lunedì 9 gennaio 2023

#Cinema&SerieTv: Emily in Paris terza stagione

L’abbiamo bocciata, nella sua prima stagione, e abbiamo analizzato a fondo il personaggio di Emily, ma non possiamo negare che questa serie sia il nostro guilty pleasure. Emily in Paris, giunta alla sua terza stagione, va presa un po’ come viene, con la stessa leggerezza che contraddistingue il suo personaggio principale. Non abbiamo nulla di impegnato, se non i dubbi più classici e i cliché più noti sui francesi. Ne siamo così tanto ben consapevoli da guardarla con il semplice scopo di passare qualche ora di intrattenimento incuriositi dai diversi e abili risvolti che coinvolgeranno la vita di Emily.

Ogni singolo personaggio secondario, procedendo con ordine, non viene mai approfondito e giunti alla terza stagione ci si rende conto di quanto questo possa essere una debolezza dal punto di vista narrativo. Chi circonda Emily esiste solo grazie alla sua presenza, ciò comporta una reale assenza di sotto-trame abbastanza accattivanti da poter interessare il pubblico. Questo elemento è ancor di più messo in risalto dai buchi che avvolgono gli eventi che coinvolgono tutte le compagini. I caratteri, così, sono solo funzionali all’arco narrativo della protagonista compiendo azioni finalizzate al suo parziale sviluppo. Persino gli eventi personali di Sylvie o di Gabriel sono incentrati totalmente sulle conseguenze che questi possono avere sulla vita di Emily. È una serie egoriferita, non possiamo farci nulla, ma è un prendere o lasciare. Considerato il fatto che sia ancora nella top ten mondiale della piattaforma, consideriamo questa formula ben oleata. Ma del resto, non ci possono sempre e solo vedere film o serie impegnati.

La trama di questa stagione si piega un po’ su se stessa, mostrandosi statica in alcune puntate e ripetitiva in altre. Mancando lo spessore necessario per strutturare al meglio la storia, i personaggi, schiacciati su loro stessi, finiscono col compiere ciclicamente le stesse azioni. Gabriel, bello e meno dannato del solito, diviene il belloccio di turno che cerca la propria crescita nella carriera in modo talmente tanto piatto da fornire un’ulteriore sfida alla bella Emily. Lei, come chiave di volta, riesce a trovare la soluzione a ogni problema. L’unica cosa che non riesce totalmente a sistemare è la propria situazione sentimentale.

La serie si apre con la diatriba lavorativa: tornare e Chicago o continuare a vivere nella sognante Parigi? Emily ha trovato la sua totale vocazione di vita nella capitale francese. Vive, sogna, mangia e respira l’aria estremamente romantica che la spinge a muovere i suoi tacchi lungo la Senna. Del resto lei è un genio del marketing, le soluzioni le cadono letteralmente dal cielo, perché tornare a Chicago per ricoprire una posizione subordinata e meglio riconosciuta? Non si è ancora ben compreso quale sia la sua funzione all’interno di Sovoyr, ancor meno la si comprende nella nuova azienda; la potremmo definire come la problem solving perché riesce sempre a trovare la battuta più sagace per poter risolvere la situazione. Non importa se questo la mette in competizione con i suoi colleghi, al contrario lei continua imperterrita perché tanto è geniale.

Stabilita ormai a Parigi, quindi, non le resta far altro che esistere per poter influenzare il corso degli eventi. La sua fortuna sfacciata è quasi proporzionale alla sua incapacità nel prendere le decisioni in campo sentimentale. Se da una parte, infatti, la decisione lavorativa le è stata quasi imposta, i suoi sentimenti sono ancora davanti al solito bivio. Alfie, del resto, non ha il giusto mordente per eliminare dal campo Gabriel, ma d’altronde lo chef non fa altro che sorriderle per farla sciogliere. Il francese è come il pain au chocolat morso durante la prima puntata: colui che l’ha fatta innamorare dell’aria parigina e del quale non può far a meno nonostante il plot finale. Sì, perché nonostante la superficialità delle relazioni in sotto-trama, la serie cerca di sorprendere lo spettatore lasciandolo col cliffhanger.

Emily non sceglie, insegue la frase di Sartre che viene ripetuta diverse volte durante il corso della serie: non scegliere è comunque una scelta. Così ci si muove tra in un limbo fatto da ignavi, in cui le decisioni vengono prese al posto suo e lei si lascia trascinare dal corso degli eventi. Se lei dovesse prendere effettivamente una decisione, rischierebbe di sciogliere l’alone di perfezione che avvolge i suoi grandi occhioni.

Quindi, continuiamo a guardare questa lunga pubblicità. Godiamoci questa campagna commerciale che spinge i fan della serie a percorrere le vie di Parigi o a divorare una McBaguette o a cercare i capi più somiglianti ai costosi outfit che vengono sfoggiati. Non si hanno pretese, ma forse una presa di posizione potrebbe mostrarla.

2 commenti:

  1. Hai detto proprio bene: un guilty pleasure! Una serie che si lascia guardare per la sua leggerezza e...personalmente, per i meravigliosi outfit della protagonista e non solo! Vorremmo tutti essere un po' Emily, trasferirci nella città dei sogni, avere accesso ad uno stipendio a quanto pare illimitato, essere circondate da bei ragazzi o belle ragazze e trovare sempre una soluzione PERFETTA a tutto. Una serie che si lascia guardare nelle giornate in cui non abbiamo voglia di qualcosa di impegnativo e che ci metta allegria. Poi, personalmente, amo Lily Collins da impazzire!!!😍♥️

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    1. Io amo Lily Collins da sempre. Qualsiasi sua interpretazione è sempre una piccola chicca, dalle più impegnate alle più leggere. Nei panni di Emily è perfetta perchè è decisamente iconica, sia per le sue espressioni sbarazzine, sia per il carattere solare.
      Come detto nella recensione: sarebbe un po' più divertente vedere un maggiore approfondimento dei personaggi secondari, ma so già che ciò non avverrà mai! ahahahahah

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