sabato 18 settembre 2021

#Arte: Cigni che riflettono elefanti

Come avrete potuto notare dai recenti articoli sotto l’etichetta “Arte”, ultimamente ci siamo avvicinate molto al Surrealismo, parlando di autori – o meglio, delle loro opere – come Magritte, De Chirico e Dalí. Abbiamo parlato del loro modo di fare opere d’arte particolare, del significato celato dietro ogni pennellata e dietro ogni rappresentazione, di come il sogno e il “soprannaturale” (inteso proprio come qualcosa al di sopra della nostra realtà tangibile) celasse un significato ben più potente dal semplice impatto visivo.

Oggi abbiamo scelto un’opera di Dalí che non molti conoscono, ma che ha catturato la nostra attenzione perché viene rappresentato il concetto di dualità, che abbiamo analizzato in diversi articoli di metafisica e di come due elementi opposti in realtà compongano semplicemente l’Uno: “Cigni che riflettono elefanti”.

Realizzato nel 1937, questo quadro – come è facilmente intuibile dal titolo – rappresenta tre cigni che, leggiadri, riposano su uno specchio d’acqua. Intorno a loro il paesaggio è arido, spoglio, gli alberi alle loro spalle sono tronchi e rami secchi che si allungano verso il cielo, mentre a circondare il bacino idrico vi è una natura spoglia, quasi desertica, dai colori fortemente autunnali. Abbassando lo sguardo su quello che dovrebbe essere riflesso nello specchio d’acqua, ecco che i cigni cambiano e assumono una forma diametralmente opposta: il lungo collo del volatile al contrario si trasforma nella proboscide d’elefante, con i tronchi spogli che diventano le zampe pesanti del pachiderma. Un uomo, sul lato sinistro del quadro, dà le spalle alla scena, risultando del tutto indifferente al gioco di specchio che si sviluppa dietro di lui.

Pensiamo al cigno, al suo modo di essere simbolo di delicatezza e leggiadria. Nel riflesso, il suo corpo cambia: le ali diventano le grandi orecchie dell’elefante, il collo assume la forma di una proboscide e il corpo piumato acquisisce pesantezza, divenendo il busto del pachiderma. Portando il quadro nel nostro tempo, potremmo facilmente pensare a quante volte ci guardiamo allo specchio trovando decine e decine di difetti che, magari, agli altri passano inosservati, ma che davanti ai nostri occhi assumono dimensioni gigantesche. Pensate a chi soffre di disturbi alimentari, alla dismorfofobia corporea, in cui chi ne è affetto può essere anche magro e vedersi riflesso nello specchio come sovrappeso. Ecco che il cigno perde tutte le sue caratteristiche.

Il contrasto di leggero – pesante, leggiadro – goffo rappresentato nel quadro è un gioco di specchi che Dalí offre allo spettatore, trasportando tutto in un mondo surreale, caratterizzato da elementi che sembrano estranei al dipinto. Pensate all’uomo posto a sinistra: dà le spalle ai cigni, i colori del suo abbigliamento si confondono con quelli accesi e infuocati del paesaggio, mentre sembra intenzionato a estraniarsi dal resto del rappresentato. Sembra un elemento che non c'entra nulla con la natura.

Dalí rappresenta un sogno, un qualcosa in cui non vi è più legame con la realtà, ma sembra più il frutto di un delirio, di un gioco di alter-ego, di opposti che in realtà sono l’uno il riflesso dell’altro. Abbandonando la razionalità, permettiamo al nostro inconscio di emergere, di prendere forma in cose che apparentemente sembrano assurde, come l’idea che un cigno possa diventare un elefante.

Il metodo che Dalí utilizzò per dipingere il quadro è detto “paranoico - critico”, perché ciò che rappresenta in “Cigni che riflettono elefanti” non è altro che l’angoscia e l’irrequietezza del suo inconscio, che prendono forma nella razionalizzazione del delirio. Osservando i dettagli che a un primo impatto non vediamo, ci rendiamo conto delle stranezze presenti, come le nuvole dalle forme particolari o anche forme che non riusciamo a ricollegare a nulla nel nostro quotidiano. L’autore spiegò così il suo modo di rappresentare il sovrannaturale: “Il fatto che neppure io, mentre dipingo, capisca il significato dei miei quadri, non vuol dire ch'essi non ne abbiano alcuno: anzi, il loro significato è così profondo, complesso, coerente, involontario da sfuggire alla semplice analisi dell'intuizione logica.” È inutile cercare di trovare del razionale nel Surrealismo, perché semplicemente non c’è.

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