mercoledì 12 maggio 2021

#Marvel: The Falcon e l'identità

La fase 4 dell'MCU sta velocemente decollando. I titoli, in attesa della sala, sono parecchi, ma aspettando nel mentre il palinsesto di Disney+ si sta riempiendo di piccole chicche seriali. Il sapore, come vi avevamo già detto per Wandavision, è un po' vintage: la pubblicazione di una puntata a settimana ha rinnovato quel lento piacere della visione. Oggi, noi di 4Muses, siamo qui per potervi parlare di "The Falcon and The Winter Soldier" serie tv che recupera le vicende dei due supereroi alle prese con le responsabilità post Captain America. 
Partiamo subito col cercare di stabile una datazione storica degli eventi che si susseguono all'indomani dello scontro avvenuto in Endgame, la pellicola che ha concluso la fase 3 di questo universo. 

Endgame
Wandavision
Spiderman Far From Home

Dopo 6 mesi dalla morte di Thanos, 2 mesi prima di ciò che accade in "Spiderman Far From Home" e 5 mesi dopo quello che accade durante Wandavision; i nostri Avengers hanno una pesante eredità da dover raccogliere. 


La serie è composta da sei puntate, per un totale di circa 6 ore di visione (più il minutaggio delle due post-credits). Uno stand alone, in un certo senso, che ha un unico obbiettivo: l'elaborazione delle perdite vissute in Endgame. Questa fase si è, dunque, aperta con diversi processi di espiazione; cosa che sentimentalmente ha coinvolto anche noi fan affezionati a quei personaggi immaginari. 
Peter ha preso Jarvis, Wanda ha preso coscienza del suo dolore e dei suoi poteri, Sam e Bucky dovevano capire come poter vivere uno una nuova responsabilità e il secondo come vivere senza il suo punto di riferimento. In questo macro quadro, infatti, tutti i personaggi sono stati approfonditi e dotati di una connotazione emotiva molto più forte e principale al contrario di quanto avvenuto in film in cui erano contro parti o parti secondarie e a margine.


Falcon e il Soldato d'Inverno nascono insieme a Captain America: sia sotto forma editoriale, ma anche nel contesto filmico. Bucky c’era da prima, ma entrambi sono: uno il nemico e l’altro la momentanea spalla nel film "Il Soldato d'Inverno". Figure che hanno un’emotività strettamente collegata a Steve Rogers, personaggio che era doveroso approfondire proprio in questo contesto, considerate le tempistiche dalla sua scomparsa.

Avevamo lasciato Cap anziano, non morto.

Ovvio e comprensibile resta il fatto che tale mancanza sia legata a tutta una serie di motivazioni anche economico-produttive, ma è davvero assurdo il fatto che davanti alle difficoltà e ai pensieri che entrambi i personaggi hanno fin dall’inizio di questa serie, non ci sia un Cap anziano pronto a guidarli per sorreggere il peso dello scudo. 

Non manca un’amico, manca una guida... 

Una guida che sta sulla luna a quanto pare. Ma sta davvero sulla luna o abbiamo semplicemente procrastinato il suo ritorno? 
Sappiamo di dover aspettare per poter avere risposta a tale domanda. 

Ciò che sicuramente questa serie è riuscita a fare è una cosa a noi tanto cara: il riuscire a riadattare storie provenienti da un tempo passato dimostrando quanto siano invecchiate bene. Ci riferiamo, in particolare, al modo con cui certe tematiche sociali siano state inserite in questa serie perchè adatte a ciò che si voleva raccontare. La narrazione, così facendo, riesce a concentrarsi sul concetto di identità e del peso che essa molto spesso porta con sé. Basti pensare a Pirandello, col suo "Il fu Mattia Pascal" o, se non vi dovesse piacere la letteratura e voleste ricorrere alla sociologia, lo stesso Goffman con i suoi studi sull'identità sociale. Si parla di eroi, è vero; super, tal volta, che però vengono resi tanto umani quanto a nudo sono messi i loro pensieri e loro fragilità. E, sull'onda del BLM, non si può fare a meno di notare quanto complicato sia gestire la ridefinizione di un simbolo e dello stereotipo che lo accompagna. 
In questa serie si ha avuto modo di ri-scrivere un mito, demolendo il luogo comune. Disgregando lo stereotipo del salvatore della patria biondo con gli occhi azzurri, dando però al lettore di fumetti quello che si aspettava. Il passaggio dello scudo, infatti, era una cosa doverosa. Un elemento che a livello editoriale fu davvero sconvolgente e segnava quanto avanti fosse Stan Lee con la sua produzione e con la sua visione del mondo.

