mercoledì 3 marzo 2021

#MustToRead: Il Settimo Giorno

I libri degli autori asiatici hanno un carattere molto più spirituale rispetto a quelli dell’occidente. Lo abbiamo visto con “Un’estate con la strega dell’Ovest” di Kaho Nashiki e con “Kitchen” di Banana Yoshimoto. Oggi vogliamo parlarvi dell’opera di quello che viene considerato uno degli autori più influenti della Cina contemporanea, Yu Hua, del suo libro “Il settimo giorno”, edito da Feltrinelli.

È una nebbiosa mattina quando Yang Fei riceve una misteriosa chiamata: è in ritardo per la sua cremazione. Ma il nostro protagonista non ha l’abito adatto per il suo primo giorno da morto, né tantomeno una tomba per il riposo eterno perché nessuno gli è rimasto al mondo in grado di comprargliela. Non potendo passare oltre, il giovane inizia il suo viaggio, cercando di ricordare quali sono stati i suoi ultimi pensieri da vivo e cosa l’abbia trascinato nel mondo dei più. Yang Fei,vagando per le strade dell’Aldilà che sembrano costruirsi al suo passaggio, incontra diverse persone che hanno avuto un qualche impatto sulla sua vita, persone care che in sette giorni racconteranno la loro storia e la loro dipartita, senza rancore e senza più ansie, perché ormai l’Inferno – che loro indicano come l’Aldiquà – l’hanno già superato.

Quello che mette in luce Yang Fei nel suo viaggio karmatico è il senso di benessere ma anche di distacco dai problemi terreni. Ci viene raccontata la storia di una Cina attuale, quella del XXI secolo, dove il capitalismo e la corruzione la fanno da padroni. Gli insabbiamenti sembrano essere all’ordine del giorno, senza alcuna preoccupazione per la vita umana. E così i genitori di un’alunna di Yang Fei vengono schiacciati mentre una gru fa a pezzi il loro palazzo, decine di bambini e feti vengono scaricati in mare per la rigida politica del figlio singolo, giovani innamorati si affidano alle cure di strozzini per l’espianto di organi così da avere dei soldi per una degna sepoltura. Yang Fei viene a sapere delle storie del popolo silenzioso, di quelli che vivono come formiche in bunker antiatomici, senza luce e come divisore tra una famiglia e l’altra c’è solo la tenda. Tra ricordi di tangenti, malasanità, critiche sociali e politiche, Yang Fei scruta il popolo dei “senza sepoltura” alla ricerca del padre, scomparso nel silenzio poco tempo prima. Nel rapporto tra i due, il nostro protagonista racconta il forte legame che li univa, tra un padre che diventa tale quando trova un ragazzino appena nato da solo, lungo i binari del treno, ma anche dell’uomo che si nega nella sua totalità in funzione della nuova generazione e che porta per sempre dentro di sé un logorante senso di colpa che lo accompagna fino alla morte e anche oltre.

La morte raccontata in questo libro annienta le disuguaglianze sociali: chi prima era poliziotto diventa amico del bandito, la donna che lo cresce come una madre diventa la mamma dei 27 bambini morti in ospedale e le persone che muoiono nell’incendio di un centro commerciale si stringono gli uni agli altri, vivendo come una comunità. Il senso dell’avere scompare, impallidisce di fronte alle relazioni umane. Non c’è dolore, non c’è pianto, solo amore e pace che accompagna quelli che sono relegati a vivere in una sorta di Paradiso perché privi di tomba. Non c’è neanche risentimento o invidia per chi, dopo aver raccontato la sua storia, finalmente può essere cremato per passare oltre. Così i morti diventano come levatrici che, in simbiosi, lavano il corpo del neodefunto, perché possa passare oltre. Si tratta di una donna e gli altri morti la aiutano a crearsi l’abito giusto per la cremazione, come se fosse in procinto di sposarsi. Il traguardo di uno non viene visto con rabbia da nessuno.

Malgrado ne “Il Settimo Giorno” si parli di morte, questo romanzo, di neanche 190 pagine, è un forte inno alla vita, alla semplicità dell’amore, dove i veri vivi sono quelli che vivono in quella necropoli verdeggiante dell’Aldilà e che guardano alla vita senza rimpianti o amarezze, perché alla fine tutto è andato come doveva andare. Yu Hua dipinge un quadro delicato in cui si contrappone la crudeltà al calore umano, analizzando le profondità di relazioni umane vere e proprie.

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