sabato 31 ottobre 2020

#Costume&Società: Tornare a vivere

Il 12 maggio 2020 David Sipress, vignettista del “The New Yorker”, pubblica una vignetta che ha fatto riflettere molto noi di 4Muses. Una donna legge il giornale e dice al marito: “È venuto fuori che non fu il meteorite a uccidere i dinosauri, ma lo stress della sua venuta”. Ci siamo chieste più volte, dall’apertura di questo blog, se fosse il caso di scrivere qualcosa sulla Pandemia, e ci siamo sempre risposte che non essendo il nostro campo, era meglio tacere.

I mesi sono passati, l’estate sembrava aver fatto ritrovare quel poco di lucidità che in molti mancava da marzo, ma le prime piogge e le giornate che si accorciano hanno fatto ripiombare i più nella psicosi.

Badate bene: non siamo né complottiste, né negazioniste, semplicemente vediamo la realtà per quella che è. Stiamo attente, indossiamo la mascherina ovunque, viviamo di Amuchina e non usciamo di casa ai minimi sintomi. Prendiamo i mezzi pubblici quando non sono affollati, andiamo nei ristoranti mantenendo la distanza, e a volte preferiamo una passeggiata al parco che in un centro commerciale.

Come vi abbiamo fatto notare dall’ultimo paragrafo, però, non abbiamo mai smesso di vivere. Finito il lockdown a metà maggio, siamo subito uscite. Abbiamo girato per una Roma tornata a essere solo dei romani, abbiamo assaporato il silenzio davanti al Colosseo, agognando, però, il ritorno dei turisti. Abbiamo girato per musei, senza paura, solo con tantissima gioia e ritrovato entusiasmo, decidendo di imbarcarci in questa nuova avventura fatta di arte e scrittura. Abbiamo partecipato a moltissime riunioni ed eventi dal vivo, sempre nel pieno rispetto delle regole.

Dovevamo tornare a vivere e siamo tornate a vivere. Vediamo nel resto della popolazione, però, un atteggiamento di chiusura e panico che di certo non possono definirsi normali.

Perché in molti hanno così paura di morire o ammalarsi da rinunciare alla vita?

 La comunicazione, se fatta bene, è la più alta forma di manipolazione mentale. Il che non deve spaventarci: anche Gandhi e Martin Luther King utilizzavano tecniche di manipolazione mentale nei loro discorsi. Per catturare l’attenzione, la manipolazione è importante e come ogni mezzo a nostra disposizione può essere utilizzato sia per il bene, che per il male.

Kennedy fu il primo a servirsi della televisione per i suoi scopi, e dopo sessant’anni i social sono entrati a pieno regime nella nostra quotidianità, più della televisione e della radio. Ecco perché, ad esempio, tocca agli influencer sensibilizzare i giovani al rispetto delle regole.

Se televisione e radio possono scegliere quale parte mostrare, i social mostrano la totalità della realtà. Ma a differenza di quanto si possa pensare, ciò non implica il far luce su ogni sfumature, bensì si marca la differenza di pensiero tra una fazione e l’altra. In questi mesi troviamo da una parte i negazionisti, quelli che starnutirebbero in faccia al prossimo, se ne avessero l’occasione; dall’altra quelli che noi definiamo “covidnazi”, quelli cioè che mettono i piedi fuori dalle mura domestiche solo in casi di estrema necessità, come se la quarantena non fosse mai finita.

Noi di 4Muses ci chiediamo: dov’è finita la parte di mezzo? The Social Dilemma, il documentario su Netflix che affronta la questione psicologica dietro i social –ne abbiamo già parlato qui- fa luce su un fatto davvero preoccupante: non esiste più l’equilibrio. O è tutto bianco, o è tutto nero. Non staremo qui a parlarvi dell’importanza di ritrovare quell’equilibrio per un fattore economico (l’Italia si basa sul turismo, e il turismo non può lavorare in smart working o con le frontiere chiuse) ma è importante ritrovarlo per un fattore psicologico.

Molti traumi escono allo scoperto dopo decenni; che popolazione avremo tra vent’anni? Quali problemi psicologici e fisici affronteremo nei prossimi mesi?

I dati del 17 ottobre, ad esempio, parlavano di 165.837 tamponi fatti, dei quali 154.912 negativi. Il che ha tutto un altro impatto nella nostra visione. La situazione sanitaria è grave, ne siamo tutti consapevoli, ma perché aggiungere altra criticità? Sembra quasi che scegliere di scendere sotto casa, anche per svago, con indosso una mascherina e mantenendo la distanza, sia un reato morale.   

Su Facebook è nata una pagina: “Pillole di ottimismo” che da mesi sta parlando di Covid19 in termini reali, senza sfociare nel terrore. Viene seguita da più di 100.000 persone, più di centomila persone che vogliono informarsi senza terrore. Perché, però, sono così poche?

Perché, quindi, cerchiamo il dolore a tutti i costi? Forse non siamo così diversi dai nostri antenati che andavano a vedere la morte nel Colosseo o le esecuzioni nelle piazze. Che differenza c’è tra quelli che lanciavano frutta marcia a un corpo penzolante dopo l’impiccagione, e quelli che –solo sui social, mai dal vivo- se la prendono con chi vuole andare in palestra, a un corso di pittura, in un museo, o viaggiare tra regioni? Facciamo i finti indignati quando condividiamo articoli che parlano di violenza, senza accorgerci che rimanere chiusi a scrivere post intimidatori aumenta la nostra rabbia e la nostra aggressività. Ho letto di gente che augura la terapia intensiva a chi vuole passare un pomeriggio con amici. Cosa stiamo diventando?

