mercoledì 21 ottobre 2020

#Halloween: La Caccia Selvaggia in Italia

"Gli scudi sono neri, il corpo dipinto di nero, e scelgono notti nere per le battaglie e produrre terrore con il solo loro comparire, terrificanti e sfuggenti, come un esercito fantasma. Nessun nemico può resistere a una visione così strana e, per così dire, diabolica, perché in tutte le battaglie, l’apparire conta."

Così Tacito, lo storiografo e senatore romano, descrive la caccia selvaggia. Malgrado questo particolare evento affondi le sue radici nella cultura germanica e nella mitologia nordica, noi di 4Muses siamo qui per raccontarvi la versione italiana. Sebbene se ne parli poco, fa parte soprattutto della cultura alpina o comunque dell’Italia settentrionale. 

Scalpitio di zoccoli nella notte, ululati dei cani a caccia, urla demoniache e luci lontane sono elementi tipici che troviamo nella caccia selvaggia. E in effetti, si tratta proprio di una caccia. A capo vi è Teodorico Il Grande, prima Re degli Ostrogoti, poi Re d’Italia. Secondo l’ottica cristiana, a scacciare questo Corteo Infernale sarebbe l’intervento religioso. Nella versione nordica del mito, la caccia selvaggia è guidata da Odino in groppa a Sleipnir, il suo cavallo nero a otto zampe, che solcano i cieli il giorno del solstizio d’inverno. Coloro che la schiera furiosa trova sul suo cammino vengono rapiti e condotti nel regno dei morti.

In italiano viene chiamata in vari modi: in Lombardia prende il nome di Caccia Morta o Caccia del Diavolo, in Piemonte Corteo dla Berta o Càsa d'i canètt, a Belluno Caza selvarega o Caza noturna e in Trentino Cazza selvadega.

Anche Dante menziona questa particolare battuta di caccia, nel Canto XIII della sua “Divina Commedia”:

Noi eravamo ancora al tronco attesi,

credendo ch'altro ne volesse dire,

quando noi fummo d'un romor sorpresi, similemente a colui che venire

sente 'l porco e la caccia a la sua posta,

ch'ode le bestie, e le frasche stormire. Ed ecco due da la sinistra costa,

nudi e graffiati, fuggendo sì forte,

che de la selva rompieno ogni rosta.

 

Nel “Decameron” di Boccaccio possiamo trovare riferimenti di questo tipo: nella novella “Nastagio degli Onesti” (giornata V, novella 8) un venerdì di maggio, passeggiando per il bosco, Nastagio vede una giovane donna nuda corre fra gli alberi, inseguita da una muta di cani e da un cavaliere armato di spada. Nastagio cerca di soccorrerla, ma il cavaliere non glielo permette. Le apre la schiena per estrarne il cuore e gettarlo in pasto ai cani, prima che la giovane si ricomponga e riprenda la sua fuga.


Tutti i racconti sulla caccia selvaggia hanno un’ambientazione notturna, riconducibile alla paura del buio, a ciò che si cela nell’oscurità. Nonostante tutto, fa parte del folklore europeo con i suoi vari condottieri (nel mito nordico c’è Odino, in quello italiano Teodorico Il Grande, in quello francese Carlo Magno, Nuada per l’Irlanda e Arawn per il Galles) ed è presente in diverse opere letterarie e non moderne. In “Shadowhunters” di Cassandra Clare, la Caccia Selvaggia si compone di un esercito di fate che, una volta all’anno, prende tra le sue fila un mortale, per poi proseguire la sua corsa raccogliendo i moribondi. Nella saga “The Witcher” di Andrzej Sapkowski è un presagio di morte e sventura ed è comporsta da cavalcature scheletriche che solcano i cieli nelle notti di equinozi e solstizi.

 

 

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