mercoledì 18 gennaio 2023

#Racconti: Cinque minuti

Contrariamente a quanto si possa pensare, noi non abbiamo mai avuto problemi con i mezzi pubblici di Roma. Eppure c’è una linea (no, non è la 277, che non sappiamo neanche se esiste) che è la nostra musa ispiratrice per racconti leggermente psichedelici, come “Il giro infinito di un turista” e il suo seguito, che uscirà oggi pomeriggio.
Nel racconto di oggi, una giovane ragazza deve andare al lavoro, ma sul tragitto scoprirà una verità. 

Una mattina come tante nell’ultimo periodo: il cielo è terso, il sole splende ma non abbastanza da impedire a Franca di indossare cappello, sciarpa e guanti.     
Se fosse una di quelle persone che si lamentano della vita, Franca avrebbe molto di cui lamentarsi: un lavoro che odia, la solitudine, il freddo, il dover attendere l’autobus, una città nuova che non ha ancora cominciato a comprendere… invece Franca è una di quelle persone che si fa andare bene tutto. Fin da piccola, il suo motto è: “Dimmi cosa fare e lo faccio”. Una bambina tranquilla, certamente, ma che non si è mai presa il peso di una scelta, e che da adulta non sa cosa siano le responsabilità delle proprie azioni.
Vive in una bolla di sicurezza: esce di casa alle 7:30, entra al lavoro alle 8:00 ed esce da lì alle 16:00. Alle 16:30 è di nuovo a casa, pronta per sistemarla, o per fare la spesa. Dopo qualche minuto di relax prepara la cena e va a dormire. La sua vita è programmata e scorre tranquillamente, senza dare a Franca l’idea che ci sia altro.
Oggi, però, è un giorno speciale: la sua macchina si è rotta e lei deve andare al lavoro con i mezzi pubblici di Roma. Non c’è nessun problema, secondo l’applicazione del suo telefono l’autobus che ferma sotto casa la porta direttamente in ufficio, facendo più o meno la stessa strada che percorre solitamente con la macchina.

Il display le comunica che l’autobus arriverà tra cinque minuti e si tranquillizza. Non che sia un problema arrivare in ritardo: può timbrare il cartellino quando vuole. È davvero fortunata ad avere un lavoro dove la puntualità non è poi così importante, eppure ha una strana sensazione, come se l’Universo l’avesse messa davanti a una sfida. Si dice di essere esagerata, che alla fine sta solo aspettando un autobus e che l’Universo ha altre priorità.
Aggiorna l’applicazione, ma nota che mancano sempre cinque minuti, nonostante ne siano passati tre.
Strano”, si dice “forse ci sarà traffico.”
Ma passano altri dieci minuti e del 277 neanche l’ombra. Spazientita, controlla il tragitto a piedi con Google maps e notando che sarebbero solo trenta minuti di camminata, si decide a farsela a piedi.
Almeno butto giù qualche etto”.

Comincia a pentirsi quando dopo pochi metri si ritrova davanti una scuola elementare. Ci sono diversi bambini che corrono verso l’ingresso, non per entrare, ma per giocare con i loro compagni prima dell’inizio delle lezioni.
Franca non vorrebbe fermarsi, eppure c’è qualcosa che la cattura: una bambina seduta da sola. Sembra triste, mentre stringe a sé un peluche grigio che potrebbe essere un elefante o un ippopotamo, da quella distanza è impossibile distinguerlo. Quando sta per immedesimarsi nella bambina, un’altra arriva correndo verso l’amica e cominciano a ridere e a scherzare, per poi andare a giocare insieme a un gruppo di altri coetanei.
«Vedi?» fa un signore anziano che passeggia lì accanto. «La vita può cambiare in un istante.»
Franca non sa come rispondergli, l’ha presa alla sprovvista, e poi il vecchietto cammina così spedito che in poco tempo è già a centinaia di metri da lei.

Franca continua il percorso, prestando sempre attenzione all’orario di arrivo del 277 alla prossima fermata, ma sul display rimane segnato in verde: cinque minuti.
Nella svolta a destra si ritrova davanti una chiesa. Un gruppo di persone vestito di nero è lì davanti, molto probabilmente in attesa di un funerale. Alcuni hanno in mano dei fiori, una donna piange sostenuta da un’altra donna.
Franca si guarda attorno, nella sua famiglia le hanno insegnato di farsi sempre il segno della croce davanti un carro funebre, ma di esso neanche l’ombra. Di nuovo, le si ripresenta accanto il vecchietto di prima.
«Vedi?» le indica l’entrata della chiesa con il bastone. «La vita è davvero breve.»
Anche se Franca si sentiva più preparata a rispondere, il vecchietto sembra di nuovo sparire nel nulla. Fa il segno della croce comunque, poi ricontrolla l’applicazione: alla prossima fermata mancano ancora cinque minuti.

