giovedì 13 aprile 2023

#Storieromane: Catacombe di Santa Domitilla

È ormai risaputo che Roma è una città piena di molti luoghi di interesse. Ma cosa differisce da una città che esiste da molti secoli rispetto a una che è nata da insediamenti in epoche più recenti? Oltre le testimonianze architettoniche e monumentali, il sottosuolo è ricco di storie, alcune delle quali aspettano ancora di essere scoperte.

La nostra passione per i cimiteri non è certo un mistero (se avete dubbi controllate qui), per cui abbiamo deciso di esplorare le catacombe, il cui significato è letteralmente “cimitero sotterraneo”.

A Roma sono presenti molte gallerie sotterranee, nelle quali in epoca tardo-antica si era soliti inumare i defunti.

Le Catacombe di Santa Domitilla sono le catacombe più estese dell’intero territorio romano, e sono raggiungibili dalla fermata Metro B “Garbatella”, con una passeggiata di circa venti minuti.

Appena discesi nel sottosuolo veniamo investiti da un’aura sacra che ci fornisce da subito l’impressione di aver varcato un limite simbolico e di essere in un ambiente di culto molto peculiare.

All’entrata è presente l’unica Basilica semi-sotterranea rinvenuta a Roma; dall’alto della basilica vi sono delle finestre attraverso le quali la luce subentra nel sottosuolo.

La Basilica è meravigliosa, qualcosa di mai visto prima ed è intitolata ai martiri Nereo e Achilleo, nonché a Santa Petronilla, la figlia di San Pietro.

Dalla basilica si accede alle catacombe, vicoli stretti e angusti nei quali districarsi. Non neghiamo il fatto di essere stati in disappunto per averne esplorato solo una piccolissima parte, ma col senno di poi ci saremmo comunque persi in quei cunicoli.

In quelle profondità, tra una tomba e l’altra, è conservato un affresco molto antico, una delle prime testimonianze pittoriche del Cristianesimo a Roma.

Nel dipinto possiamo riconoscere San Pietro e San Paolo, ma non sono rappresentati con i simboli che oggi li caratterizzano. San Pietro non ha le chiavi e San Paolo non ha la spada.

Nel dipinto affiora il carattere sincretico del Cristianesimo, infatti in San Pietro è possibile riconoscere il giudaismo e in San Paolo è possibile riconoscere il paganesimo.

Nell’arco che sovrasta il dipinto invece troviamo una delle prime raffigurazioni di Gesù nella storia dell’occidente, rappresentato insieme ai suoi apostoli. Qui Gesù è senza barba e il suo aspetto richiama qualche figura del paganesimo romano. Questo perché ai tempi la figura di Gesù era appena conosciuta, e chi si occupava di affreschi la rappresentava in analogia ad altri personaggi mitologici.

Tuttavia sono poche le testimonianze pittoriche rimaste, quelle rimaste si sono conservate fortuitamente grazie a stabili condizioni ambientali e atmosferiche.

Un’altra cosa che sorprende è scoprire in quelle gallerie la totale assenza delle croci. La croce era un simbolo di sofferenza, e nelle catacombe regnava invece la speranza. Il cosiddetto monogramma di Costantino è un simbolo che racchiude le iniziali di Gesù Cristo e che veniva inciso su molte tombe per affidargli le anime dei defunti.

Un altro elemento di curiosità è costituito dal fatto che la quasi totalità delle tombe fu profanata. I cristiani solitamente non venivano seppelliti con particolari ricchezze (la ricchezza stava nell’anima), dunque depredare le tombe sarebbe stata un’attività inutile.

Il motivo in realtà è da rintracciare nei primi archeologi che scoprirono le catacombe, ingenuamente credettero che le tombe fossero di martiri e furono svuotate per prendere le ossa come reliquie.

Oggi le catacombe costituiscono una sostanziale testimonianza delle prime forme della religione cristiana, un patrimonio archeologico culturale contenente echi di lontane speranze che ancora oggi nutriamo per i nostri defunti.

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