lunedì 25 settembre 2023

#Personaggi: La vera storia di Jeanne du Barry

Ritratto di Élisabeth Vigée Le Brun
Amando la storia, le biografie e qualsiasi attinenza con l’aristocrazia non ci siamo voluti perdere il film di produzione francese, belga e inglese: “Jean du Barry – La favorita del Re”, approfittando così dell’iniziativa prezzo ridotto per i film italiani ed europei.


Anche se la pellicola ha una sua attinenza con gli usi e costumi dell’epoca, ci ha lasciati con un (bel) po’ di amaro in bocca perché a nostro avviso non è stata data la giusta importanza a Jeanne du Barry.

Tenteremo così di spiegare perché il suo ruolo fu del tutto fondamentale alla corte di Luigi XV.  
 
All’inizio del film apprendiamo che Jeanne era figlia di uno scandolo a tutti gli effetti: la madre era una cuoca, mentre il padre un noto religioso. Questo è molto probabilmente vero – non ci sono fonti certe sulla paternità – ma non spiega la grazia e l’eleganza innate nel suo portamento.

Suo nonno ebbe anch’esso una vita turbolenta: si chiamava Fabien Bécu ed era conosciuto per tutta Parigi in merito alla sua bellezza senza tempo. Seppur di origini umili – era figlio di un mastro rosticciere – erano in molte a corteggiarlo, ma lui iniziò una relazione con Séverine Bonnet de Cantigny, vedova contessa di Montdidier, che sposò tra l’invidia delle malelingue dell’epoca. L’idillio durò poco, perché lei morì praticamente subito.

Entrato al castello di Vaucouleurs, in Lorena, al servizio di Madame Isabelle de Ludres, una delle amanti di Luigi XIV, conobbe e si innamorò di una delle sue cameriere: Jeanne Husson che sposò nel 1693. Insieme ebbero sette figli; l’ultima, Anne Becù, sarà poi la madre della nostra Jeanne.

Ritratto di Francois Hubert Drouais
Capiamo presto che la bambina era comunque destinata a vivere in ambienti altolocati e che grazie alla vita del nonno il suo inconscio sapeva esattamente come comportarsi.


Anne riprese la sua bellezza dal padre e di certo non passava inosservata. Ma perché pare che la paternità della primogenita sia del religioso? Di certo c’è ben poco, ma procediamo.
Anne lavorava come sarta al convento francescano Lep Picpus, dove conobbe il monaco terziario Jean-Jacques-Baptiste Gomard de Vaubernier. Fino a qui nulla di che, sicuramente non fu la sola conoscenza di Anne, ma la stessa Jeanne era solita firmarsi sempre con il cognome de Vaubernier, e scelse proprio il presunto padre come sacerdote matrimoniale. Insomma, se fosse il padre biologico o no, sicuramente era una figura molto importante per la famiglia composta solo da madre e figlia.


Comunque, la nostra Marie-Jeanne Becù nacque a Vaucouleurs il 19 agosto 1743 e se una gravidanza del genere all’epoca destava scandalo ma era confinata nel “può capitare” comune dei tempi, la seconda (sempre da padre ignoto) che portò alla nascita di Pierre Claude Bécu il 14 febbraio 1747, mise la reputazione di Anne in gravissime condizioni.
Venne in suo soccorso il banchiere e ricco finanziere Claude Roch Billiard du Monceaux. L’uomo, impressionato dalla bellezza di Anne, portò lei e la bambina (Pierre Claude purtroppo morì poco dopo la nascita) con sé a Parigi, dove diede lavoro alla donna come cuoca.

Attenzione: da adesso useremo i verbi al presente per entrare meglio nella vicenda.

