martedì 16 agosto 2022

#Racconti: Una vita in un viaggio

Il viaggio che stava per affrontare non era per esseri razionali, chiunque avesse avuto la possibilità di rifletterci, avrebbe rifiutato. Salì su un autobus, molto decorato all'esterno ma vecchio e fatiscente all'interno. Sarebbe stato un viaggio lungo, ma di fronte all'idea dell'eterno sarebbe stato solo un istante, irrilevante e impercettibile.

Egli iniziò a familiarizzare con la gente che andava e veniva dal mezzo. Ognuno di essi lasciava in lui qualcosa. Quello stesso giorno buio, vide salire Lei, ciò che poteva rappresentare la redenzione. Si perse nel suo sguardo, e da quel momento vide tutto ciò che di bello aveva mai desiderato. In bilico tra ciò che è vita e ciò che è sopravvivenza, esitò. Voleva parlarle, ma Lei sembrava tanto sublime quanto distante e irraggiungibile.

Quando Lei scese dall'autobus, egli sentì un forte sconforto, esitò di nuovo ma infine si decise a seguirla. Tuttavia, era già troppo tardi, le porte si chiusero e non riuscì a fare altro che tirare forte un pugno sopra il vetro dello sportello, come se volesse abbattere un muro, come se volesse uscire da quel mezzo che sembrava sempre più una prigione.

Continuò il suo viaggio su quel veicolo, vedeva continuamente persone che salivano e scendevano. Le ore passavano, e le energie scemavano sempre più. I ricordi si assottigliavano per volare via come le foglie. Sembrava passato molto tempo da quando aveva iniziato a viaggiare, e nonostante vide luoghi bellissimi da quel finestrino, non si fermò mai per goderseli, come se ne fosse incapace, come se dovesse continuare a viaggiare per sempre. Ma per arrivare dove? Ormai non ricordava più neanche quale fosse la sua meta, non ricordava niente oltre quell'interno lurido e decadente.

Iniziò a squadrare con sguardo torvo e compassionevole chiunque salisse. Ma non aveva più nessuna voglia di conoscere tutte quelle persone. Forse, arrivato a quel punto, era meglio sforzarsi a conoscere se stesso. Sempre più tormentato sulla sua condizione si avvicinò all'autista e chiese stanco ma deciso:

- "Si fermi, questa è la mia fermata."

- "Ne è sicuro?" Replicò il conducente.

A quella domanda, con un cenno della testa rispose di sì. "Molto bene", aggiunse l'autista. Così si fermò e prese la falce che nascondeva sotto il sedile. Così luminosa, e cupa allo stesso tempo, sembrava contenesse tutti i sogni infranti di chiunque sia mai vissuto. E in effetti era così. L'autista scagliò la falce contro la gola del viandante. Il suo sangue cosparse l'arma di un nuovo bagliore, lo stesso che il viandante scorse negli occhi di quella ragazza.

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