giovedì 16 febbraio 2023

#Cinema&SerieTv: TILL - Recensione

Till ci porta nel 1955 a Money, una cittadina del Mississippi che fa da sfondo a un dramma ancora attuale. Questa, infatti, è una storia che merita di esser raccontata, di essere conosciuta, anche perché i suoi risvolti si sono “conclusi” nel passato a noi più prossimo. Pensate che il 1955 sia distante? Pensate solo che la legge a nome di questo dramma è stata approvata solo il 29 marzo del 2022. Joe Biden, insieme alla sua vice-presidente, ha firmato la legge anti-linciaggio che porta il nome del protagonista di questo film: Emmett Till.

Durante l’estate, Emmett decide di spostarsi da Chicago a Money per poter scoprire le sue origini e stare un po’ con i suoi cugini. Lavorare nei campi di cotone non si addice a un ragazzino di quattordici anni proveniente da una grande città. Il suo comportamento, infatti, poco si confà al modo con cui la popolazione afrodiscendente viene trattata nel sud degli Stati Uniti. Basta un futile complimento a una donna bianca per inimicarsi le persone sbagliate, un fischio che a quanto pare danneggia l’onore della donna che reclama la sua vendetta. Passano tre giorni dell’evento e, nel cuore della notte, il marito della donna insieme ad altri uomini, imbracciando il proprio fucile, irrompe nella casa dello zio di Emmett e rapisce il ragazzo. Il quattordicenne verrà trovato qualche giorno dopo in fondo al fiume, le foto del suo cadavere verranno mostrate dalla madre una volta riottenuta e riconosciuta la salma del ragazzo.

Foto reale
Mamie, per poter riuscire a sopravvivere al dolore che sta provando, ricerca giustizia. Lei che, quando aveva sentito notizie simili riguardanti altri individui, non si era curata del fatto; adesso ha la necessità di battersi per dei semplici diritti umani. Il figlio, infatti, è stato picchiato e ucciso per ragioni razziali.

La narrazione, grazie alla sapiente regia e all’interpretazione della sua protagonista, si connota di modernità e attualità. Il modo con cui la regista Chinoney Chukwu riesce a osservare e portare in scena il dolore intimo di una madre colpisce dritto in faccia il suo spettatore. La forza di questo dramma in costume è data dalla sua brutalità. La telecamera non ci risparmia la visione nuda e cruda del corpo del ragazzo, esattamente come non risparmia la violenza seppur conservandone l’alone di intimità. Possiamo quasi parlare di un senso del pudore, per una storia che necessita i suoi riflettori esattamente come il suo oblio. Un perfetto gioco di equilibri reso intenso dalle lacrime versate da Danielle Deadwyler.

La sceneggiatura riesce a indugiare su un fenomeno che è sistemico attraverso poche linee. Emblematica è la frase di giustifica dello zio di Emmett: “Non erano solo due uomini con una pistola, quella notte”, denunciando così un sistema corrotto. Del resto, i due uomini per tutta la loro vita non si mostrarono mai pentiti di quanto fatto; al contrario, nel corso del tempo lamentarono il fatto di non esser stati pagati abbastanza per ammettere ai giornali il loro atto. “Non erano solo due uomini”, ma con loro c’era tutto un paese che non li avrebbe mai giudicati colpevoli, infatti furono assolti. Due uomini giudicati da altri uomini esattamente uguali a loro, non solo per il colore della pelle, ma anche per il pensiero.

Frasi, gesti, inquadrature, si fanno potenti perché cadenzate in un ritmo preciso e costante. Till porta alla memoria eventi non noti al grande pubblico internazionale. Polvere sotto un tappeto che deve essere spostato.

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