Risse, aggressioni, violenza, abuso di sostanze stupefacenti… tutto ciò sta già aumentando e aumenterà sempre di più. Siamo una generazione di depressi, e il forte stress di adesso amplificherà in modo serio i disagi mentali che tutti, più o meno, consapevolmente o inconsapevolmente, viviamo.

I casi di suicidio sono in aumento, e tra le motivazioni –oltre al fattore economico- ci sono la paura di ammalarsi o di stare in isolamento sociale. Al Convegno Internazionale sulle tematiche legate al suicidio, organizzato dall’Università la Sapienza di Roma, gli psichiatri hanno lanciato l’allarme sull’aumento di suicidi e tentati suicidi legati al Covid-19. Da marzo a settembre si sono registrati 71 suicidi e 46 tentativi di togliersi la vita. Ogni anno ci sono 4000 suicidi e circa 40mila tentativi. Solo nei primi sei mesi del 2020 il Telefono Amico (02-23272327) ha ricevuto quasi 2000 richieste di aiuto da parte di persone attraversate dal pensiero di suicidio.

Secondo l’Onu la quarantena forzata ha aumentato i casi di violenza e abusi su donne e minori. Sempre secondo l’Onu, da un lavoro dell’Unfpa, svolto con la collaborazione tra Avenir Health, Johns Hopkins University e Victoria University australiana, quest’anno sono previsti circa 15 milioni in più di casi di violenza domestica. Quasi tutti legati allo stress per la Pandemia.

In Italia, secondo l’Istat, le chiamate al 1522 (il numero antiviolenza) sono aumentate del 73%. Il 45,3% delle vittime ha paura di morire. E sono 30 le donne uccise nei primi cinque mesi del 2020.

Ma ciò non migliorerà, anzi. Il resto dell’anno sarà il periodo più delicato per la salute mentale, così come lo saranno i mesi del 2021. Perché quindi non provare ad abbassare i toni, sempre mantenendo alta l’attenzione?

Giorgio Palù, presidente della Società Virologia-SIV ha dichiarato che positivo non vuol dire né malato, né contagioso. Il 95% delle persone risultate positive al tampone non contagia e non sviluppa i sintomi. Fanno comunque bene a stare in quarantena, è ovvio, ma non sono un pericolo per la nostra società. Tra le sue dichiarazioni sul lockdown: "Sono contrario come cittadino perché sarebbe un suicidio per la nostra economia; come scienziato perché penalizzerebbe l'educazione dei giovani, che sono il nostro futuro, e come medico perché vorrebbe dire che malati, affetti da altre patologie, specialmente tumori, non  avrebbero accesso alle cure. Tutto questo a fronte di una malattia, la Covid-19, che, tutto sommato, ha una bassa letalità". Si scaglia anche contro i media, e contro tutti gli "esperti" andati a parlare in televisione, che però non hanno nessuna preparazione in virologia. Sono stati spacciati per virologi, senza esserlo. 

Sull'aumento dei ricoveri in ospedale, invece, si esprime così: "Chi ha sintomi gravi viene ricoverato. Ma ci sono anche i ricoveri sociali, mi informano i clinici. Persone che hanno disturbi lievi, ma non possono stare a casa perché sono soli o perché possono infettare altre persone in famiglia; o perché sono poveri e non sanno dove andare. Se ne dovrebbero occupare i medici di famiglia, ma non esistono regole o protocolli che li orientino nella scelta delle terapie. Sono lasciati soli."

È per caso responsabilità dei cittadini istituire un protocollo medico? È responsabilità dei cittadini aumentare le terapie intensive e il personale ospedaliero? No. Il compito del cittadino è quello di vivere tutelando la propria salute fisica e psichica nel pieno rispetto di se stesso e degli altri.

Si devono rispettare tutte le regole, ma si deve anche vivere. Provate a spegnere la televisione, a non passare il vostro tempo sui social, a uscire anche solo per una passeggiata da soli, o in compagnia, mantenendo la distanza. Andate a mangiare una pizza (rigorosamente a pranzo), utilizzate la mascherina, disinfettatevi le mani e tornate a vivere. Ne va della salute mentale di tutti.

Questo articolo è stato finito di scrivere il 27 ottobre. Siamo a conoscenza dei vari tumulti che stanno avvenendo in molte città italiane e che, come una qualsiasi corrente, si susseguono sempre di più. Non siamo qui per giustificare atti vandalici, né comprendiamo la violenza. Il nostro tornare a vivere, lo ripetiamo ancora una volta, è sempre da considerarsi nel pieno rispetto delle regole.

Regole però, che andrebbero riviste. Regole che non possono e non devono scaricare la colpa solo su di noi.

2 commenti:

  1. Grazie Francesca. La tua analisi è obiettiva e ricca di spunti per vivere questo periodo in maniera serena e nel rispetto di se stessi e del prossimo.

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  2. Brava, bravissima Francesca. Condivido IN PIENO il tuo pensiero

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