lunedì 15 febbraio 2021

#StorieRomane: Il Carnevale di Roma

Non tutti sanno che il Carnevale è sempre stato molto sentito a Roma. La sua origine, infatti, riprende i riti dei Saturnali romani e la città attendeva la settimana precedente alla Quaresima con estrema euforia.

“Così, giorno dopo giorno, l’attesa si alimenta e si rinfocola finché, poco dopo mezzodì, una campana del Campidoglio dà il segnale che sotto la volta del cielo tutti possono abbandonarsi alla follia. Questo è il momento in cui il severo cittadino romano, che per tutto l’anno s’è ben guardato dal compiere passi falsi, depone istantaneamente la sua gravità e la sua moderazione”

Con queste parole di Goethe, tratte da "Viaggio in Italia" del 1788, riusciamo a capire il motivo per cui ogni romano attendeva il periodo del Carnevale, e anche perché esso fu abolito nel 1874. Roma si dipingeva di colori, maschere e luci. Per tutta la città c’erano grida, festeggiamenti, tumulti… Ognuno era libero di fare quello che voleva, quasi senza subire alcuna conseguenza.

Dal X secolo i festeggiamenti si tenevano sul monte Testaccio, come succedeva per i Saturnali. Dalla metà del XV secolo si decise di spostarli in via Lata (oggi Via del Corso). Le attrazioni principali erano due: la festa dei moccoletti e la corsa dei barberi.

La prima era una sorta di gara, un gioco collettivo di Carnevale. I partecipanti dovevano essere tutti rigorosamente in maschera e avere con sé una candela accesa, in romanesco “moccoletto”. L’obiettivo del gioco era quello di tenere il proprio moccoletto acceso, e di spegnere quello degli altri. Chi lo aveva spento doveva togliersi la maschera. La festa non era solo questo, ovviamente. Grazie all’atmosfera di gioco e alle maschere che celavano l’identità delle persone, in questo giorno erano alti i furti, gli accoltellamenti, i tradimenti e gli scherzi crudeli.

La seconda consisteva nel raggruppare dei cavalli a piazza del Popolo, sotto l’Obelisco. I barbareschi (stallieri) avevano il compito di infastidirli il più possibile, fino a farli quasi impazzire. All’inizio della gara, preceduta da spari a salve, i cavalli venivano lanciati lungo via del Corso, fino a piazza Venezia, dove gli stessi barbareschi dovevano cercare di catturarli. Ovviamente dovete immaginare scene cruente, ma che fomentavano la folla in delirio. Cittadini e turisti si godevano lo spettacolo dai balconi, dalle tribune allestite per l’occasione, o dalle pendici del Pincio.


Dopo l’ennesima morte di un ragazzo, Vittorio Emanuele II decise di abolire per sempre questo evento, che essendo il più sentito e il più importante, segnò anche la fine del Carnevale romano.

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