mercoledì 31 agosto 2022

#Racconti: Universi di carta

Era solo un triste monolocale in cui la luce del sole faceva fatica a filtrare per via degli altri edifici che lo circondavano. Qui si era stabilito uno scrittore di nome John che in un giorno come altri, iniziò a narrare di uno scrittore di nome Jacob, appartenente a un'epoca passata. Jacob era stato costruito per essere un'interfaccia di John sul passato, un viaggio mentale che lo avrebbe portato a scoprire se stesso, oltre il tempo e attraverso la scrittura.

Jacob ignorava tutto ciò che non lo ispirasse a scrivere, dunque nei giorni in cui sentiva più arida la sua immaginazione, a malapena sopravviveva dando ascolto solo ai suoi bisogni primari. Ma quella notte non era affatto così: aveva acceso con cura le candele che illuminavano i suoi fogli, con l'intento di dare luce a mondi nascosti.

Prese la penna d'oca, la intinse nell'inchiostro, e iniziò a scrivere immaginando il futuro. Scrisse di un uomo di nome James che vagava in mezzo a scenari in cui tutto e tutti erano automatizzati. James aveva l'impressione di essere l'unico in quell'epoca ad aver conservato in sé l'umanità, nonostante dubitasse di ciò ogni volta che guardava le sue fredde mani metalliche. Si chiedeva quanto fosse giusto barattare la propria umanità per superare definitivamente il problema della decadenza del corpo. Non sarebbe stato il ferro a renderlo immortale, ma ciò che scrisse in un vecchio foglio. Probabilmente sarebbe stato l'ultimo scritto in un mondo in cui tutti erano divenuti macchine, ma sperava che un giorno qualcuno o qualcosa avrebbe potuto leggerlo ed emozionarsi.

Fuori dal tempo, fuori dallo spazio e fuori dalla razionalità, ha "luogo" la storia scritta da James. Una sola anima che per quanto potesse interrogarsi su se stessa, non trovava risposte. Solo quando capì che per scoprirlo doveva analizzare ciò che era simile a lei, si accorse di altre anime. Tutte distratte e incapaci di prestare attenzioni al resto, proprio come lei prima di accorgersi di quel resto. Ma non esiste prima, non esiste dopo, nel momento in cui nota che una delle altre anime era capace di sentirla, di entrare in risonanza con lei. E le domande svanirono, non perché trovò le risposte, ma perché non erano più necessarie. Due anime che si completavano in un istante eterno.

John si irrigidisce, ferma la danza della sua penna sul foglio e inizia a pensare: "Un racconto iperbolico? Uno schema logico che riduce a elementi essenziali la ricerca di qualcuno che ci completi? Reale o effetto della narrazione? Qualunque cosa io sia, attendo solo un lieto fine che mi permetta di fuggire dal mio stesso racconto e ammirare nuovi scenari".

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