lunedì 12 giugno 2023

#Musica: Peter Pan

Non scherziamo, né esageriamo, quando diciamo che abbiamo atteso mesi, forse anni, per poter scrivere questo articolo. Sentivamo che non era mai il momento adatto, c’era sempre qualcosa che ci bloccava dal metterci seduti e lasciare che il flusso dell’inconscio mettesse mano su “Peter Pan”, canzone di Enrico Ruggeri tratta dall’omonimo album del 1991.

Prima di cominciare la nostra analisi (del tutto soggettiva, dal nostro punto di vista), vi lasciamo con un estratto di un intervista al “Corriere della Sera” dello stesso Ruggeri sul brano:

“L'ho scritta senza ben rendermi conto di chi stessi parlando, tant'è vero che nel testo non c'è nessun riferimento diretto a Peter Pan. Solo il giorno dopo, rileggendola, mi sono reso conto.
L'immagine di Peter Pan la porto con me da sempre, dai tempi del seggiolone, per intenderci. Era mia madre che mi raccontava questa storia che non mi stancavo mai di ascoltare. E con Peter Pan sognavo. Trovo la sua figura affascinante e probabilmente la presenza di un bambino accanto a me ha risvegliato ancor più quel ricordo. Ma è soprattutto un gioco della fantasia, nella quale mi rifugio ogni volta che voglio sfuggire dalla realtà.”

Dicono tutti che non c'è

ma io che l'ho visto so dov'è
forse non immagini ma non è difficile comprendere.

L’hanno lasciato in libertà
vive lontano non è qua
forse si nasconde in mezzo agli alberi.

Vola veloce su di noi
fotografare tu non puoi
chiede a una farfalla che
gli faccia compagnia.

Ti abbandoni, liberi le mani
non ti piace stare sveglio meglio di così
non saremo mai.
Ti addormenti, dimmi che lo senti
che ti sta toccando piano, piano quanto vuoi
come le carezze che non hai.

L’infanzia è una parte fondamentale della nostra vita. È proprio in quei primi anni che mettiamo le fondamenta per le persone che diventeremo un giorno. Durante l’infanzia impariamo a interagire con gli altri, ad amare, a rapportarci con noi stessi e i nostri limiti.

Ognuno di noi è cresciuto con un classico che lo ha accompagnato nel corso della propria infanzia (nel caso di chi sta scrivendo troviamo sicuramente Aladino de “Le mille e una notte” tra tutti) e quando un artista incontra il proprio inconscio, è normale portare in superficie immagini legate alle sue storie preferite da bambino.
John Lennon, per esempio, ha sempre trasportato nelle sue canzoni mondi immaginari alla Lewis Carroll (“Alice nel paese delle meraviglie”) e per Enrico Ruggeri tocca a James Barrie (“Peter Pan”).

Anche la copertina dell’album rappresenta Peter Pan in tutto e per tutto: dal tono verde con l’immagine di Saturno sullo sfondo.     
In ambito astrologico il pianeta Saturno rappresenta la “prova dell’eroe”, quel momento della vita dove siamo più vicini all’età adulta che a quella infantile e sentiamo il desiderio di staccarci da una routine fatta di giochi e fantasia per ricercare il “vero”.


Non ci basta più immaginare mondi fantastici, vogliamo vivere di fantasie, vogliamo provare emozioni, sentirci vivi e guardiamo con snobismo chi rimane ancora rintanato nelle fantasticherie.

Ma è giusto così?

Dicono che non tornerà
ma come lo chiamo ci sarà
mi aiutava sempre a fare i compiti.

Vola veloce su di noi
cosa mi dice tu non sai
vola raccontando quando non lo sentirai.

Ti confonde, dopo ti riprende
quando vuole ti cattura sei sicura che
non lo vuoi con te?

Ti accompagna, mare che ti bagna
come fosse un temporale sale dove vuoi
se ci credi forse lo vedrai.

No, certo che non è giusto. Ora sappiamo quanto sia fondamentale non abbandonare mai il bambino interiore, ma portarlo sempre con noi anche quando cresciamo. La semplicità con cui affronta la vita il puer aeternus ci può aiutare in tutte le imprese della vita, i “compiti”, gli obblighi che non intraprendiamo con entusiasmo.

Fermarci nel mezzo di una passeggiata per osservare il lavoro delle formiche, urlare di gioia quando vediamo cadere la neve o la pioggia, cercare di riprodurre la bellezza di un fiore che vediamo dalla finestra… tutto questo ci aiuta a vivere nel presente, ad apprezzare nel modo giusto la nostra vita e a procedere con più fiducia in questa esperienza terrena.

Per quanto cerchiamo di rimanere rigidi adulti grigi, il bambino interiore urla, scalpita, vuole essere ascoltato. Ignorarlo vuol dire non curare mai quelle ferite ormai infette, scaturite proprio dal non sentirsi ascoltati dal mondo degli adulti quando eravamo bambini.

Chi sei? Dimmi cosa vuoi?
Cosa devi raccontare? Ci sei? Dimmi come sei?
Moriremo crescendo.
Chi sei? Dimmi come fai a girare tutto il mondo?
Ci sei? Dove volerai solamente con la fantasia?

Tra tutte queste domande che vogliono sapere, vogliono vedere, vogliono comprendere, ci sta un’affermazione che forse rimane nascosta: “moriremo crescendo”. Sì, perché morire non riguarda solo il corpo fisico, anzi, forse quella è la morte meno spaventosa.

La morte vera e propria riguarda il nostro animo, il nostro non riuscire più a percepire alcuna emozione.
Per quale motivo viviamo se continuiamo a mettere di fronte a noi la logica e la razionalità? Se pretendiamo di credere solo in quello che vediamo, perdendoci tutto il resto?

Crediamo che i bambini siano i più grandi insegnanti su questo pianeta proprio perché ci ricordano costantemente il vero motivo per cui siamo qui e per il quale dovremmo vivere.

I bambini hanno quella marcia in più nel comprendere che gli ostacoli non sono muri messi per fermarci e non farci procedere, bensì sono avvertimenti per rallentare, prendere fiato e volare oltre!

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