mercoledì 25 agosto 2021

#Arte: Il Figlio dell'uomo

Ancora l'uomo è dipinto nella tela, ma non vedi il suo volto, è coperto da una mela. Sì, solo di favole ora mi meraviglio. Vola, la freccia vola, ma la mela è la stessa che resta in equilibrio in testa ad ogni figlio.

Era il 2020 quando Rancore, nella sua canzone “Eden”, faceva riferimento all’opera “Il figlio dell’uomo” di René Magritte e, dato che quest’ultimo viene considerato il maggior esponente del Surrealismo belga, oggi abbiamo deciso di analizzare il suo più celebre capolavoro.

Si tratta di un olio su tela, dipinto nel 1964 e appartenente oggi a una collezione privata. Nell’opera possiamo notare un uomo, vestito di tutto punto con un abito lungo scuro, con due bottoni su tre disegnati e uno mancante, come se fosse appena caduto. Il soggetto del quadro indossa una bombetta, ha una cravatta rossa sgargiante allacciata sopra una camicia bianca, come fosse un uomo importante. A oscurargli il viso, però, troviamo una mela verde sospesa nel nulla che nasconde i suoi tratti somatici. Solo un occhio si riesce a intravedere tra le foglie, mentre sullo sfondo un cielo nuvoloso si specchia sul mare, lasciando presagire un temporale imminente.

Per molto tempo si è discusso sul significato del nome del quadro, data la forte somiglianza con l’appellativo dato a Gesù nel Nuovo Testamento. Accompagnato all’altro nominativo, ovvero “figlio di Dio”, nel Cristianesimo troviamo la duplice natura del Cristo: vero Dio e vero uomo, dove le due realtà convivono nell’accezione di corpo e spirito. Figlio dell’uomo come spirito che si fa carne per adempiere a una missione, ma anche inteso, secondo l’interpretazione ebraica, come discendente di Adamo, quindi immortale e incorruttibile. Magritte, però, può anche fare riferimento a un uomo qualsiasi, lontano dal concetto religioso, perché non avendo un volto, il soggetto può passare per chiunque, anche se in realtà si tratta di un autoritratto.

La mela, da quell’errore di traduzione di “malus” che può voler dire sia “male” che “mela”, da sempre rappresenta la conoscenza, il sapere. Adamo ed Eva, cibandosi del “frutto proibito”, vennero a conoscenza del bene e del male e questo peccato fu, nella concezione cristiana, pesantemente punito. Magritte disse:
 

Ebbene, qui abbiamo qualcosa di apparentemente visibile, poiché la mela nasconde ciò che è nascosto e visibile allo stesso tempo, ovvero il volto della persona. Questo processo avviene infinitamente. Ogni cosa che noi vediamo ne nasconde un'altra; noi vogliamo sempre vedere quello che è nascosto da ciò che vediamo. Proviamo interesse in quello che è nascosto e in ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere la forma di un sentimento letteralmente intenso, un tipo di disputa, potrei dire, fra ciò che è nascosto e visibile e l'apparentemente visibile.

Enigmatica è anche la rappresentazione del braccio sinistro: il gomito è rivolto verso lo spettatore, come è intuibile dalla protuberanza disegnata, ma è in netto contrasto con la composizione circostante. Se l’uomo del quadro è rappresentato frontalmente, perché il gomito sembra indicarlo rivolto vero la tempesta che incombe? Questo, però, è pienamente nello stile di Magritte, nel suo “illusionismo onirico”, in cui viene mandato in “cortocircuito” l’osservatore con elementi che sembrano in contrasto con il quotidiano. Ricordiamoci comunque che stiamo parlando di un surrealista, quindi di quella rappresentazione di elementi onirici, enigmatici e quasi “confusi”. Come per il paradosso della pipa, anche qui l’autore mette alla prova lo spettatore, che cerca di scoprire il volto del soggetto del quadro nascosto dalla mela, in cui si viene “spinti” a ricercare cosa vi è al di là del frutto, a cercare la conoscenza in ciò che è nascosto, in ciò che il visibile non ci mostra. Noi sappiamo che dietro la mela c’è un volto, ma non ci viene mostrato. Perché ne siamo tanto curiosi? L’essere umano è, dopotutto, un continuo mistero, le sue rappresentazioni non potranno mai essere “autentiche”.

Abbiamo aperto con un pezzo della canzone di Rancore e chiudiamo allo stesso modo, perché secondo noi calza a pennello con questo dipinto: 

Ogni mela che regali porta un'intuizione, nonostante questa mela è in mezzo ai falsi frutti. È una finzione.”

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