Ritratto di Élisabeth Vigée Le Brun
Se fino a qui il film è fedele alla realtà, pur lasciando immense lacune sul passato della madre, ecco che si prendono due strade diverse. Claude di certo si prende carico dell’istruzione della bambina mandandola al rigido collegio presso il convento rue Neuve-Sainte-Geneviève, dove per nove anni la ragazza studia materie non scontate per una donna dai suoi natali quali: scrittura, lettura, ortografia, matematica, geografia e storia. Non mancano neanche le arti: musica, disegno, danza e tantomeno viene trascurata la religione.
Jeanne eccelle in tutte nell
’ortografia, dove ottiene comunque buoni risultati. Anche se non si trova bene nelle regole rigide del convento, ama lo studio ed è per questo che possiamo senza dubbio definirla una donna colta, intelligente e sveglia, particolare considerevole per la metà del Settecento che si è inspiegabilmente perso nella trama del film. Sì, la vediamo alle prese con la lettura, ma ci viene detto che ne era così affascinata solo per gli argomenti peccaminosi inseriti nei romanzi. Insomma… una delle armi più potenti nel suo arsenario è proprio la cultura, che la renderà del tutto indipendente dagli uomini.

Altro particolare non da poco: la madre viene sempre fatta vedere da sola, in realtà si sposa nel 1749 con il domestico Nicolas Rançon che, grazie all’aiuto del suo vecchio datore di lavoro, prende prima posto come bottegaio in Corsica, e poi diventa addetto alle Accise e collettore delle Gabelle a Fresnays. Anne si sistema e ha una vita dignitosa, ora è il momento di pensare alla figlia.

Uscita dal collegio passa a lavorare al salone di parrucchieri Lametz. Il proprietario è attratto da lei e instaurano una relazione non proprio sana: in soli cinque mesi lui diviene totalmente dipendente da Jeanne, la quale, però, è sempre stata attratta solo dal patrimonio e, quando a un passo dall’altare lui rimane praticamente senza un centesimo, lei capisce che è inutile continuare.

Trova così lavoro a La Courneuve, a servizio di Élisabeth de Delay de Lagarde vedova di quello che adesso definiremmo un finanziere. È in questo periodo che entra in contatto con l’alta società e può così sfoderare ogni arma a sua disposizione: dai geni di bellezza ed eleganza trasmessi dal nonno, alla sua cultura.

Nel 1761 circa ottiene un altro lavoro: commessa in una boutique in zona rue Neuve-des-Petits-Champs il cui proprietario, Claude Edmé Labille (padre della nota ritrattista Adélaïde Labille-Guiard), la introduce ai più che celebri salotti francesi del Settecento dove conosce Jean-Baptiste, conte du Barry-Cérès, di vent’anni più grande di lei. Jeanne e il conte diventano ben presto amanti (non sappiamo perché nel film viene descritta come una prostituta d’alto bordo, o forse sì ma sarà spiegato più avanti) e lui, orgoglioso di averla accanto per le doti già descritte, la presenta al maresciallo di Richelieu che fin da subito pensa di presentarla al re Luigi XV.

Ciò che non è presente nella pellicola è il motivo di tale incontro. Ai tempi essere amante del re era un privilegio non solo per la donna, ma anche per i suoi famigliari più stretti e per chi l’aveva presentata al sovrano. Spesso, infatti, le amanti erano sposate con nomi celebri a corte e questo poteva significare grossi favoritismi per la loro carriera. Va da sé che gli intrighi passano anche tra le lenzuola reali fino a creare vere e proprie fazioni.

Ritratto di Élisabeth Vigée Le Brun
L’ultima favorita del re è la marchesa de Pompadour che con il suo potere ha dato modo di facilitare la carriera del ministro Choiseul, acerrimo rivale di Richelieu. Alla morte della marchesa troviamo così le due parti pronte a dichiararsi guerra: da una parte il primo – sostenuto dalle figlie del re – vuole mantenere saldo il suo ruolo, dall’altra il secondo vuole passargli davanti. Choiseul sfodera la duchessa de Grammont, sua sorella, ma senza troppo successo: il re rimane affascinato da Jeanne dal primo sguardo e, con la stessa rapidità, se ne innamora dopo qualche incontro notturno.


Ora andiamo ad analizzare il perché di questo rapido innamoramento, visto che il film non lo fa.

