mercoledì 13 settembre 2023

#Mitologia: Metamorfosi

Crediti: Daniel Bates Hurtado
In uno dei tanti libri che abbiamo letto nel corso della vita, abbiamo trovato questa frase: “Il senso della vita è gelosamente custodito nella vita stessa” e anche se non ricordiamo più di quale libro si tratti, o chi sia il suo autore, la potenza di queste parole alberga ancora dentro di noi.
Ne siamo diventati così tanto consapevoli che passiamo interi minuti a osservare anche il più piccolo dettaglio della natura per cercare di captare il senso più profondo. Questo ci aiuta di molto nelle situazioni della vita stessa, soprattutto quelle più difficili e complicate, perché sappiamo che c’è un senso più profondo, anche se ancora nascosto.


Chi sta scrivendo questo articolo nel corso di una delle sue passeggiate per la campagna, si ritrovò di fronte a una grande verità: stava costeggiando uno stagno, poteva sentire il gracidare delle rane e intravedere delle libellule volare. Improvvisamente comprese che l’acqua sporca, stagnante, appunto di uno stagno è pur sempre acqua. Cos’è, quindi che la differenzia da quella pura e limpida di un ruscello? Il movimento.

E non è forse questo la base della nostra esistenza? Pensiamo proprio all’opera di DickensA Christmas Carol”: Scrooge è avaro ed egoista, sia nel materiale che nel suo animo, ma non nasce così. Si è imprigionato in una spirale di pensieri negativi sempre uguali, di rifiuto verso l’esterno: sono gli altri che sbagliano, sono gli altri a essere maleducati e cattivi, sono gli altri che pensano più a divertirsi invece che alle cose serie. Lui, secondo la sua convinzione, è sempre nel giusto.

Ed eccoci: una società piena di Scrooge che preferisce bloccare l’energia della trasformazione per paura di arrivare a stretto contatto con la propria anima. Un po’ come al mattino copriamo gli occhi se qualcuno ci alza la serranda senza preavviso. Per abituarci alla luce radiosa della nostra anima, dobbiamo fare in modo che il nostro interno cambi, piano piano, a seconda dei nostri tempi. E per farlo dobbiamo abbandonare sempre di più ogni nostra convinzione in modo tale che la nostra vita possa tramutarsi proprio assieme al nostro animo.
 
Metamorfosi in Pinocchio

Pinocchio è molto probabilmente la storia più rappresentativa dell’evoluzione della coscienza. Attenzione, perché ci sarebbe così tanto da dire che non basterebbe un solo articolo, quindi qui procederemo con il piede sull’acceleratore.

Pinocchio è un burattino parlante che inizialmente rifiuta gli insegnamenti del Babbo Geppetto, vedendoli come una costrizione da parte della società di volerlo in un modo. Nella sua sete di ribellione – perché è sacrosanta, non esiste saggezza senza errori – incontra prima Mangiafuoco, poi il Gatto e la Volpe, poi ancora Lucignolo e, trascinato dalla voglia di vivere una vita di solo divertimento all’”hakuna matata”, diventa presto come loro, fino ad arrivare alla morte e alla trasformazione in un asino. Sarà proprio l’aiuto della sua coscienza, che non smette un attimo di parlargli a farlo voltare verso la Fata Turchina (l’anima), per chiederle aiuto. Comincerà il suo viaggio per salvare Geppetto, si sacrificherà per aiutarlo a riacquistare forze e così facendo avviene un’altra metamorfosi, questa volta positiva, che lo porterà a essere un bambino vero.


Non dobbiamo vedere la storia come un: “Ecco, vedi? Non seguire le pulsioni più basse, o diventerai come Pinocchio.” Ma anzi, un: “Ecco, vedi? Nonostante i ripetuti errori, nonostante la gravità delle proprie azioni, persino per Pinocchio c’è la redenzione”.
Non è mai troppo tardi per cambiare rotta e riunire i pezzi che abbiamo perduto, per abbandonare le cattivi abitudini. E, ancora, attenzione: una cattiva abitudine non è solo legata a un vizio o a un peccato, ma anche al rimanere fermi e immobili in una routine che altro non è che la nostra catena di ferro.

È tempo di iniziare qualcosa di nuovo, di trovare nuovi stimoli perché è proprio varcando la soglia che impariamo un nuovo modo di essere liberi.

