giovedì 22 ottobre 2020

#Cinema&SerieTv: Hot Girls Wanted - Recensione

Attenzione, questo articolo contiene spoiler sulla pellicola.

42 miliardi di visite annuali, 39 miliardi di ricerche e 115 milioni di visite quotidiane. 6,83 milioni di video caricati e un totale di 1,36 milioni di ore di contenuti.
Questi sono i dati rilasciati alla fine del 2019 da Pornhub, la piattaforma di distribuzione di materiale pornografico online più grande del mondo.

Conosciamo tutti il prodotto finale ma quasi nessuno conosce cosa c'è dietro, e questo documentario del 2015 diretto da Jill Bauer e Ronna Gradus e prodotto da Rashida Jones, Jill Bauer, Ronna Gradus e Brittany Huckabee ci mostra in modo estremamente crudo le vite di chi, nell'industria del porno ci lavora ogni giorno.
Tressa (19), Rachel (18), Karly (19), Jade (25), e Michelle (19). Questi sono i nomi delle cinque ragazze di cui vedremo la vita oltre al porno.
Forse, se ve le presentiamo con i loro veri nomi, però, non le riconoscete, e forse va anche bene così per il momento.

"Ogni giorno una ragazza compie diciotto anni, ed ogni giorno una nuova ragazza vuole darsi al porno"
- Riley (23), agente e fondatore di Hussie Models LLC

Mettere annunci su Craigslist, selezionare le ragazze adatte per iniziarle nel mondo del porno, mettergli un tetto sopra alla testa e le portarle ai vari shooting; questo è il ruolo di Riley, figura un po' ambigua che sembra mettere lo spettatore e le ragazze a proprio agio, eppure allo stesso tempo estremamente a disagio.
Si presenta dicendo di essere passato dall'essere uno sfigato all'essere "The shit, technically"; un pezzo grosso.
Un pezzo grosso, sì, ma non uno con le carte in regola. Nel 2018 infatti è stato denunciato da una delle sue clienti, Lenna Lux, per gestire la sua attività di agente a Miami, in Florida, illegalmente.

Violento, abusivo, avventato, ladro, manipolatore e bugiardo; sono solo alcuni degli aggettivi che sono stati affibbiati a Riley Reynolds. Un'immagine ben diversa da quella che ci viene mostrata da lui stesso nel documentario, in cui vediamo un ragazzo alla mano, attento al benessere psico-fisico delle ragazze con cui lavora e a tratti quasi simpatico.

L'attenzione si sposta da Riley, e ci troviamo immediatamente catapultati nell'universo di Tressa, ai tempi diciannovenne e con il desiderio bruciante di sfuggire alla vita di provincia e ai suoi genitori.

"Adoro i miei genitori, ma se non diciamo nulla è perché non vogliamo far soffrire chi amiamo"
- Tressa (19), in arte Stella May

La vediamo parlare con la madre, con un velo di divertimento nel suo sguardo mente ascolta l'unico dei due genitori a sapere qualcosa della situazione raccontare il momento in cui, leggendo su dei fogli delle note con su scritto "BGB" (boy, girl, boy), "GBG" (girl, boy, girl) e "orgies" si è resa conto della situazione in cui si è cacciata la figlia.
Vediamo l'imbarazzo tra le due mentre Tressa racconta come si gestisce nel suo ambiente il mancato uso di protezioni, imbarazzo che muta abbastanza velocemente in tristezza e successivamente in pianto nel momento in cui la madre della ragazza le confessa di essere perennemente preoccupata per la figlia e per la sua salute.

È facile, veloce e si fanno soldi con una semplicità disarmante, o almeno apparentemente.
Ma se è così facile allora perché la maggior parte delle ragazze nell'industria del porno amatoriale decide di lasciare tutto dopo pochissimi mesi?
In fondo, si pensa erroneamente, è solo sesso. Fanno soldi facendo sesso e non c'è niente di troppo complicato in questo, giusto?
La risposta a questa domanda l'abbiamo quando veniamo portati nel backstage di un video di Rachel (in arte Ava Taylor) e Tony D.

