sabato 6 agosto 2022

#Arte: La Pietà di Michelangelo

Una delle opere più famose dell’Occidente si trova all’interno della Città Eterna, nello Stato Pontificio, nella Basilica più famosa al mondo, San Pietro: la Pietà. Scolpita da Michelangelo Buonarroti tra il 1497 e il 1499, l’autore aveva poco più di vent’anni quando realizzò questo capolavoro. Alta 174 centimetri e larga 195, la Pietà gli venne commissionata nel 1497 dal cardinale Jean Bilhères de Ladraulas, ambasciatore di Carlo VIII presso Papa Alessandro VI: l’opera doveva appunto rappresentare la Madonna con il Cristo morto tra le braccia. Lo scopo era quello di posizionare questa scultura nella cappella di Santa Petronilla e che dovesse essere pronta per il giubileo che di lì a tre anni si sarebbe celebrato. Michelangelo impiegò nove mesi alla ricerca del marmo perfetto e quando lo trovò, lo fece trasportare dalla cave di Carrara a Roma. Si tratta di un solo blocco e la leggenda narra che quando l’autore terminò la sua opera, il cardinale morì, rendendo il tutto quindi il suo monumento funebre.

La Pietà presenta anche la firma di Michelangelo, incisa sul petto della Vergine in maniera trasversale, cosa che non aveva mai fatto prima- non è presente infatti ne “La creazione di Adamo” -. La scritta recita infatti: “Lo fece il fiorentino Michelangelo Buonarroti”. Per l’artista, firmare la propria opera era una cosa inusuale, ma pare che degli uomini che videro l’opera, l’attribuirono a un loro conoscente lombardo. Uditi, Michelangelo nella notte sgattaiolò vicino alla statua e vi incise il proprio nome, rendendone innegabile la paternità. Ma perché quest’opera è tanto importante?
Partiamo subito col dire che la bellezza di quest’opera è unica. La Madonna è seduta sul monte del calvario e tiene tra le braccia suo figlio, appena depositato dalla croce. Lei ha lo sguardo basso su Gesù, un doloroso silenzio espresso dalle palpebre socchiuse. È intenta a sorreggerlo, mentre nel corpo di Gesù è possibile vedere i buchi sulle mani, sui piedi e un segno sul costato. Lei lo tiene a sé come fosse un bambino che dorme. Il corpo di Cristo sembra non avere peso, sembra leggero, non che sia fatto di marmo e che il peso complessivo dell’opera superi le due tonnellate. L’armonia dei corpi e le pieghe delle vesti rendono l’opera incredibilmente realistica. È come se la scena si stesse svolgendo davanti ai nostri occhi. Malgrado la Madonna dovesse avere circa quarantacinque anni al momento del fatto, nella rappresentazione di Michelangelo appare giovane, con il viso levigato. Questo perché serve a simboleggiare la vita eterna, il superamento della vita terrena a favore di una spirituale. Il biografo del Buonarroti scrisse infatti che “La castità, la santità e l'incorruzione preservano la giovinezza” in risposta a coloro che sostennero che Maria fosse troppo giovane nella scena rappresentata. In realtà lo scultore voleva proprio rappresentare la Vergine da giovane, quando ebbe il figlio di Dio, quindi intorno ai dodici anni.

Gesù, invece, è completamente abbandonato alla morte, con il braccio che penzola di lato e le dita rimangono impigliate nella veste di sua madre. Il gesto rappresentato serve a dare movimento e profondità alla scultura. Vita e morte si contrappongono nell’opera, creando un equilibrio perfetto. Per non parlare della minuziosità dei dettagli: il volto di Gesù, infatti, è curato nei minimi dettagli e più in generale le caratteristiche anatomiche dei due soggetti sono rese alla perfezione, come i muscoli, i tendini e perfino le venature del braccio che compare in primo piano. Nella composizione, Maria appare – nonostante il viso riporti un’età adolescenziale – molto grande nel corpo rispetto al figlio e la motivazione sta nel fatto che un corpo più piccolo non sarebbe stato in grado di sorreggerne uno morto di un adulto. Inoltre la mano sinistra è rivolta verso l’alto, il che può avere molteplici significati: da una parte può esprimere il dolore della Madonna, che non si palesa nel viso, dall’altro è un invito a vedere cosa è successo a suo figlio, mentre un altro punto di vista ancora indica l’incapacità di spiegarsi come sia potuto accadere.

Sull’altro fronte, Gesù non sembra morto, ma placidamente addormentato tra le braccia della madre. Ha un’espressione beata, di profonda accettazione, come se la sofferenza subita sulla croce non avesse scalfito in nessun modo la sua pace. Per la prima volta non viene rappresentato un Cristo forte, ma fragile e profondamente umano. Una particolarità che non salta propriamente agli occhi riguarda i suoi denti: presenta infatti cinque incisivi. Nel Rinascimento aveva una connotazione negativa, di peccatore o demonio, ma nell’opera di Michelangelo questo ha un valore sacro: morendo in croce, il Cristo ha preso su di sé i peccati del mondo.

A oggi è possibile osservare la Pietà al Vaticano, ma la scultura è protetta da un vetro. Questo perché esattamente cinquant’anni fa, nel maggio del 1972, venne brutalmente vandalizzata da Laszlo Toth, un geologo ungherese di trentaquattro anni con problemi mentali. Sferrò alla statua quindici colpi di martello, che gli valsero due anni di carcere in Italia e il successivo ricovero in una casa di cura. Scavalcate le transenne, cominciò a colpirla davanti allo sgomento della gente. I danni furono enormi: il volto della Madonna venne sfregiato, il naso mandato in frantumi, il braccio sinistro troncato e gli occhi macchiati di vernice blu presente sul martello. Mentre vandalizzava il drappeggio, l’uomo venne fermato da un addetto alla sicurezza che con forza lo tirò giù dal piedistallo mentre urlava frasi sconnesse sul suo essere Gesù risorto dalla morte. Il suo intento era quello di colpire anche il Cristo, ma venne fermato e portato via prima che i presenti potessero cominciare a linciarlo. Il primo che accorse a seguito dell’accaduto fu Paolo VI, comunemente conosciuto come il papa dell’arte e degli artisti. Ci vollero sette mesi per “sanare” le ferite dell’opera in quello che venne riconosciuto come il restauro del secolo.

E voi avete mai visto la Pietà di Michelangelo dal vivo? Noi sì e vi garantiamo che è stata un’esperienza unica.

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