mercoledì 28 ottobre 2020

#Halloween: Al di là della Luna

Una leggera nebbia creava l’illusione di una coperta velata che avvolgeva le tombe a terra del cimitero. Othila camminava lungo il sentiero acciottolato, con lo sguardo sempre rivolto verso la Luna. Luna piena, di 31 ottobre. Sorrise: era l’anno giusto.         
Avvertì il gatto nero miagolare a un passo dal secondo quadrante, si fermò e chiuse gli occhi.

We all come from the Goddess, and to Her we shall return like a drop of rain flowing to the Ocean”.

Recitò i versi nella mente, visualizzando una goccia di pioggia cadere nell’oceano. Riaprì gli occhi, il gatto nero la stava fissando. Pochi secondi, poi lui cominciò a camminare precedendola. Lei si guardò attorno, era certa che nessuno l’avrebbe vista dato l’incantesimo, ma quel piccolo granello di insicurezza sembrava non volesse mai abbandonarla. Si morse il labbro inferiore, sua nonna le ripeteva che tentennare era sbagliato. “Se sei sicura, accade tutto ciò che pensi”. Trasse un lungo respiro e proseguì la camminata.

 Il gatto la portò alla tomba di Ansuz, o di Simone Ceccherelli, come era inciso sulla lapide. Il gatto sparì e Othila si inginocchiò, prendendo un po’ di terra umida tra le mani.        
Vide una torcia fare luce: era il custode che, vista la notte di Halloween, controllava che al cimitero non ci fossero ragazzi intenti a fare qualche seduta spiritica. O che nessuno profanasse le tombe in nome di Satana. Le passò accanto, non vedendola. Lei tirò un sospiro di sollievo e si rivolse nuovamente alla Luna.

Hoof and horn, hoof and horn, all that dies shall be reborn. Corn and grain, corn and grain alla that falls shall rise again.

Guardò il terreno dove sotto giaceva il corpo di Ansuz. Sapeva bene che a due metri in profondità c’era solo un po’ di carne putrida, per lo più mangiata da qualche verme. La sua anima stava bene altrove, in un’altra città, in un’altra famiglia. Ora era nuovamente bambino, era il fratello di qualcun altro. Cominciò a piangere, ma decise di portare comunque a termine il rito.

Prese dalla tasca la ciocca dei capelli di Ansuz, e la boccetta con un po’ del suo sangue. Mise il ciuffo sul terreno e vi versò il liquido rosso, poi chiuse gli occhi e recitò gli ultimi versi.

Sage and Crone, Sage and Crone, wisdom’s gift shall be our own. Crone and Sage, Crone and Sage, wisdom is the gift of age.

Ripetè il rituale per tre volte, poi si voltò sentendo una mano posarsi sulla sua spalla.

«Ce l’hai fatta.» Suo fratello le sorrise.

Aveva atteso a lungo di rivederlo, da quando dieci anni prima non superò l’ennesima operazione. Lei si mise a piangere, lui la strinse forte, anche se ora le arrivava alla vita.

«Sei adulta.» la guardò amareggiato.   

«Quasi, ho sedici anni.»     

«Mi rubi ancora le macchinette?»

Othila scosse la testa, ridendo. «Non ho più bisogno di farti i dispetti.»  

Qualche attimo di silenzio.

«Stai bene?»

Ansuz annuì convinto. «Non sono ancora rinato.»

«Perché?»

«Ti sto aspettando.»  

Sorrisero entrambi. Othila ringraziò la Luna.

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