mercoledì 12 luglio 2023

#TheBeatles: Octopus's Garden

Nessun errore grammaticale, il titolo della canzone è questo e ce lo teniamo. E per ridere, vi citiamo un discorso tra Frè e Silvia:

Frè: Ma come parlavano quei quattro ad Amburgo? Già inglese? L’inglese era già così conosciuto?
Silvia: Beh, Paul ha detto che parlavano tedesco perché lui lo sa parlare.
Frè: Come sa parlare l’inglese?

Comunque, oggi vi parliamo di Octopus’s Garden una canzone dei Beatles scritta da Ringo. E no, non stiamo scherzando, è proprio scritta da Ringo, con l’aiuto di George Harrison. Quest’ultimo la definì molto profonda, aggiungendo che Ringo sapeva scrivere “canzoni cosmiche” senza rendersene conto.

Il brano esce nel 1969, nell’album Abbey Road e col senno di poi, dopo aver visto anche il docu-film Get Back, siamo molto d’accordo con George. 
I'd like to be
(Mi piacerebbe stare)
under the sea
(sotto il mare)
in an octopus' garden
(nel giardino di un calamaro)
in the shade.
(all’ombra.)

He'd let us in
(Ci avrebbe fatto entrare)
knows where we've been
(sapendo da dove arriviamo)
in his octopus' garden
(nel suo giardino)
in the shade.
(all’ombra.)

I'd ask my friends
(chiederei ai miei amici)
to come and see
(di venire e vedere)
an octopus' garden
(il giardino di un calamaro)
with me.
(con me.)

Effettivamente il tutto potrebbe sembrare privo di senso, ma andiamo a vedere prima l’origine della canzone.     

Nell’estate del 1968 Ringo è in vacanza in Sardegna, assieme all’attore Peter Sellers.
Ora, immaginatevi la scena: siete un cameriere o un cuoco italiano di fine anni Sessanta, forse all’inizio della vostra carriera; servite Ringo Starr e Peter Sellers. Vi chiedete cosa ordineranno mai, partite già in quarta con le migliori ricette per far conoscere il Bel Paese (ricordiamo che erano gli anni Sessanta e che all’estero poco si sapeva di noi) e poi arriva il loro agognato ordine: per pranzo vogliono fish and chips. Il mondo vi crolla addosso, a ragione. Ma voi siete un cameriere o un cuoco italiano, probabilmente a inizio carriera, proprio non vi va giù che sotto il sole della Sardegna due tizi inglesi ordinino del misero fish and chips, così il lampo di genio: “Servirò loro l’insalata di calamaro, altroché”.
L’equipaggio vi applaude, la notizia arriva fino al capitano della nave che, ammirato da tale coraggio, decide di prendere la palla al balzo e raccontare ai due la vita dei calamari: loro vivono in fondo al mare e passano il tempo a raccogliere pietre o qualsiasi oggetto brillante, e accumularli in una tana che col tempo somiglia a un vero e proprio giardino marino. Questa scena rimarrà impressa nella mente di Ringo.

Finiscono le vacanze, ora non siete più il cameriere o il cuoco, ma Ringo Starr. Tornate a lavoro e vi attende un clima surreale: il gruppo è diviso, ognuno pensa a sé, le interazioni tra John e Paul da affiatate si fanno flebili e nessuno riesce a mettere in riga l’altro. Sai che si sta per sgretolare tutto quanto, ma allo stesso tempo non hai idea di come riparare al danno di un rapporto lavorativo e d’amicizia che va finendo.

Ed ecco che ti ritorna in mente l’immagine del calamaro che indisturbato costruisce il suo giardino splendente negli abissi del mare. È lontano dal caos del mondo, i suoi movimenti lenti gli assicurano pace e felicità. Ringo vorrebbe andare lì con lui, allontanarsi dalle liti, dalla pressione dei giornalisti che attendono un passo falso come il gol che chiude la partita, e quella partita è la finale dei mondiali. Meglio se stravinci contro la Francia.

