venerdì 5 agosto 2022

#Libri: Il pensiero bianco

Se ci seguite lo sapete bene: noi non crediamo nella dualità. Sappiamo benissimo che viviamo in un mondo duale e scendiamo a patti con le regole del gioco, ma siamo ben consapevoli che nella realtà dei fatti tutto è Uno. L’“Io” è una grandissima illusione e andrebbe cambiato con il “Noi”.
È proprio partendo da questa logica che abbiamo deciso di scrivere ogni nostro articolo al noi, tranne quelli nella categoria Pensieri, perché sono nostri sfoghi personali.
Siamo convinte che includere ogni colore nella tavolozza non escluda nessun pigmento, anzi: li riunisce rendendo la tela unica proprio per le diverse sfumature che nascono.
Siamo anche persone che amano mettersi in dubbio, amano sentire le voci fuori dal coro perché sappiamo che se un concetto ci fa male, o abbiamo voglia di ignorarlo, beh, ha colpito nel nostro profondo.
Per tutti questi motivi abbiamo voluto leggere “Il pensiero bianco” di Lilian Thuram.
Permetteteci una battuta del tutto goliardica per l’ex calciatore della Juventus: abbiamo acquistato il libro nonostante siamo tifosissime della Roma!

Chi sta scrivendo questo articolo è stata “vittima” – messo tra virgolette perché raramente si è sentita davvero una vittima – di commenti razzisti. Non scherziamo, è successo sul serio. Quando andava al liceo, a causa dei suoi lineamenti mediorientali e della sua carnagione scura, pur essendo italiana da almeno quattro generazioni, è sempre stata trattata come se fosse cittadina siriana o araba in generale. Dall’alto della sua maturità questa cosa ora le fa un po’ ridere, anzi, ci gioca con orgoglio, ma guardandola dal punto di vista dell’immaturità di una quattordicenne, questo non ha fatto altro che far nascere in lei una forte identificazione con l’Italia e Roma.

Abbiamo voluto mettere questa introduzione come primo paragrafo perché per più di metà libro abbiamo pensato: “Vabbè, ma tutto ciò non riguarda l’Italia. Il razzismo a questi livelli lo possiamo capire in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, ma da noi? Figuriamoci!” Ebbene, quanto ci sbagliavamo. Abbiamo letto le nostre cinquanta pagine al giorno, poi siamo uscite come sempre. Abbiamo preso la metro, siamo state – come spesso accade – a guardare i Super Metro Bros suonare a Piazza del Popolo, abbiamo acceso la tv… pensando, nel frattempo, a ciò che stavamo apprendendo dal libro. Siamo rimaste sconvolte, ci si è gelato il sangue, ripensando a tutte le volte che abbiamo notato certi comportamenti ma siamo state zitte, dandoli per normali.

Persino noi, che ripetiamo più che possiamo: “Noi siamo tutto, inutile definirci in qualsiasi modo”, siamo vittime del pensiero bianco. Lo siamo ogni volta che acquistiamo un nuovo apparecchio elettronico, non pensando a dove, come e soprattutto grazie a chi siano stati estratti certi minerali; lo siamo ogni volta che ripensando alla storia giustifichiamo i fatti avvenuti con la frase: “Vabbè, era normale ai tempi”. Lo siamo ogni volta che non sappiamo come poter cambiare le cose, e per questo andiamo avanti con un’alzata di spalle dicendoci: “Qualcuno lo farà per noi”.

Se persino noi, paladine dell’amore incondizionato, dell’accogliere chiunque, dalla forte curiosità che ci spinge a conoscere quante più realtà diverse dalla nostra, ci siamo ritrovate vittime di una manipolazione a livello comunicativo da parte della cultura bianca, come si può sostenere che essa non esista davvero?

Vi abbiamo già parlato del “Divide et impera”, quella forma di governo dove chi detiene il potere crea un nemico per il popolo, in modo tale che i cittadini, impegnati a lottare tra di loro, non si uniscano e non capiscano che il vero oppressore si trova ai vertici.
Così è normale per chi detiene il potere mediatico fare una campagna contro chi non si vaccina, ma anche contro i vaccini che possono causare effetti collaterali; contro il maschilismo ma anche contro le donne che denunciano. La televisione dice di sostenere le minoranze, salvo poi accusare le stesse minoranze di essere portatrici di violenza, rabbia repressa o causa di qualsiasi male.
Insomma, provate ad accendere la tv e a contare quanti minuti passano prima di un qualsiasi scontro tra due fazioni.

Siamo portati a pensare, fin dall’infanzia, che dobbiamo sempre competere con il valore dell’altro. Dal sistema scolastico a quello del lavoro. Dal punto di vista della sociologia tendiamo ad accettare meglio chi vediamo uguale a noi. Ecco perché ci fidiamo di chi ci somiglia, mentre guardiamo con sospetto chi è “diverso”.
Ma chi è davvero uguale a noi? Non è forse giunto il momento di fare quel salto di qualità emotivo e ammettere che la differenza tra le persone riguarda solo l’apparenza, perché siamo tutti una parte di tutti?

Potremmo continuare all’infinito con questo discorso, e vi basta seguirci su RadioSapienza per comprendere quanto ci sta a cuore il discorso della non-dualità e dell’essere Uno. Così come vorremmo parlare di questo libro punto per punto, ma sarebbe una grande perdita di tempo semplicemente perché siamo d’accordo con ogni parola scritta, dalla prima all’ultima.

Visto anche che siamo delle grandi sostenitrici del: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, vi assicuriamo che il nostro modo di vivere la vita ha subito dei cambiamenti, e speriamo possa accadere lo stesso a tutti voi, dopo aver letto questo libro.    

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