lunedì 24 aprile 2023

#Racconti: It didn't pass - Seconda Parte

Attenzione: questa è una fan-fiction sulla serie tv Fleabag, quindi se ne raccomanda la lettura solo a chi l’ha conclusa, per evitare eventuali spoiler.

Potete recuperare la prima parte cliccando qui.

A volte è dura accettare la realtà, anche quando sulla carta si ha tutto quello a cui ha sempre aspirato. “Presta attenzione a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo”, l’aveva letto da qualche parte, qualche anno fa. Ironia della sorte: sul momento non aveva prestato attenzione neanche alla frase, ma ciò non ferma la sua mente da ricordargliela ogni volta che suona la sveglia. E no, non quella digitale o quella del telefono a cui vorrebbe tanto tornare, no, quella del pianto di suo figlio.

Stacco. Sei del mattino. Primo piano sugli occhi sgranati. “Da quanto ti succedeva?”. Non ci pensa. James piange. “Inaspettato, vero?”. Fanculo.

Si alza infilandosi le pantofole, James torna silenzioso, probabilmente perché Matt ha fatto prima di lei. Va a controllare nella stanza, appoggiando la testa sullo stipite di legno bianco, un’accortezza a cui lei non avrebbe mai pensato, ma che Matt ha impartito per dare ancora più luce nella stanzetta dipinta di giallo, perché “Dare un colore al genere è per i genitori del passato”.
«Ormai è inutile farlo riaddormentare. Lo vesto, prepari tu la colazione?».
Lei annuisce, mandando un bacio e entrambi gli uomini della sua vita.

Scende lentamente le scale. “Inaspettato vero?” Si guarda la fede al dito. “Io moglie e madre.” Da quanto ha ripreso con questo… vizio, gioco, stranezza, “Disturbo”. Smorfia di negazione. “Vorrei una sigaretta”. Ha smesso. Fanculo.

Almeno il lavoro è vicino, può andarci senza problemi a piedi. In venti minuti riesce a portare James all’asilo e ad aprire il suo caffè che, caso strano per i londinesi freddi e snob, va piuttosto alla grande, divenendo negli ultimi anni un nome certo per chi vuole fare nuovi incontri.

Fanculo a te, internet”. In un mondo di appuntamenti al buio e chat online, ecco che Londra sorprende tutti e sceglie il contatto umano. “Potrebbe essere un ottimo slogan pubblicitario”. Non ne ha bisogno.

Borbotta una canzone, in attesa che le macchine si scaldino. La mattina è sempre tranquilla, perché sono pochi gli avventori. Potrebbe anche rimanere chiusa, ma è il momento che prende per sé, lontano dall’essere madre e moglie, solo di nuovo… “Il sacco di pulci che è”. Hey. Non è carino.
Da quanto ha ripreso a parlarsi come se stesse inscenando la sua vita? Come se avesse un pubblico a guardarla? E quand’è stata l’ultima volta?
La ricordiamo tutti”. C’era quella volpe, la fermata dell’autobus, lei aveva lasciato lì il suo pubblico. Lì. Mentre lui prendeva la strada opposta.
«Buongiorno.»
Il primo cliente, ci penserà più tardi.

Non giudicatemi”.
Il magazzino è il luogo peggiore per fumare di nascosto: non ci sono finestre, la puzza rimane sulle pareti e sugli abiti. Ma fortunatamente lei torna a casa prima di Matt e James, “Le cose vanno così bene che ora posso permettermi un aiuto, sapete?” così può farsi una doccia e nessuno saprà mai nulla.
Non sto dicendo bugie, sto davvero smettendo col fumo”. Però da quanto non le capitava di stare così?

Fuma più nervosamente, il piede che batte sul pavimento e un orecchio teso per captare il suono del campanello ad annunciare un nuovo cliente. Il prete. Può anche non pensarci, fare finta di essere andata oltre, ma in fin dei conti lo sa che l’ultima volta risale a quella notte, alla fermata dell’autobus, con una volpe a seguirlo.


Spegne la sigaretta contro il muro, poi la butta nel cestino. La prima di una lunga mattinata. Nel breve tragitto verso il bancone si immagina gli spettatori con gli occhi puntati su di lei e sul suo cambiamento.
Dovrebbe vedere una psicologa desso che è tornata a sdoppiarsi, a parlare con un pubblico? Oppure deve attendere che il tutto passi improvvisamente, proprio come l’altra volta?
Oh merda, ma l’altra volta ero innamorata”. Sul serio. “Sul serio?” Oh no, no, lo sono oggi. “Vero?” Una smorfia verso i suoi amici immaginari, e al via una spiegazione degli ultimi anni, mentre tre ragazzi si prendono una pausa dal loro ufficio nel suo caffè.


Mesi dopo ho incontrato Matt, sono andata di fretta con lui perché avevo troppo amore da dover dare. Ci siamo sposati dopo appena un anno di frequentazione. Non volevamo figli, almeno: io non li volevo, lui diceva di non volerne, finché poi non è capitato James. Lui è stato felicissimo fin da subito, io no. Ora amo James, non tornerei mai indietro. Cazzo! Fanculo!

Brianna arriva in anticipo di dieci minuti come al solito. Saluta i clienti abituali e va verso il bancone, in attesa che il suo capo le dia tutte le indicazioni del momento.
«Scusami, devo scappare. Non c’è molto da dire, tanto le cose le sai. Passo dopo per la chiusura». “Non mi fido delle persone, chiudo sempre io, non si sa mai”.
«Tutto ok? Ti hanno chiamata dall’asilo?».
Scuote la testa ridendo, ma esce dal caffè come un fulmine.

Arriva col fiatone, dall’altra parte la chiesa del peccato. Si morde le labbra, poi porta un dito alla bocca, mordendosi l’unghia.

Sapevamo sarebbe finita così”.

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