sabato 10 settembre 2022

#Anime: Principessa Mononoke

Netflix è una grande risorsa per quanto riguarda la fruizione dei prodotti. Alterna nuovi a vecchi e noi non manchiamo, di tanto in tanto, di fare dei rewatch che ci permettono di riguardare film, serie tv o anime in una chiave diversa, più adulta. È il caso di “Princess Mononoke” (titolo italianizzato nel 2014 come Principessa Mononoke), un film d’animazione dello Studio Ghibli del 1997, scritto e diretto da Hayao Miyazaki (come per “Il Castello errante di Howl” del 2004). Anche se è un anime di venticinque anni fa, tratta della difficile tematica dell’uomo contro la natura, attuale più che mai. Di tutti i film d’animazione dello Studio Ghibli, questo è forse il più cruento, come se fosse una favola per un pubblico più adulto, ma che per la rivista Empire rientra nella classifica come uno dei “cinquecento migliori film della storia”.

Il film d’animazione è ambientato nel Giappone del periodo Muromachi (tra il 1336 al 1573) e comincia nel villaggio degli Emish (un popolo che anticamente viveva nell’isola giapponese di Hoshu) con un gigantesco spirito cinghiale adirato e trasformato in demone che cerca di attaccare la popolazione. Il principe Ashitaka, non riuscendo a placare la sua ira, lo uccide, ma nello scontro rimane ferito dalla stessa maledizione che, come una piaga, dal braccio si propagherà in tutto il corpo per poi ucciderlo. Nei resti della bestia, trovano una piccola palla di ferro, probabilmente la causa della sua ira funesta. Il principe è così costretto a lasciare il suo villaggio in groppa al suo stambecco e partire alla ricerca di una cura. 

Nel suo viaggio incontra un monaco che è alla ricerca del Dio della Foresta e degli uomini in fin di vita, proveniente dalla Città di Ferro. Nel cercare di riportare i feriti a casa, è costretto a fare il percorso più breve attraverso un fitto bosco e Ashitaka si lascia guidare dai Kodama (spiriti della foresta), finché non scorge una ragazza in compagnia di due lupi: San, detta Mononoke (nome dato agli spiriti vendicativi) o ragazza lupo, con un profondo odio verso il genere umano. Portati in salvo i feriti alla Città, Ashitaka conosce Eboshi, la padrona del posto, che per estrarre il ferro si spinge fino a zone che sono delle divinità presenti nella foresta. È stata lei a colpire il Dio-Cinghiale di inizio film, rendendolo demoniaco. Poco più tardi, quello stesso giorno, San penetra nel villaggio e prova a uccidere la donna, ma Ashitaka ferma lo scontro e porta lontano da quel posto la ragazza lupo, dopo aver scoperto che la maledizione gli conferisce una forza sovrumana e corrosiva. Colpito mortalmente, il giovane si accascia a terra e San per sdebitarsi lo porta al cospetto del Dio della Foresta che lo cura, ma non rimuove la maledizione. Intanto nel bosco arriva anche il Dio-Cinghiale Okkoto che è stanco dei soprusi degli umani e si prepara a un attacco frontale. Lo scontro tra uomini e natura è ormai alle porte.

La trama è molto fitta e lunga e non aggiungeremo altro per lasciarvi il piacere della visione se non avete mai visto “Principessa Mononoke”, ma è il momento di focalizzarci sugli elementi fondamentali di questo film d’animazione. Malgrado sia ambientato in un mondo “fantasy”, il parallelismo tra ieri e oggi è quanto più attuale. Nell’anime, uomini e natura non vivono più in sintonia e, anzi, il primo perpetra i propri abusi arrivando a combattere le stesse divinità della natura. Inoltre l’odio corrode tutti, umani e divinità, portando a una lenta decadenza e autodistruzione.

San ed Eboshi sono due facce della stessa medaglia: entrambe non sopportano la controparte, con la convinzione che la propria debba a tutti i costi primeggiare sull’altra. Eboshi accoglie sotto la propria ala e dà nuova vita agli storpi e ai malati, agli ultimi della piramide sociale, ma poi li impiega per costruire armi da far brandire alle donne. In questo film vi è un forte richiamo all’emancipazione femminile, perché sono loro a fare la guerra e una donna è a capo della Città. San cerca in tutti i modi di allontanarsi dagli esseri umani, anche se lo è a tutti gli effetti. Considera la sua umanità come una debolezza, qualcosa con cui non riesce a scendere a patti.

Gli umani si rivoltano contro altri umani e la natura fa lo stesso, perché Okkoto non rispetta il volere del Dio della Foresta che ha preferito Ashitaka a il loro simile, corroso dal ferro e dalla rabbia. Ma la natura si dimostrerà ben più distruttiva dell’uomo, arrivando ad avvelenare la terra e a sbriciolare qualsiasi cosa che si ponga sul suo cammino. Quando gli umani capiranno il rispetto, il ridare lo spazio alla natura, ecco che tutto tornerà a fiorire. Le due parti vanno bilanciate. La stessa natura che si presenta come un dio dalla doppia faccia, umano e bestia allo stesso tempo, come se fosse il punto di raccordo dei due pesi della bilancia che devono trovare il loro equilibrio. Equilibrio possibile se non si perpetua l’odio e la distruzione.

Il villain nella narrazione è impersonato dall’odio, dal bisogno di primeggiare l’uno sull’altro e dall’incomunicabilità. Ashitaka fa da ponte tra le due realtà che, accecate dall’odio, non riescono a coesistere. Lui, segnato da una maledizione che lo porterà ben presto alla morte, non prova odio o rancore, anzi, corre dalla città alla foresta e viceversa per salvare entrambe le fazioni. E finché è in vita, cerca di fermare l’inutile conflitto che si tradurrà in una mattanza indiscriminata. Non mancano i riferimenti alla bomba atomica, infatti la maledizione finisce per corrodere qualsiasi cosa, al pari del nucleare fuori controllo, marchiando mortalmente umani e natura.

Tra i film di Miyazaki, “Princess Mononoke” è il solo ad avere un protagonista maschile perché, seppur San sia centrale nella narrazione, tutto ruota intorno alle scelte di Ashitaka. Nonostante questo film d’animazione sia del 1997 e ambientato in un periodo simil-medievale, il messaggio ecologista è più attuale che mai, ora che ci siamo resi conto di quanto siano importanti le risorse rinnovabili e di quanta distruzione di ecosistemi ci stiamo lasciando alle spalle.

“Principessa Mononoke” è un capolavoro di Miyazaki di innegabile bellezza, perché dipinge un quadro brutalmente realistico di quanto il rispetto sia alla base della vita stessa. Se non lo avete visto, è il momento di farlo, non ve ne pentirete.

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