martedì 30 agosto 2022

#Pensieri: A cosa ti aggrappi?

Da quando è nato il progetto 4Muses, non ho mai scritto un “Pensieri”. Non ho mai aggiunto niente a questa sezione del blog perché non pensavo di avere effettivamente qualcosa da dire, questo almeno fino a oggi, in cui ho deciso di mettere nero su bianco una parte di me. Probabilmente uscirà qualcosa di sconclusionato, qualcosa che potrà risultare superficiale. Il titolo dell’articolo è una domanda che spesso tendo a sottovalutare, eppure ha dentro di sé tante sfumature che già sento un peso in gola – e no, non è Covid e neanche influenza stagionale.

L’uomo non è un’isola, ha bisogno dei rapporti umani. Ci aggrappiamo alla famiglia, agli amici, agli insegnanti. Percepiamo l’amore che riceviamo dall’altro, ma alla fine della fiera, nella nostra camera da letto, nel buio della notte, siamo da soli. Siamo noi stessi con i nostri pensieri, con i nostri traumi, i nostri desideri e i nostri dubbi. Fissiamo il soffitto con gli occhi spenti, circondati dall’abbraccio del silenzio, dell’oscurità, facendo un rendiconto della giornata. Mi sono tante volte aggrappata a un’emozione, cercando di capire cosa l’avesse scatenata e, il più delle volte, cosa l’avesse anche silenziata.

Le ore passano veloci, così tanto che l’estate sta correndo. Non riesco ad aggrapparmi alle ore della giornata, a volte mi sono ritrovata a chiedermi che fine avesse fatto la mattinata e/o il pomeriggio, trovandomi a stringere il nulla. “Eh, ma oggi ho fatto questo, questo e questo” è il primo pensiero che arriva, ma alla fine cosa ho fatto davvero? Cosa ho fatto di importante? E da questa domanda ne nasce un’altra: perché devo fare qualcosa di importante? A chi importerà? Ed è un pensiero deleterio, perché sì, devo fare qualcosa che importerà a me, a fine giornata. Qualcosa che mi migliorerà. E il più delle volte non funziona. La fine della giornata è anche una sorta di metafora della morte, perché una persona si è coricata e un’altra si è svegliata. Ma il giorno dopo, lo schema è sempre lo stesso.

Le cose di cui sono “certa” sono mie in quanto tali o mi sono state inculcate? Ma poi si può essere davvero certi di qualcosa? Questi pensieri nascono dal fatto che mi sento come in un mare dove ci sono i cavalloni e io allungo una mano per aggrapparmi a qualcosa. Ma esiste questo qualcosa? Questo flusso di coscienza probabilmente non ha senso, non ha una struttura, ma abbiamo tutti il bisogno di tenerci a qualcosa che è puramente illusorio. Una volta, parlando con Frè, stavo pensando allo spazio, ai pianeti e all’universo: quando ci viene rappresentato il sistema solare, i pianeti ci vengono mostrati in maniera orizzontale. Il pensiero è stato: ma quindi sopra e sotto che c’è? Ci sono solo le stelle? Lei giustamente mi ha fatta ricordare che il nostro pianeta galleggia nel nulla, sorretto da delle forze che lo tengono in un determinato modo. Davvero devo aggrapparmi a qualcosa se neanche la Terra lo fa? Tutto potrebbe finire in un istante, le forze gravitazionali potrebbero venire meno e il pianeta cadrebbe in eterno.

Il mio bisogno di aggrapparmi a determinate convinzioni è anche il mio bisogno di controllare, perché altrimenti che ne sarebbe della mia vita? Ma è vivere tenendomi costantemente al freno a mano? È vivere o fingere di farlo? Sono quella che va in ansia se sta fuori con il telefono al 20% di batteria, sono quella che va in ansia se sbaglia strada, anche avendo il navigatore attivo mentre è in macchina. Basta mettere il telefono in risparmio energetico o aspettare il ricalcolo di Waze o Maps. Basterebbe poco.

Non abbiamo nulla a cui aggrapparci, se non noi stessi in quanto anima. Ci affidiamo a un’essenza che può essere esterna a noi, alla fede, a una sorta di “aiutati che il ciel ti aiuta”. Non possiamo aggrapparci a nulla che sia di tipo “materiale”, neanche a concetti che abbiamo creato noi stessi. Il materiale, ciò che ci circonda, si sgretola prima o poi. Pensate allo scorrere della giornata: possiamo davvero aggrapparci all tempo? La nostra vita dura un secondo in termini di universo, la nostra vita è un battito di ciglia e abbiamo creato noi qualcosa di fallace come gli orologi. Perché dico “fallace”? Perché ci siamo basati sul tempo che impiega la Terra a fare un giro su se stessa per scandire la giornata, ma anche quel calcolo, chi l’ha fatto se non l’uomo? Al di fuori della nostra mente, il tempo non esiste. Se finissimo in un buco nero, il “tempo” come noi lo consideriamo, scorrerebbe molto lentamente. Quindi neanche a questo possiamo aggrapparci, perché il tempo non esiste. Neanche a questo posso aggrapparmi. E mi spaventa. Lasciare andare il controllo, spostare piano piano la mano dal freno e riportarla sul volante è difficilissimo, ma per vivere bisogna farlo. Facile a dirsi, ma a farlo? Il mio obiettivo è fare in modo che queste non rimangano solo parole e al momento è difficile, molto difficile. Solo smettendo di aggrapparmi disperatamente a qualcosa di illusorio, potrò effettivamente dare un senso alla frase degli One Republic:

“I owned every second that this world could give. I saw so many places. The things that I did… yeah, with every broken bone, I swear I lived.”

E tu che hai letto questo articolo, a cosa ti stai aggrappando?

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