mercoledì 5 maggio 2021

#Arte: Clizia

Apollo, si sa, nella cultura greca e romana era a capo delle Muse e noi oggi vogliamo parlarvi di un quadro strettamente legato al dio del Sole: Clizia, dipinto da Louis Welden Hawkins, un pittore francese simbolista. Il simbolismo è una corrente di pensiero sviluppatasi in Francia dedicata a un pubblico colto e sensibile, nato con lo scopo di superare la visione dell’impressionismo in senso spirituale, cercando di trovare una corrispondenza tra mondo oggettivo e sensazioni soggettive.

Louis Welden Hawkins nacque a Stoccarda nel 1849, ma trascorse tutta la sua vita in Francia, motivo per cui nel 1895 ottenne la cittadinanza francese. Figlio di un ufficiale di marina e di una baronessa austriaca, si ritrovò costretto a rompere i rapporti con la famiglia e a trasferirsi per non dover intraprendere la carriera militare, a cui era destinato. Si trasferì a Parigi nel 1873 ed entrò nell’Académie Julian, dove studiò arte e già nel 1881 cominciò a esporre le sue opere al "Salon des Artistes français" ottenendo un notevole successo e anche delle proposte di acquisto delle sue opere da parte dello Stato, che però rifiutò.

Si avvicinò ai simbolisti della Rose- Croix e strinse rapporti con artisti come Robert de Montesquiou e Stéphane Mallarmé. Cresciuto in piena epoca vittoriana, Hawkins dipinse molte figure femminili incarnando bene lo stile dei preraffaelliti, che avevano lo scopo di riportare in auge usi e costumi di un passato nostalgico, con rappresentazioni di scene bibliche, fiabesche o legate al mito. Dello stesso stile fa parte anche l’opera “Ophelia” di John Everett Millais.

E ora veniamo a noi, a Clizia. La sua favola viene raccontata nell’opera di Ovidio nel IV libro delle Metamorfosi.

Questa ninfa, figlia di Oceano e Tethi, era l’amante del dio Apollo. La divinità, però, si trovò a subire le ire di Venere perché aveva rivelato il suo amore clandestino con Marte. Per ripicca, lo fece innamorare perdutamente di una mortale: Leucotoe, figlia bellissima del re Orcamo e di Eurinome. Questo amore travolgente, lo spinse a mettere da parte Clizia, infatti la abbandonò. C’era, però, un problema: come riuscire ad avvicinare la mortale senza incorrere nelle ire del padre? Le divinità erano solite cambiare aspetto e, per riuscire a conquistare la donna amata, si trasformò nella madre di Leucotoe. Entrato nella stanza dove stava tessendo con le ancelle, riuscì a rimanere solo con la fanciulla e a sedurla. Clizia, perdutamente innamorata di Apollo, per vendicarsi rivelò il segreto al padre della giovane, che la punì seppellendola viva.
L’aveva presa bene, insomma.
A nulla valse la forza dei raggi del sole per farla resuscitare, così Apollo la trasformò in una pianta di incenso, così che sarebbe riuscita comunque a raggiungere il cielo. Quando il dio scoprì quello che Clizia aveva fatto, ruppe ogni rapporto con lei. In preda al dolore, la ninfa iniziò a consumarsi, nutrendosi di rugiada e lacrime mentre nuda seguiva con lo sguardo il viaggio del sole lungo l’arcata del cielo. Apollo, impietositosi, la trasformò in un fiore in grado di cambiare inclinazione a seconda del movimento del sole: il girasole, appunto (anche se inizialmente era un fiore viola, identificato come la calendula, ma i pittori identificarono poi la ninfa con il girasole). Clizia, in greco, significa dopotutto “colei che si inclina”, esattamente come fa questo fiore estivo.

La Clizia rappresentata da Hawkins racchiude dolore e sensualità. La raffigura di spalle, con lo sguardo basso, malgrado il corpo nudo e il dito appoggiato maliziosamente alla bocca facciano riferimento alla maliziosità del gesto, come se sperasse ancora che la divinità cambi idea sul suo conto. I girasoli, che le fanno da cornice, rimandano al dolore per Apollo, al mal d’amore e alla solitudine a cui si trovò a dover fare i conti, ma anche alla trasformazione ormai prossima. Malgrado questo fiore nacque dal dolore, il girasole è simbolo di vita, dedizione e longevità, tutte qualità che aveva Clizia prima che la sua gelosia la portasse a una lenta agonia. I tratti delicati e l’aria eterea della figura femminile la fanno sembrare fuori dal tempo, ispirando calma ma anche richiedendo attenzioni, anche se non propriamente quelle nostre.


Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell’Altro e si distrugga
in Lui, per tutti.
[Montale E., La primavera hitleriana]







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