Lo dice lei stessa: non c'è assolutamente niente di eccitante in quella situazione. Anzi, in realtà la odia, odia il fatto che in quel mondo le donne siano solo carne da macello, odia il fatto che "finché hai delle tette, una vagina e un culo vai bene".
Le persone intorno a lei provano a metterla a suo agio, ci provano costantemente, ma in un ambiente in cui ti senti violata, in un ambiente in cui anche anche chi recita con te dice di sentirsi un predatore e in un ambiente in cui ti vengono dati gli ordini di "non essere mai veramente consenziente e coinvolta" non puoi sentirti a tuo agio.

"Almeno lo guardano sul computer e non vanno in giro a farlo a qualche ragazza. Vediamola così: almeno è tutta una finzione"

Quando il documentario sposta il focus sul concetto di domanda e offerta, iniziamo veramente a capire quanto le cose possono andare male:
Jade (in arte Ava Kelly) è tra tutte quante la più navigata nell'industria e racconta di come per ogni cosa venga chiesto loro di girare ci sia qualcuno da qualche parte nel mondo disposto a pagare per quella cosa.
Inizia così a parlare di uno dei suoi primi lavori, incentrato sulla sua umiliazione, sugli insulti riguardanti la sua etnia latino americana e sul forced blowjob, del sesso orale forzato che aveva il solo obiettivo di portarla al vomito.
Lei ne parla tranquillamente, lo fa perché la pagano e per lei è lavoro e dice di essere in realtà sollevata: almeno mentre subiva queste cose recitava e trova sia positivo che le persone possano utilizzare lei come capro espiatorio delle loro fantasie.

Rachel, che scopriamo alla fine del documentario abbandonerà il porno dopo pochi mesi e poco dopo Tressa, racconta di come sia facile per loro fare qualsiasi cosa gli venga chiesto, semplicemente perché i soldi arrivano in modo spaventosamente veloce.
Racconta di come per trecento dollari abbia accettatto senza problemi di girare una scena di sesso orale, rendendosi conto solo una volta arrivata di trovarsi a fare un forced blowjob sola in una stanza con un ragazzo e una camera su un treppiedi.

Avevo paura. Ero terrorizzata. Non sapevo se potevo dirgli semplicemente di no. [...] Ho capito che è così che si sentono le vittime di stupro. Si sentono male. Si sentono in colpa. […] Mi sono chiesta: “Volevo davvero quei soldi così disperatamente?”

In questo articolo noi di 4Muses non cerchiamo di condannare in nessun modo il mondo del porno, che ci crediate o no è un lavoro come gli altri, e come tutti i lavori ha i suoi lati negativi e i suoi lati positivi.
Quello che vorremmo condannare è il pensiero sbagliato che c'è dietro a questo mondo: "sono tutti nullafacenti", "hanno scelto la strada facile", "se poi finiscono con delle malattie non si lamentassero", "se finisci abusato e violentato è colpa tua perché hai scelto questa strada".
Crediamo fortemente che nessuno debba essere giudicato per il lavoro che decide di fare e per le passioni che decide di seguire, e sì, che voi vogliate accettarlo o meno, il sesso può essere una passione e giudicare chi decide di intraprendere la carriera da sex worker vi rende solo persone estremamente limitate e chiuse di mente.

Purtroppo lo sfruttamento in questa industria viene estremamente normalizzato, e questa cosa è agghiacciante.
Nessuno prova veramente a cambiare la situazione e tutti prendono la strada più facile, dando una sorta di "data di scadenza" alle giovani donne che provano a far parte di questo mondo.

"La carriera porno di una ragazza dipende molto da come si vende. Nel peggiore dei casi dura da uno a tre mesi. Nella normalità dura da tre a sei mesi. Se le cose le vanno davvero bene, ma non riesce a entrare nella mentalità, arriva a un anno. Al massimo"
- John Anthony, attore porno


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