sabato 15 aprile 2023

#Racconti: Una giornata

Sta fermo lì, ormai da ore, in quel letto disfatto. Giordano non ha neanche la forza di sistemare le lenzuola e oggi non ha nessuna voglia di alzarsi. Che ore saranno ormai? La finestra è ancora chiusa e la luce diurna filtra a malapena e sembra affievolirsi. Potrebbe essere il pomeriggio? Giordano si chiede come sia possibile aver passato tutto questo tempo a letto, lo trova assurdo. Eppure è lì, sdraiato, stanco come se si fosse messo lì da appena dieci minuti dopo un’intensa giornata in piedi.

Nessun senso di colpa in ciò, ma a tratti vorrebbe un istante aprire le imposte per vedere meglio i colori del cielo. Ma tanto a che serve? Si chiede tra sé e sé. D’altronde non ha intenzione di alzarsi, quel letto è così soffice e morbido nonostante ora sia più disfatto che mai. Il mondo esterno è così ruvido, spigoloso e ostile; ogni cosa appare insensata e fine a se stessa.

È vero, dentro questo letto non c’è nulla, ma fuori dal letto il tutto ha il sapore del nulla.

E così le vicende umane e naturali trascorrono nella loro vacuità, seguendo un ordine privo di significato.

E così, per non soffrire più, Giordano si lascia alle spalle ogni speranza e ogni passione, abbandonandosi all’anedonia più totale e schermandosi da ogni emozione.

Il riposo è il fine primo e ultimo, la devota preparazione alla morte ineluttabile. Da questa nuova prospettiva, nulla giustifica il movimento, non esiste nessun motivo per sprecare energia in qualcosa.

Non c’è nessun motivo per celare l’insensatezza di questa vita, non ci sono ragioni valide per fare altrimenti.

Qualunque sia l’azione si ritorna allo zero assoluto, le giornate si completano da sole senza sforzi e senza manie di protagonismo, nel susseguirsi delle ore vuote riempite dalla ridondanza dei minuti tutti uguali e senza un fine.

La forza gravitazionale del letto diviene sempre più insistente e la volontà di resistergli è sempre più sottile fino a svanire.

Sarebbe tutto vano, come cercare di svincolarsi dalla gravità della terra.

E Giordano continua a rimanere lì, ore su ore, senza stimolo di fame o sete. Il giorno si volge in notte e le imposte lasciano a malapena intravedere lo scarso chiarore lunare.

Un’altra giornata insensata è terminata, e ora Giordano è molto stanco senza aver fatto nulla. È tempo di dormire, di nuovo.
Stanco dei propri pensieri, stanco di essere stato semplicemente in veglia. La sua forza vitale è un fiore avvizzito che si sta lasciando morire.

E forse è giunto il momento desiderato da Giordano, quello in cui non prova più paura alcuna per le sue condizioni, quello in cui il domani, comunque si configuri, lo lascia del tutto indifferente.

Nessun senso di colpa per aver fatto ciò che ha fatto, anzi, nessun senso di colpa per non aver fatto.

La sua sensazione è quella di guarire dalla malattia della vita, dalla brama e dal desiderio che spingono il singolo all’azione.

E arriverà il domani, ci sarà indipendentemente dalle scelte di Giordano, che si ritiene particolarmente soddisfatto di essersi lavato di dosso ogni responsabilità.

Arriverà di nuovo l’alba e Giordano si chiede se domani si alzerà quantomeno per mangiare e bere. Ma la domanda diviene inconsistente e irrilevante, nel vuoto di significato che ha assunto la sua intera esistenza.

E per quanto deplorevole sembri dall’esterno, per lui tutto quadra come dovrebbe, tutto ha acquistato significato privazione dello stesso. L’assenza di significato è il significato, l’abbandono della volontà che risulta uno strumento sopravvalutato in un universo caotico che scorre da sé.

Così, Giordano vive la mortificazione della propria vita come la più grande vittoria.

Tutto fluisce senza che sia,
è un’esistenza d’indifferenza e scortesia:
Io, oramai stufo di questo gioco,
attendo che lentamente si spenga il mio fuoco.


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