Decide di proseguire a piedi, anche perché ora dovrebbe attraversare quel parco che vede sempre passando con la macchina e che si ripete un giorno visiterà.     
Gli alberi di ciliegio hanno messo i primi boccioli e lei è estasiata nel guardarli. Una ragazza è seduta su una panchina, ride al telefono con qualcuno.
«Oggi entro in seconda. Sì. Sì. Ma figurati. Ahahahah. Ti pensi? Se mi sentirai mai dire: “sto andando in ufficio”, ti prego, uccidimi.»
Franca sente una stretta al cuore, si ricorda improvvisamente di quando era ragazzina e di come sognasse di viaggiare per tutto il mondo, sostenendosi solamente con la propria arte: dipingendo e vendendo quadri.
Come ci è arrivata ad andare in ufficio ogni giorno? A non osservare più la natura? Come ha fatto a cadere nella trappola della stabilità? È davvero felice?
Altre domande vorrebbero uscire, ma lo stesso signore si avvicina a lei: «Vedi? Non è mai troppo tardi.»
«Aspetti!» urla Franca, prima di raggiungerlo. «Chi è davvero lei?»
Il vecchietto le sorride. «Mi incontrerai e lo capirai.»
«Posso almeno sapere il suo nome?»
Il vecchietto ride e riprende a camminare, veloce, sempre più veloce.

Franca rimane in mezzo al parco, attonita. Sa che dovrebbe proseguire per andare a timbrare il cartellino, ma si sente inerme, impotente. Ha una casa, degli amici, pensava di essere felice, appagata, eppure perché sta invidiando quella ragazza seduta sulla panchina? Perché desidera che rinunci ai suoi sogni? Quando è diventata così cattiva, tanto da augurare il male a una sconosciuta?

«Sbrigati! Corri! Sta passando il 277!» dei ragazzi le passano di frenta a fianco, uno la spinge per sbaglio ma lui sembra non accorgersene. Gli zaini sulle loro spalle sballottano da una parte all’altra. Stanno percorrendo l’altra metà di parco, dove all’uscita è presente la fermata.
Franca si ridesta, anche lei dovrebbe andare. Fa un passo, poi un altro ancora, accelera e quasi comincia a correre, quando pensa all’assurda mattinata: “Perché dovrei?
Riguarda i suoi ultimi dieci anni e sente l’intorpidimento del risveglio. È come se avesse sempre fatto da sfondo alla vita, e ora stesse scendendo dal muro della scenografia, per divenire la protagonista della sua storia.
Non si è accorta, però, che ora è sul 277 gremito di persone.
Fruga nella borsa, alla ricerca del suo cartellino. Franca Vegliazzo, 14/08/1990. Guarda la foto e ne è sicura: lei non è più Franca Vegliazzo. Franca Vegliazzo sognava di dipingere, girare per il mondo e vivere della sua arte.
Vede dal finestrino il suo ufficio ma non vuole fermarsi, sente che deve arrivare fino al capolinea.

L’autobus si ferma davanti al cancello del cimitero. Franca sa esattamente dove andare.

Ora è in piedi davanti alla lapide che non ha mai avuto il coraggio di vedere: Franca Vegliazzo. Nata il 14/08/1990. Morta il 18/01/2023. Accanto a lei il vecchietto che l’ha sempre seguita: Alfonso Rigattoni. Nato il 04/07/1936. Morto il 26/11/2022.
«Alfonso». Fa lei, con un filo di voce.
«Finalmente ti sei decisa a vedere.»
«Io…»
«Sh. Non preoccuparti. Ora possiamo andare oltre. Te l’avevo promesso.»
«Ho paura.»
«Non devi averne.»
«So cosa fanno ai sucidi.» Franca è in preda alle lacrime.
«Avrai un’altra occasione. E ci sarò anch’io.»
Alfonso prende la mano di Franca e insieme spariscono.

Poco dopo Erf, Idaa e Lucagian camminano per le vie del Verano. Erf si ferma davanti alla tomba di Franca.
Lucagian: «Cosa c’è?»
Erf: «Lei non ce l’ha fatta.»
Idaa: «Lavoriamo in suo onore.»

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