Jeanne ha un carattere solare, un temperamento divertente che la fa ben volere all’istante, tanto che diventa una madre anche per il figlio del suo primo amante.
Il re, invece, viene da un periodo non proprio facile, segnato da continue morti: perde sua figlia Luisa nel 1759, poi il primo nipote, Luigi, nel 1761. Nel 1763 tocca alla nipote Isabella, nel 1764 la già citata Madame de Pompadour, nel 1765 il genero Filippo I di Parma, seguito qualche mese dopo dal figlio ed erede Luigi. Le morti non si fermano qui: nel 1767 muore la nuora Maria Giuseppina di Sassonia e nel 1768 è la volta della moglie Maria Leszczyńska. Diciamo che sente il bisogno di un po’ di leggerezza.
Jeanne ha tutto dalla sua parte e veramente pochi difetti. Quando il secondo matrimonio con l’arciduchessa venticinquenne Maria Elisabetta d’Asburgo-Lorena (sorella maggiore di Maria Antonietta) salta perché lei ha contratto il vaiolo, il re decide che è nel suo destino rimanere libero e Jeanne può iniziare così la sua vita simile a quella di regina.

Per poter essere presentata ufficialmente a corte, però, è necessario che la donna sia sposata. Nel film la vediamo convolare a nozze con il suo storico amante, ma è un falso storico. Jean-Baptiste, infatti, aveva già preso come moglie Ursule Dalmas de Vermogrèse, perciò Jeanne va in sposa al fratello di lui: il conte Guillaume Dubarry. Il matrimonio, ovviamente è fittizio. Il conte è ben ripagato e sa perfettamente che è servito solo per dare un titolo alla donna.

Il 22 aprile 1769 la contessa du Barry è ufficialmente presentata a corte, e dopo pochi mesi il re le regala il castello di Louveciennes, con non molta buona pace delle figlie del re che fin da subito si sono dimostrate ostile a Jeanne, rea di avere umili origini.

Ritratto di Madame du Barry
La corte di Jeanne è molta eleganza e poca politica. Influenza di certo le decisioni del re, ma lei è più votata al popolo che alle macchinazioni del governo.

Queste restano per la parte più ancorata ai vecchi principi, così quando Choiseaul riesce nel matrimonio tra il Delfino e Maria Antonietta, la giovane sposa prende le parti del politico. Tra voci di corridoio e l’astio delle figlie del re, il ruolo di Madame du Barry è in serio pericolo con l’arrivo a corte della futura regina: il protocollo, infatti, vieta ai ranghi inferiori di parlare per primi con quelli superiori.
La diatriba va avanti a lungo, nonostante il risentimento dello stesso re ma se nel film Luigi XV prende il comando della situazione, nella realtà è l’imperatrice Maria Teresa d’Austria (madre di Maria Antonietta) a farle la classica lavata di capo. Così, tra i continui consigli materni e quelli del suo entourage, Maria Antonietta è costretta a cedere e il primo dell’anno rivolge le seguenti parole a Madame du Barry: «Ci sono molte persone oggi a Versailles.»   

A due anni dalla presentazione ufficiale e nonostante la parola rivoltale dalla Delfina, però, il clan Choiseul non demorde e continua la serie infinita di macchinazioni contrarie alla favorita del re. Jeanne, costretta a difendersi scopre uno dei tanti complotti del ministro e suo malgrado lo denuncia al re, così Luigi XV può sollevarlo dall’incarico sostituendolo con il duca d’Aiguillon.
Questo è un atto di estrema importanza – non presente nel film – perché rende la du Barry una regina a tutti gli effetti, senza bisogno del matrimonio reale. A sancire maggiormente il fatto, è proprio lei a organizzare il matrimonio tra il Luigi conte di Provenza (fratello del Delfino) e Maria Giuseppina di Savoia.

Se il film non ha fatto passare la sua importanza come regina, meno che mai ha mostrato il suo mecenatismo, come se in qualità di donna fosse brava solamente nell’intrattenere il re a letto.

Abbiamo già detto che nei nove anni in collegio ha appreso tanto di arte e cultura, ma è grazie a lei se la Francia ha avuto nomi come lo sculture Louis Boizot o l’architetto Claude Nicolas Leodoux, al quale commissiona la costruzione del padiglione di musica al castello.
Tra i pittori ai quali si rivolgeva spesso troviamo: Joseph-Marie Vien, François Hubert Drouais, Jean-Baptiste Greuze, Jean-Honoré Fragonard ed Élisabeth Vigée Le Brun, che diventerà sua cara amica.
Il neoclassicismo prende il sopravvento alla corte proprio grazie a Madame du Barry, con pezzi unici degli ebanisti Louis Delanois e Martin Carlin, assieme al bronziere Pierre Gouthière, che assieme hanno arredato il castello con molte delle loro migliori opere.

