mercoledì 3 febbraio 2021

#Libri: Il mio anno di riposo e oblio

"Il mio anno di riposo e oblio" tradotto dal titolo inglese "My year of rest and relaxation", è il piccolo capolavoro - di sole 231 pagine - della scrittrice statunitense Ottessa Moshfegh.

Il libro, uscito nel 2018 e considerato il libro più bello dell'anno dall'Entertainment Weekly, parla di una ragazza che dorme per un anno.
Non stiamo scherzando.
Eppure, nonostante nel libro si parli praticamente solo dell'esperimento d'ibernazione fisica e mentale della protagonista (di cui non sapremo mai il nome) e nonostante sia molto facile iniziare questo libro impregnati fino alla punta dei capelli di pregiudizi e preconcetti, vi assicuriamo che la lettura non risulta mai pesante né scontata.
Partiamo da un punto fondamentale di questo libro: la Protagonista è decisamente antipatica e difficile da amare.
Ha ventisette anni, è snob, superficiale, ricca, laureata alla Columbia e molto bella.
Vive nell'Upper East Side - Manhattan - a New York, ha un lavoro di cui non ha assolutamente bisogno e che tiene per puro sfizio, sembra disprezzare tutti: il suo capo, il suo fidanzato, la sua migliore amica, i suoi defunti genitori, la società.
C'è proprio poco da dire, insomma.
È antipatica.
È antipatica nonostante il suo carattere distaccato, freddo e menefreghista, sia giustificato dalla sua storia e dai suoi genitori; è la classica persona che sì, ha l'aggravante, ma comunque l'indole odiosa ce l'ha di suo.

"Mi piaceva pensare di aver scelto la dottoressa Tuttle per caso, che ci fosse qualcosa di predestinato nella nostra relazione, di divino in un certo senso, ma in verità era stata l’unica psichiatra a rispondere al telefono alle undici di sera in un martedì."

Il suo processo di ibernazione però non è affatto solo un teatrino messo in piedi per noia o impertinenza, la Protagonista prova sul serio un senso di vuoto dentro che non si spiega e non ci spiega ed è per questo che, convinta che solo il sonno profondo potrà farla guarire, si rivolgerà alla dottoressa Tuttle, una psichiatra. La peggiore che New York possa offrire all'alba dei primi anni 2000, anno in cui è ambientato il romanzo.
Quest'ultima non si farà alcun tipo di problema a prescrivere alla Protagonista psicofarmaci di ogni tipo - Ambien, Rozerem, Ativan, Xanax, Valium, Nembutal, Solfoton e trazodone sono solo alcuni dei nomi di farmaci che vengono citati nel libro - esattamente come la giovane ragazza non si farà alcun problema a mentire spudoratamente e a entrare nei panni della ragazza esaurita e insonne che non è.

Passano così i primi sei mesi della ragazza: tra vuoti di memoria, sonni profondi che sembrano infiniti, flashback vari, dormiveglia riempiti dai film di Whoopy Goldberg e da Reva (l'insicura, fragile, bulimica, bisognosa d'affetto migliore amica della Protagonista), che proverà invano a farla ragionare e a farle cambiare idea.
La svolta, quella vera, arriverà quando la dottoressa Tuttle le prescriverà l'Infermiterol (medicinale inventato dalla Moshfegh), in grado di far avere blackout lunghi tre giorni.
Sarà proprio grazie a questo medicinale (l'unico che la protagonista prenderà negli ultimi sei mesi di esperimento), che la ragazza riuscirà a raggiungere il suo scopo principale: resettare il suo cervello e svegliarsi come una persona diversa.
Forse non migliore, ok, ma sicuramente diversa.

"Eccola, un essere umano che si tuffa nell'ignoto, ed è perfettamente sveglia."

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