mai chiesto perché ci fosse così tanta gente all’inaugurazione del McDonald’s a fine 1990, a Mosca?
Gli italiani che inneggiano tanto al comunismo, dovrebbero vivere per almeno un giorno solo con prodotti italiani. Niente smatphone, niente computer, niente vestiti o cibo che non sia made in Italy. Dovrebbero rinunciare ora a ogni proprietà, e condividere la casa con altre persone. Quanto resisterebbero?

Già. Quanto resisteremmo?

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