mercoledì 10 febbraio 2021

#Arte: I Concetti Spaziali di Lucio Fontana

Questo lo sapreste fare anche voi, lo sappiamo già.
Il punto è che, come più che giustamente dice Jesse Eisenberg nei panni di Mark Zuckerberg in The Social Network (2010): "Se voi foste gli inventori di Facebook, avreste inventato Facebook", o se proprio vogliamo citare un grande della storia dell'arte che parlò proprio dei tagli di Fontana, Bruno Munari (1907-1998) affermò che: "Quando qualcuno dice: ‘Questo lo so fare anch'io’, vuol dire che lo sa rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima".

La verità è che un gesto così semplice come tagliare una tela fa arrabbiare in molti nel profondo; non si riesce ad accettare di non essere in grado di creare cose veramente nuove, di non saper fare la rivoluzione con la semplicità.
E forse è proprio per questo che in molti non riescono a concepire l'arte moderna in generale come arte: per la rivoluzione che porta con sé.
"Il buco è l’inizio di una scultura nello spazio. I miei non sono quadri, sono concetti d’arte."

Lucio Fontana nasce il 19 Febbraio 1899, a Rosario de Santa Fé, in Argentina, da padre italiano - di origini varesine - e madre argentina.
Studiò all’Istituto Tecnico Carlo Cattaneo e contemporaneamente al Liceo Artistico dell’Accademia di Brera e cominciò la sua attività artistica nel 1921 lavorando nell'officina di scultura del padre; proprio durante quegli anni, nel 1925, creò la sua prima opera, Melodias.

I famosissimi Concetti Spaziali di Fontana videro la luce per la prima volta nel 1949 e, come ben sappiamo, sono una sequenza di tele o supporti di vario tipo composti da uno o più tagli - o buchi - in cui l'artista volle mettere lo spazio reale al primo posto e, per la prima volta nella stoia dell'arte, mettere in discussione la bidimensionalità della tela e del dipinto.
Sono questi i concetti base dello Spazialismo, movimento artistico fondato proprio da lui.

Si potrebbe tranquillamente pensare che dietro ai suoi squarci sulla tela non ci sia niente, se non pura casualità e irrazionalità.
Quello che sorprende sempre è sapere che in realtà Fontana, prima di passare all'azione, si concentrava intensamente davanti alle sue tele.

"Conta l'idea, basta un taglio"

Ebbene, ma quando parliamo di "mettere in discussione la bidimensionalità della tela" cosa intendiamo? Rifiutava di adottare metodi che lui stesso considerava esauriti; bucando la tela - che è la base della pittura - Fontana creava dimensioni infinite, squarci che, per quanto sembrino distruttivi, non lo sono. Sarebbe troppo facile se fosse così, lo sappiamo tutti.
Così come d'altronde sappiamo che dietro ai gesti banali c'è un'idea ben poco banale.

E così, proprio perché alla base non c'è un'idea banale, quelli che noi chiamiamo squarci in realtà sono varchi, portali che si affacciano sull'ignoto, sì, ma anche sull'infinito.
Varchi che Fontana apriva per vedere oltre, un "oltre" che lui non conosce, e nemmeno noi.
A Fontana, ancor più che a tantissimi altri artisti moderni e contemporanei, non interessa dare risposte.
Quello che a lui interessa è farsi delle domande e farci fare delle domande.
Che cosa c'è oltre?

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