Era il 1969 quando ebbe inizio la storia editoriale di Falcon, 3 anni prima c’era stato Black Panthern, alla quale va il primato dell’essere il primo supereroe nero. Falcon, però, resta il primo afro-americano in ogni caso. E fu anche il primo super eroe a non avere la specifica “black”, una distinzione che nella serie invece è stata aggiunta proprio per poter isolare il soggetto davanti a una comunità che non lo ritiene suo membro. Paradossale, no? La comunità afro-discendente non riconosce come proprio eroe Falcon, nonostante egli pensi di battersi per la sua gente. La stessa gente che lo considera come qualcosa di distante da sé. Una definizione, dunque, che avviene nel modo più semiotico possibile: Lui è come viene chiamato, ma allo stesso tempo la sua identità viene scandita da ciò che non è. Non è un uomo qualunque, ma allo stesso tempo è al di sopra degli altri. 
Quante volte l’avete sentito chiamare Black Falcon in sole sei puntate?

Tutto questo nacque proprio perchè negli anni ‘60, in periodo Vietnam per intenderci, Sten Lee, creatore della casa Marvel, si era prefissato l’idea di parlare dei diritti civili inserendoli e contestualizzandoli nelle storie a fumetti che sceneggiava. Dal 71 al 78 le testata stessa assunse il nome di Captain America and the Falcon. La cosa bella è che Falcon ha vestito panni di Cap, nella linea editoriale, in un periodo nella quale Steve Rogers viene erroneamente considerato morto... (a buon intenditore poche parole).

Connotando, però, Sam della responsabilità dell’essere Captain America sono stati in grado di dare un nuovo tipo di significato a quello scudo. Una narrazione che diviene in grado di arrivare a quante più persone possibile, complice anche la storia del super soldato dimenticato sulla quale sono stati svolti ulteriori esperimenti, al contrario di quanto sia avvenuto con Steve. 
Qua, infatti, in pochi minuti, senza troppa retorica, è stata ricordata e messa sotto i riflettori la storia di un popolo; una storia che dovrebbe arrivare a quante più persone possibile per poter cambiare i fatti che oggi giorno ancora capitano.

Qui non vi era la necessità di creare un eroe nuovo. La Marvel non si doveva inventare un personaggio nuovo per farlo poi vestire a Sam.
Qui c’era bisogno di una riscrittura di Cap, c'era bisogno di un nuovo Capitano che fosse in grado di connotare di diversità il simbolo della bandiera americana. Le parole che vengono usate nei discorsi tra i soldati come, ad esempio, quelle tra Sam e l’anziano super soldato hanno incentrato il discorso proprio su questa connotazione. La serie si apre con il discorso di Sam che deposita lo scudo, sostenendo proprio quanto i simboli debbano essere in grado di rappresentare la società nella quale prendono forma. 

Nonostante la serie porti in scena altre dinamiche, quella dell'identità resta una cosa ben visibile e tangibile. Potremmo parlarne assumendo il punto di vista di Bucky, analizzando la sua redenzione, ma ci siamo dilungate anche fin troppo. La concentrazione sul nuovo Cap era praticamente d'obbligo in attesa che gli affari lunari vengano esplicitati. 

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