Continua la sua fantasticheria ed ecco che in quel giardino lui non è solo, porta con sé anche i suoi amici e chi potrebbero mai essere questi amici che l’inconscio di Ringo vuole con sé? Ovviamente John, Paul e George.

We would be warm
(Staremmo al caldo)
below the storm
(sotto la tempesta)
in our little hideaway
(nel nostro piccolo rifugio)
beneath the waves.
(sotto le onde.)

Resting our head
(Poggeremmo la nostra testa)
on the seabed
(su un letto marino)
in an octopus' garden
(nel giardino di un calamaro)
near a cave.
(vicino a una grotta.)

We would sing
(Canteremmo)
and dance around
(e balleremmo lì attorno)
because we know
(perché sapremmo)
we can't be found.
(che non possiamo essere trovati.)

La prima immagine evocate è quella dello stare al riparo, al caldo sotto una tempesta. Come abbiamo scritto prima, appunto, lontani da tutte le pressioni sociali da parte della stampa, lontani dalle orde di fan ossessionati. “Che il mondo faccia quello che vuole, mentre noi stiamo in compagnia del nostro amico calamaro”, sembra dire Ringo mentre si figura a riposarsi su di un letto marino.


Sapendo che non possono essere trovati, ecco che i quattro canterebbero e ballerebbero con assoluta spontaneità e libertà, senza alcun vincolo e giudizio (sì, anche noi stiamo pensando alla McLennon); sarebbero semplicemente loro stessi e questo potrebbe far loro ritrovare la gioia di vivere la musica, la loro vita e la loro carriera proprio come quando avevano quindici/vent’anni.

 We would shout
(Grideremmo)
and swim about
(e nuoteremmo attorno)
the coral that lies
(al corallo che giace)
beneath the waves.
(sotto le onde.)

Oh what joy
(Oh che gioia)
for every girl and boy
(per ogni ragazza e ragazzo)
knowing they're happy
(sapere che sono felici)
and they're safe.
(e al sicuro.)

We would be so happy
(Saremmo così felici)
you and me
(io e te)
no one there to tell us
(nessuno ci direbbe)
what to do.
(cosa fare.)

Il testo, certamente semplice e fantasioso, è stato spesso etichettato come “brano per bambini”, ma questo accade se non si vuole scavare nel profondo dei versi. Tutta l’ultima parte, infatti, è una continua descrizione di uno stato di assoluta libertà scaturito dal fatto che i quattro sono lontani dai loro doveri. Arrivare alla vetta dà sì molti privilegi, ma gli oneri sono altrettanti, se non doppi.
Non esiste più la privacy, non esiste più un momento di vera intimità – ricordiamo che persino nel loro ritiro in India erano seguiti dai giornalisti – e questo non fa altro che spegnere la propria fiamma interiore.     
L’hai voluto tu”, potrebbe rispondere un cinico e forse dall’alto della nostra freddezza potremmo pure dargli ragione, ma fortunatamente abbiamo ancora un briciolo di empatia che ci porta a considerare che la fama e il successo aiutano soprattutto chi sta all’ascolto.
Quante volte abbiamo fatto in modo che una canzone, un libro, un film, una serie tv, un dipinto… diventasse la nostra ancora di salvezza? Il nostro fanale nei momenti bui, il nostro appiglio per prendere forza e spingerci in alto dopo una caduta? Un modo per ringraziare l’artista in questione è anche quello di lasciare che abbia i suoi momenti lontano da tutti e da tutto, proprio per potersi ricaricare e tornare a dare quanto più amore possibile.

Tutto questo è mancato ai Beatles che in undici anni di lavoro senza sosta hanno avuto veramente poco tempo per riposarsi e prendere fiato. Ad Amburgo suonavano anche otto ore di fila a serata, poi il successo internazionale, i due album usciti all’anno, i concerti, i film, le trasmissioni televisive… tutti questi impegni hanno contribuito a far divenire l’ambiente sempre più ostico, dimenticando chi erano e di conseguenza i forti sentimenti che li legavano.

Ringo l’aveva forse capito prima di tutti, seppur inconsciamente, e sognava solo un mondo marino dove potevano ritirarsi solo un po’.

Nessun commento:

Posta un commento