I grandi esperti sanno che lo stile Luigi XVI ha origine proprio dal gusto della Madame, ma di tutto ciò, nel film non c’è o forse è presente agli occhi solo dei più esperti.

Così come non ci si è soffermato più di troppo sulla moda, da lei lanciata, degli abiti a righe, o sull’iniziare a vestirsi da uomo; il tutto non solo darà nuovo brio tra le cortigiane, ma come sappiamo sarà d’ispirazione per uno storico anime: “La rosa di Versailles”, da noi conosciuto semplicemente come il nome della protagonista: Lady Oscar.

Continuano i nomi noti presenti alla sua corte: da Voltaire a Rousseau con i quali la Madame ama parlare di filosofia e della nuova corrente di pensiero che può mettere fine a un vecchio regime. Lei non supporta di certo la caduta dell
’aristocrazia, ma allo stesso tempo si sente in grado di adeguarsi al nuovo mondo che verrà, se questo deve essere il destino della Francia. Da loro, quindi, apprende quelle che potrebbero essere le nuove regole morali e instaurano così una vera e propria amicizia. Ma tutto ciò, ancora, non è presente nel film. 

Sono solo cinque gli anni che passerà come simil regina, fino al 10 maggio 1774, quando il re Luigi XV muore a seguito del vaiolo.
Viene bandita da Palazzo dal nuovo re, Luigi XVI – molto probabilmente su pressione di Maria Antonietta – per essere mandata in esilio al convento di Pont-aux-Dames, a Meaux.

Ed è adesso che ci arrabbiamo con il film. Nella sua trama, infatti, la du Barry, prima di conoscere il re, viene mostrata come una prostituta, una donna che frequenta bordelli altolocati. Niente di più falso! O almeno, non c
’è alcuna prova a supporto di tutto ciò.
Nel momento in cui lei è lontana da tutto e tutti, Choiseul and co tornano alla carica. Trovano alcune delle sue lettere a Palazzo, e da alcuni pezzi di queste, ne iniziano altre inventate di sana pianta, creando una storia secondo la quale la contessa proveniva da un passato molto più incerto e umile di quanto si pensasse.

L’esilio dura un anno e nel film ci viene detto che fu liberata a patto che non si presentasse più a corte, in realtà non andò proprio così.

Nel 1776 torna al castello di Louveciennes dove continua a intrattenere i suoi rapporti con artisti, aristocratici e intellettuali dell’epoca. Inizia una relazione con il conte e poi duca Louis Hercule Timoléon de Cossé-Brissac e intrattiene ottimi rapporti persino con il fratello della regina: l’imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II.


Nel pieno della rivoluzione francese, madame du Barry è frequentatrice della corte di Francia, tanto da far parte dei contro-rivoluzionari e piangere la morte di Luigi XVI. Il rapporto con Maria Antonietta rimane freddo, anche se la regina ne apprezza il suo valore quando la vede prodigarsi in nome dell’aristocrazia. Non manca, infatti, di aprire le porte del suo castello e accogliere nobili feriti o in fuga.

Se il suo presente non è ben visto dai rivoluzionari, il suo passato popolano la rende ancora di più sospetta dai contro-rivoluzionari e tra una spiata e l’altra, viene imprigionata a Saint-Pélagie il 22 settembre 1793, per essere poi condannata alla ghigliottina l’8 dicembre dello stesso anno.

Non sappiamo perché nel film si sia scelto di descrivere la sua vita sulla base di chiacchiere e non su fonti certe, né perché sia stato omesso così tanto di valore. Quello che sappiamo è che non è di certo la prima volta che un film non rispecchia la storicità degli eventi, ecco perché è bene non fermarsi alla pellicola ma anzi, informarsi in modo più approfondito una volta usciti dalla sala.

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