Elemento di metamorfosi: il fuoco

Crediti Jonathan Deitch
Se nell’introduzione abbiamo accennato all’elemento dell’acqua, ora dobbiamo dire che è il fuoco il vero simbolo della metamorfosi. Non è un caso, infatti, che il primo personaggio che incontra Pinocchio sia proprio Mangiafuoco. Lo vediamo cattivo, anche se alla fine lo salva dal fuoco, ma è con lui che il burattino inizia la sua discesa verso il punto più basso che, come abbiamo già visto, sarà grazie a quel basso che lui raggiungerà la vetta. Se Pinocchio non l’avesse incontrato, avrebbe avuto mai la sua redenzione? Chissà… secondo noi, no.


Il fuoco, comunque, è simbolo archetipale della trasformazione e dell’evoluzione spirituale. Gli esseri umani hanno fin da subito aspirato a controllarlo e quando ci sono riusciti si è aperta una vera e propria nuova era, non solo perché ha dato origine alla cottura dei cibi e a un senso di protezione nelle ore notturne, ma (forse soprattutto) da un lato sociale: riunendosi intorno al fuoco, i primi esseri umani hanno cominciato a instaurare i loro legami sociali, dando origine al senso di comunità come lo conosciamo ora.

Ovviamente nel corso dei secoli e dei millenni, il tutto si è traslato anche nel colore rosso, oggi simbolo di potere, entusiasmo, indipendenza, forza e vitalità. In Cappuccetto rosso, infatti, si vede molto bene il significato del colore scelto: la bambina passa dall’età dell’innocenza a quella adulta. Il rosso è sicuramente in riferimento anche al sangue mestruale, come possiamo vedere anche nel film d’animazione DisneyRed”. Cappuccetto si incammina nella vita con il classico senso di ribellione e va a fidarsi del lupo, che la divora. Ma anche qui: il lupo non sarebbe mai morto se non avesse prima mangiato la bambina e sua nonna.

Ancora, ricordiamo che per evolverci è necessario sbagliare da sé, anche se questo porta al dolore. Quando vogliamo evitarlo a tutti i costi alle persone che amiamo, anche se stiamo agendo a fin di bene, sicuramente non ne stiamo facendo il loro, ma il nostro. Questo non vuol dire, ovviamente, ignorare un aiuto, ma aiutare solo quando ci viene espressamente richiesto. Ovvio che stiamo parlando in casi normali, non delicati come un caro che subisce violenza fisica o psicologica. In quel caso vi consigliamo di consultare degli esperti nel settore.

Il fuoco nella mitologia nordica

Crediti Jake Ferguson
Secondo la mitologia nordica prima della nascita del mondo era presente solo il Vuoto (Ginnungagap) fino al nascere improvviso di due grandi regioni: quella del ghiaccio Nifflheimr e quella del fuoco Mùspellsheimr. La prima è governata dalla dea Hel – gigantessa figlia di Loki – , la seconda da Surtr, uno dei figli del gigante Mùspell. Grazie al loro continuo interagire, nascono il Gigante Ymir e la Mucca Audhumla, dai quali venne poi creata l’umanità.


La creazione, quindi, è uno scambio tra fuoco e acqua, ma sarà proprio il primo a mettere fine a questa era per dare origine a un’altra: quella dell’oro. Al momento del Ragnarök – la battaglia finale – Surtr ucciderà il dio della fecondità Freyr e da quel momento le forze dell’ordine e del caos si annienteranno a vicenda. Quando non sarà rimasto nessuno, Surtr incendierà l’intero pianeta con la sua spada fiammante, ponendo fine all’umanità. Dal grande incendio si salveranno solo Lìf e LìfÞrasir che daranno origine a una nuova, e molto più consapevole, discendenza.

Il fuoco nelle altre culture

Crediti: Beau Bellman
Oggi sappiamo perché il fuoco purifica, ma in epoca antica era davvero difficile dare una spiegazione. Si utilizzavano fonti di calore per guarire i malati, sterilizzare gli oggetti medici e si dava per scontato che anche lo spirito potesse beneficiari dei suoi effetti.


La grandezza del nome di Roma, difatti, è estremamente legata alla figura delle vestali: sacerdotesse della dea Vesta che avevano l’incarico di mantenere sempre acceso il fuoco del tempio. Per mantenerlo puro, facevano voto di castità e non è un caso se Romolo e Remo – secondo la leggenda – sono proprio figli di Rea Silvia, una vestale fecondata dal dio Marte.
Ancora oggi, ogni 21 aprile, Roma accende il fuoco per mantenere vivo il suo essere eterno.


Va da sé che il fuoco diviene simbolo di vita e il suo spegnimento equivale alla morte certa. Ecco perché in alcune culture è praticamente fondamentale cremare i defunti: è solo grazie a questo processo se la loro anima potrà reincarnarsi o risorgere.
E forse è proprio per questo che è stato scelto come colore dell’amore: una sorta di augurio per un sentimento che vogliamo sia eterno.

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